Contro il Napoli, il Sassuolo ha perso per 1-6 al Mapei Stadium (foto LaPresse)  

Serie A

Il Sassuolo a furia di trascurare l'importanza della difesa si è ritrovato in crisi

Marco Gaetani

La società emiliana ha chiamato un allenatore esperto in salvezze per cercare di scuotere una squadra che subisce tanti gol e che nelle ultime 13 partite di campionato ne ha vinta una soltanto

La paura è arrivata solo apparentemente all’improvviso, con la luce che si è spenta in un corridoio che fino a quel momento pareva illuminato a giorno, l’isola felice che si riscopre terrorizzata. I sei schiaffi subiti dal Napoli con in panchina un tecnico ad interim dopo l’esonero di Alessio Dionisi hanno sbattuto la realtà in faccia al Sassuolo, dopo che per mesi sono stati ignorati i segnali di pericolo, quella lampadina che si accendeva sempre più a fatica. Le vittorie di inizio anno con Juventus e Inter avevano rappresentato l’illusione che fosse l’ennesima stagione identica alle altre, alti e bassi sì, ma in uno scenario da serena metà classifica. Delle ultime 13 partite di campionato, il Sassuolo ne ha vinta una soltanto: un 1-0 striminzito contro la Fiorentina, il gol di Pinamonti difeso stoicamente dai miracoli di Consigli in una gara che, a rigiocarla 100 volte, finirebbe con la vittoria viola in 99 occasioni.

Si fa persino fatica a capire perché il treno abbia perso contatto con i binari, dopo un mercato improntato attorno ai soliti tormentoni, un copione ripetuto da anni senza il minimo intoppo: Berardi che piace a mezza Serie A ma che alla fine rimane, una cessione di grido (Frattesi), altri movimenti in uscita secondari ma profittevoli (Maxime Lopez, Rogerio), alcuni profili pronti a prendersi il proscenio della massima categoria senza sentire il contraccolpo (Boloca). Ma a forza di trascurare l’importanza dell’aspetto difensivo, con il Sassuolo che al momento è la seconda peggior retroguardia del campionato alle spalle del Frosinone, si è arrivati alla stagione della resa dei conti, quella in cui qualcosa non funziona dall’altra parte. Berardi e Pinamonti hanno messo insieme numeri rispettabili (18 gol in due), ma la manovra offensiva dell’ormai ex squadra di Dionisi è parsa via via più arida con il passare delle giornate, con un Laurienté lontanissimo parente di quello che aveva incantato nella sua prima stagione italiana.

Soltanto una volta, negli ultimi anni, il Sassuolo aveva toccato con mano la paura e aveva deciso di fare una scelta in controtendenza con il dna del bel gioco, che rimane la strada prediletta da una società che punta così tanto sulla valorizzazione dei suoi giocatori offensivi: stagione 2017/18, 11 punti in 14 partite raccolti da Bucchi, una misera lunghezza di margine sul duo Genoa-Spal. Era arrivato così Beppe Iachini, artigiano di salvezze costruite a fatica, e aveva portato la nave al sicuro raccogliendo 32 punti nelle restanti 24 giornate con un Politano in versione deluxe. Adesso, spalle al muro, la dirigenza ha optato per l’inversione a U: non può essere descritta altrimenti la chiamata di Davide Ballardini, uno dei profeti delle chiamate in corsa, alla sedicesima stagione in Serie A senza averne mai disputata una per intero, tra esoneri e interventi disperati.

   

Davide Ballardini (foto LaPresse)
     

Immaginare che Sassuolo vedremo da qui alla fine della stagione è esercizio complesso. A differenza di altre piazze, non si sente l’urgenza del pericolo. Era stato il succo di una dichiarazione di Pinamonti, abituato a navigare in acque agitate, dopo il successo con la Fiorentina: “L’anno al Genoa è stata quasi una fortuna giocare con gli stadi chiusi: la pressione si sentiva, molti tifosi venivano sotto il nostro hotel ed erano tanti e cattivi. Qui è tutta un’altra storia, che può avere dei pro e dei contro”.

Ballardini dirigerà oggi il primo allenamento e sono in molti a immaginare un Sassuolo più coperto, più orientato a non prenderle, magari con una difesa a 3. Gli uomini per farla non mancano, anche se molto dipenderà dalle condizioni di Kumbulla, arrivato a gennaio per puntellare una retroguardia disastrata ma reduce da mesi di inattività. Il nuovo tecnico avrà il compito di trasmettere l’urgenza, dovrà valutare se insistere o meno sulle tre punte o se portare Berardi al fianco di Pinamonti, più vicino alla porta, in un attacco a due, e capire se da Bajrami e Laurienté si può tirare fuori qualcosa di buono o se è il caso di puntare su altri profili. Il tempo per fare punti stringe, perché delle prossime cinque partite, quattro saranno scontri diretti: Verona, Frosinone, Udinese e Salernitana, con in mezzo la trasferta in casa di una Roma che al momento sembra fuori dalla portata dei neroverdi. Numeri alla mano, per salvarsi non c’è bisogno di un’impresa: a quota 20 punti ci sono anche Cagliari e Verona e al momento una delle tre sarebbe già in salvo, il Frosinone è in caduta libera, Udinese e Lecce non sono il ritratto della salute. Ma il problema è altrove, è nella testa, in una paura esplosa all’improvviso che deve essere scacciata via. La lotta per la salvezza è un campionato a parte. Un campionato che il Sassuolo, negli ultimi anni, non ha mai disputato.

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