ciclismo

Francesco Moser e quel Record dell'Ora che non doveva esserci

Giovanni Battistuzzi

Il 19 gennaio del 1984, quarant'anni fa, il corridore trentino migliorò ciò che sembrava non migliorabile: i 49,432 chilometri percorsi da Eddy Merckx in un’ora nel 1972. Quel giorno però doveva essere solo la prova generale di quello che avrebbe fatto quattro giorni dopo

Quella data non doveva entrare nella storia del ciclismo. Quel 19 gennaio 1984 doveva essere un giorno come tanti, per Francesco Moser solamente quello delle prove generali per quello che sarebbe andato in scena quattro giorni dopo, il 23 gennaio 1984. Quello sì doveva essere il grande giorno, quello del tentativo di battere ciò che oltre dieci anni sembrava impossibile battere: i 49,432 chilometri percorsi da Eddy Merckx in un’ora al Velodromo olimpico di Città del Messico il 25 ottobre 1972. 

Quel 19 gennaio di quarant’anni fa Francesco Moser si mise in bicicletta, si riscaldò e poi inizio la simulazione programmata, una prova sui venti chilometri, che serviva per due cose: a verificare il corretto funzionamento delle rilevazioni cronometriche e a testare lo stato di forma del corridore trentino. Quel 19 gennaio di quarant’anni fa Francesco Moser, al termine dei venti chilometri era in vantaggio di oltre un chilometro sui programmi e così decise di non fermarsi, di andare avanti a pedalare. Finì che pedalò per un’ora, a tutta. Finì che pedalò per 50,808 chilometri, che era più di quanto aveva fatto Eddy Merckx, più di quello che aveva fatto chiunque in oltre novant’anni di storia. 

Quel 19 gennaio del 1984 doveva essere un giorno qualsiasi, si trasformò nel giorno nel quale Francesco Moser stabilì il Record dell’Ora

     

    

C’erano pochissime persone quel giorno al Velodromo olimpico di Città del Messico. Non c’erano soprattutto gli amici e tifosi che aveva preso un aereo, e c’erano mica le low cost allora, pur di non perdersi l’appuntamento con la storia dello Sceriffo. Correre a tutta per un’ora in un velodromo è qualcosa di massacrante. Fausto Coppi ed Eddy Merckx si rifiutarono di riprovarci dopo aver provato l’esperienza. Ferdinand Bracke, dopo che il suo Record dell’Ora fu battuto dal danese Ole Ritter nemmeno un anno dopo, disse che piuttosto di riprovarci si sarebbe fatto sparare a un piede. 

Francesco Moser invece si riposò, recuperò forze e concentrazione e il 23 gennaio 1984 ritornò in pista per fare quello che aveva programmato di fare: battere il Record dell’Ora, anche se non apparteneva più a Eddy Merckx ma a lui stesso. In quell’ora pedalò 51,151 chilometri, che divenne la nuova distanza limite per un uomo in un’ora (e poi un ottimo spumante). Spiegò che non poteva deludere i suoi amici e tifosi.  

Due Record dell’Ora in quattro giorni non era mai riuscito a farli nessuno, nemmeno Roger Rivière venticinque anni prima: ci mise un giorno in più per migliorare se stesso. 

Quel 19 gennaio del 1984 fu anche il giorno della grande cesura storica nell’evoluzione del ciclismo. Se sino ad allora questo sport si era evoluto sempre e solo in una direzione, ossia meno pesa una bicicletta meglio è e all’insegna di un ottimo artigianato della preparazione fisica, da quel 19 gennaio del 1984 in avanti tutto cambiò. E per sempre. Francesco Moser aveva introdotto un cambiamento radicale e visionario. Non sul peso si doveva lavorare, la sua bicicletta pesava oltre tre chili in più di più di quella di Merckx, ma sull’aerodinamica. 

Francesco Moser si costruiva le biciclette sulle quali correva, era soprattutto interessato alle innovazioni. Quando lo svizzero Daniel Gisiger, ottimo pistard e buon velocista, illustrò alla Bottecchia, l’azienda che gli forniva le biciclette, i benefici in termini di velocità avuti del connazionale Dill Bundi nel correre con delle specie di coperchi attorno ai raggi, la Bottecchia non ritenne interessante la cosa. Francesco Moser sì, ne parlò con il professor Antonio Dal Monte e nacquero le ruote lenticolari. 

Quando sul finire del 1999 il Figaro chiese a Jacques Goddet, che fu direttore del Tour de France dal 1947 al 1986, quale fossero i corridori migliori che lui avesse visto correre, lui rispose che “qualcuno mi attribuisce la frase ‘Coppi il più grande, Merckx il più forte’, non mi ricordo se fosse mia, ma mi pare adeguata. Ho visto correre tantissimi campioni, come Jacques Anquetil, Bernard Hinault, Miguel Indurain, come Rik van Steenbergen e Rik van Looy o Louison Bobet. Erano tutti strepitosi atleti. Poi c’era Francesco Moser. Forse rispetto a questi aveva meno talento, ma aveva la visione dei grandi, la capacità di vedere più lontano”.

Talmente lontano che l'Uci a un certo punto decise che quel giorno, quel 19 gennaio del 1984, Francesco Moser non battè il Record dell'Ora, ma stabilì la Miglior prestazione sull'Ora, visto che la bicicletta sulla quale pedalò era troppo diversa da quella di Merckx. Chiunque sia salito una volta in bicicletta sa che questa non va avanti da sola, che serve pedalarla.

Francesco Moser ha anticipato i tempi, ha visto lontanissimo e in quel 19 gennaio del 1984 andò lontanissimo, oltre Eddy Merck su di una bicicletta che era l’avanguardia mondiale della bicicletta. Si superò quattro giorni dopo. 

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