Franz Beckenbauer anticipa Johan Cruijff al Mondiale del 1974 (foto Ansa)

1945-2024

Auf Wiedersehen Franz Beckenbauer

Giovanni Battistuzzi

Gli sguardi e le parole del più grande di Germania. È morto il Kaiser, il miglior giocatore della storia del Bayern Monaco e della Nazionale tedesca

Per decine di anni, dalla metà dei Sessanta in poi, quando si diceva Kaiser a quasi nessuno, pure in Germania, veniva in mente Guglielmo I o Ceccobeppe. Di Kaiser ce ne era solo uno. Ed era Franz Beckenbauer. A Franz Beckenbauer non servivano parole, bastava uno sguardo per farsi capire e, soprattutto, far capire agli altri cosa dovevano fare. Di solito capitava che nessuno mettesse in discussione il suo ruolo di guida assoluta della squadra. Bastava quello sguardo azzurrogrigio a mettere in chiaro le cose: era autorevole e severo, spietato e accogliente, c’era da aver paura e fiducia allo stesso tempo. Chi non veniva sedotto da quello sguardo, si convinceva dopo averlo sentito parlare. Le sue parole, in quel tedesco imbastardito col dialetto bavarese, erano precise e taglienti, mai prolisse. Quando parlava, sembrava di vederlo in campo. Essenziale eppure elegante.

Franz Beckenbauer ha guidato, prima dal campo, poi dalla panchina e infine da dietro una scrivania, il Bayern Monaco a vincere tutto quello che c’era da vincere con i suoi sguardi e le sue parole. Ci riuscì dal campo e dalla panchina anche con la Nazionale (quella dell’Ovest). E anche quando ha abbandonato prima il campo e poi la scrivania, rimanendo presidente onorario, il club bavarese ha comunque continuato a seguire i suoi sguardi e le sue parole. Sguardi e parole che da ieri non ci sono più. Franz Beckenbauer è morto a 78 anni, cinquant’anni di questi passati in Roten.

   

Franz Beckenbauer (foto LaPresse)
      

Era da un anno che lo sguardo di Franz Beckenbauer non era più lo stesso dopo che un infarto oculare l’aveva reso quasi cieco. Da qualche mese anche le sue parole erano entrate in crisi, come mai era stato in campo. Anche negli ultimi anni di carriera (tra Stati Uniti e Amburgo) Franz Beckenbauer aveva giocato a buoni livelli, ben lontani certo da quelli che lo avevano reso famoso ovunque tanto da essere considerato, e a ragione, il miglior mediano, prima, e il miglior difensore, poi, di tutto il mondo.

Franz Beckenbauer, molto prima di Franco Baresi, è stato il grande esempio di come si gioca a pallone d’anticipo. Capiva prima degli altri le intenzioni degli avversari, cosa aveva in mente chi il pallone l’aveva tra i piedi, dove questo sarebbe finito e che movimento avrebbe fatto l’attaccante che voleva segnare. Faceva il movimento necessario, lo scatto che serviva e rubava il pallone. Poi ripartiva e impostava l’azione. Aveva piedi raffinati e una eccezionale visione di gioco. Per uno così, diceva Rinus Michels, l’allenatore che rese grande l’Ajax, “farei di tutto, pure Amsterdam-Monaco in ginocchio”.

Gerd Müller, il centravanti di quel Bayern che vinse quattro campionati tedeschi e tre Coppe dei Campioni e della Nazionale campione d’Europa e del mondo, disse nel 1990 – durante i festeggiamenti per i novant’anni del club bavarese – che “Franz Beckenbauer era più intelligente che bravo”. Ed era un gran complimento per quello che pochi minuti prima venne presentato come il miglior giocatore della storia del Bayern Monaco. Spiegò Müller: “Le sue enormi qualità calcistiche erano riflesso della sua eccezionale capacità di analisi e conoscenza delle leggi della fisica e della biomeccanica. Non fosse stato un calciatore sarebbe stato un grande scienziato”. Franz Beckenbauer arrossì e disse che tutto ciò era esagerato. Fu Wilhelm Neudecker, il presidente che creò quella squadra straordinaria, a togliere il Kaiser dall’imbarazzo: “Fortuna che non hai fatto lo scienziato”, gli disse. “Saresti stato utile al mondo, ma molte persone in meno avrebbero gioito”.

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