Il primo Mondiale che a m'arcord - il foglio sportivo

Mondiali 1974, ossia uno stadio tra gli abeti

Gino Cervi

"Nessuno, nelle furibonde disfide al Pràdastagn, voleva mai essere Gerd Müller. A dispetto dalla sua supersonica velocità nessuno voleva neanche essere il polacco Grzegorz Lato, troppo pelato"

Malosco è un piccolo villaggio dell’Alta Val di Non, un pezzo di Trentino che si incunea nell’Alto Adige, o Sud Tirol. Scordatevi la magnificenza delle Dolomiti. Lì, tutt’intorno, ci sono solo dignitosi monti verdi e tondeggianti. In lontananza, verso sud, sopra l’ininterrotta distesa di meleti, si vedono le Dolomiti di Brenta, come una cosa da guardare e non toccare, preziosa e delicata, soprattutto non tua. Ma a me, che nel luglio del 1974 avevo dieci anni appena compiuti, del fascino magnificente, sedimentario e carbonatico dei Monti Pallidi non fregava assolutamente un cazzo. Le vacanze in montagna erano fatte per giocare a pallone tutto il giorno, cosa che avrei fatto anche a casa tutto il resto dell’anno, se solo non ci fosse stata di mezzo la fastidiosa distrazione della scuola. Le vacanze erano la vetrina per mettersi in mostra. 

 

All’oratorio, eravamo sempre gli stessi a sfidarci a partite a 11, a 7, a 5, o anche solo uno contro uno. Ci conoscevamo tutti per filo e per segno: l’Icio e il Tonio, il Robi e il Massi, quelli bravi e quelli scarpe, quelli carogna e quelli che li facevi su con un sombrero. Non c’era più molta soddisfazione. Le vacanze, invece, diventavano il mio Mondiale, il banco di prova di quanto fossi più o meno in gamba con un pallone tra i piedi. Quell’estate del 1974 facemmo, tutti i santi giorni, il nostro Mondiale. Lo facemmo per metà sull’album delle figurine Panini, segnando a dito il calciatore che avremmo voluto essere; per l’altra metà dando vita a interminabili disfide al Pradastagn, una radura erbosa in mezzo a una foresta di abeti rossi. I Mondiali, quelli veri, erano terminati il 7 luglio e non aveva vinto la più forte. E già potrebbe bastare come basilare insegnamento della prima Coppa del Mondo che mi ricordo.

 

Il calcio, credo, sia inimitabile proprio per questo: a differenza di altri sport, non è detto che sia sempre il più forte a vincere. Tenerselo sempre bene a mente, su un campo ma anche, e soprattutto, altrove. Gli arancioni, belli, biondi e forsennati, in finale vennero messi ko dal tiro sbilenco del più malsagomato dei fuoriclasse della storia del football: Gerd Müller, brutto ma bomber. Guarda caso, nessuno, nelle furibonde disfide al Pràdastagn, voleva mai essere Gerd Müller. A dispetto dalla sua supersonica velocità nessuno voleva neanche essere il polacco Grzegorz Lato, troppo pelato. Fossi stato un portiere, avrei scelto di essere un altro polacco, Jan Tomaszewski, con il cordino tra i capelli, o il suo omologo olandese, Jan Jongbloed: due irregolari, a partire dalla numerazione: 2 il polacco e 8 l’olandese. Ma io, più di tutti, volevo essere Johnny Rep.

 

    


 

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