Foto per gentile concessione di Marco Aurelio Fontana

dai pedali alla manetta

Dalle mountain bike alle moto. La scoperta dell'Africa di Marco Aurelio Fontana

Giorgio Burreddu

Il 30 dicembre 2023 sarà al via della Africa Eco Race: 6.000 chilometri attraverso 4 stati sulle tracce della Parigi-Dakar che fu. "La cosa che temo di più è dormire in tenda. Nel deserto la notte c’è una bella escursione termica". Intervista all'ex biker, medaglia olimpica a Londra 2012 nel cross country

L’accordo con sua moglie risale a dodici anni fa. "Le avevo detto: tesoro, corro in bici fino ai quaranta. Poi però faccio la Dakar". A quel tempo Marco Aurelio Fontana era ancora il biker a tutta forza che stregava l’Italia della mtb e che conquistava una medaglia olimpica (terzo a Londra 2012 nel cross country) con l’epica e il talento. Era già lo stesso Fontana che già covava dentro il sogno del motore, del rally, dell’incredibile. E così è andata a finire che tra pochi giorni Fontana parte: direzione Dakar, per l’Africa Eco Race. È la gara che attraversa Marocco, Mauritania e Senegal, la madre di tutte le competizioni con la sabbia e il vento del deserto. Non sarà un’avventura. Né una follia. "Non sono l’avventuriero. Come dico sempre: non mi piace l’ospedale". Quello che Fontana vuole viversi è il suo sogno, e farlo al meglio. "Di sicuro non sono uno che va per partecipare. Vado per correre, questo sì. Mi piace l’idea di sfidare me stesso, e farlo al meglio possibile". Insomma, in equilibrio tra la competizione e la goduria.

La passione gliel’ha attaccata il papà, Giuseppe. "Lui è sempre stato appassionato di motòr, come dicono a Piacenza. Girava coi kart, seguiva tutto il motorsport. Per me le bici sono arrivate più tardi, verso i dieci anni. A tre mi regalarono una motoretta fuoristrada piccolina. Pensavo fosse una Sukuzi gialla. Poi ho scoperto che era una Italjet rossa. Papà l’aveva fatto riverniciare". A volte i sogni fanno giri immensi. Poi ritornano. E persino più forti degli amori. L’amore per Marco Aurelio resta la bici, ma la moto è la moto. "A casa ho dieci moto, mi piacciono moltissimo. In generale mi piacciono i motori. Con il mio papi, che è il mio eroe, guardavo le vhs di vecchi gp, le gare di Villeneuve, cose così. Se sento una macchina da corsa anni Sessant o Ottanta, magari un 10 cilindri, io mi emoziono". Da ragazzo aveva il motorino. Graziella, la sua mamma, "è sempre stata pro motore. Cioè: per lei era anche un modo per svegliarsi fuori. Con il mezzo ti muovi, sei indipendente. A 14 anni avevo un Fifty. Costava 500mila lire. Ero l’unico del mio giro di soci, tutti gli altri avevano il Phantom o il Booster. Mamma non mi diceva di andare piano: facevo già le gare in bici, non sono mai stato uno di quelli che tornava alle 4 il sabato notte".

La velocità per Fontana è sempre stata una cosa seria. "Ma relativa, mai assoluta. La velocità è una cosa sempre in relazione a quello che hai e a quello che stai facendo". Anche il significato del vento sulla pelle è una cosa che Fontana ha pensato, meditato, elaborato. "Sentire la sensazione della velocità ti capita anche quando vai a 30 km/h, in bici, nel bosco, tra gli alberi. È una goduria. Con la moto è una cosa diversa: la senti in pancia, nello stomaco". Ma la libidine è la stessa. "È bello quando senti che voli, che stai andando tra le curve. Ed è bello quando tutto ti sembra dannatamente lento: sei così in controllo che quella velocità pazza nella testa diventa lenta, e vedi tutto quello che c’è attorno a te".

L’approdo all’Africa Eco Race (al via il 30 dicembre 2023, arrivo il 14 gennaio 2024) è stato graduale. Ma l’idea di andarci è originaria, Fontana l’avverte dentro da anni. "Sono le gare storiche, quelle che ti danno qualcosa in più. Nel 2021 ho fatto la Sei Giorni Internazionale di Enduro, poi qualche rally in Sardegna. Quando ho capito di avere la moto in mano mi sono detto: ok, è il momento, la faccio".

   

Foto per gentile concessione di Marco Aurelio Fontana  
    

L’evento è incredibile: 6.000 chilometri attraverso 4 stati, partendo da Monaco lungo spazi sconfinati, mari di dune, spiagge, terreni pietrosi. "La cosa che temo di più è dormire in tenda. Nel deserto la notte c’è una bella escursione termica". Le tracce sono le stesse della Parigi-Dakar di una volta. L'obiettivo è bagnare le ruote nelle acque del Lago Rosa di Dakar. Dicono che da un’esperienza così uno torna diverso. «Non lo so, penso di no. Non voglio essere arrogante. Quello che può cambiare, per me, è capire se avrò intenzione di proseguire la carriera rallistica seriamente. Bisogna vedere se avrò ancora questa grinta quando torno". Intanto, Fontana è andato a testarsi nel deserto in Tunisia. "Non avevo aspettative sul deserto. A parte vedere dei video, non puoi immaginarti una cosa che non hai mai vissuto. Allora mi sono detto: quando arriverò, vedrò. E come sono entrato nel deserto mi sono sentito a casa. Sì, ho proprio pensato: 'Sono a casa, qui ci sto bene'”. La sua Africa non ricorda vacanze, post-it, cartoline da qualche luogo. La sua Africa, quella del rally, è tutta un’altra storia. "Amo molto rilassarmi, amo gli spazi senza rumore. L’Africa che vado ad affrontare è quella da moto. Sei nel nulla senza nulla. Quindi per me quel tipo di Africa ha senso solo così: con la moto e il roadbook. Hai un disegno da fare. E tutto diventa giusto".

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