Remo Freuler tra due giocatori della Lazio (foto LaPresse)

Serie A

Remo Freuler è l'equilibratore del Bologna

Marco Gaetani

Il centrocampista svizzero è l'uomo che ha dato sostanza ed equiibrio alla squadra di Thiago Motta che ora lotta per un posto in Champions League

Remo Freuler è la trasposizione calcistica del concetto di essenziale invisibile agli occhi. Dopo una vita in nerazzurro, l’Atalanta aveva deciso di sacrificarlo sull’altare dell’occasione da non perdere: 12 milioni per un mediano trentenne avevano il sapore del treno che non sarebbe più passato. Giovanni Sartori, l’uomo che l’aveva portato a Bergamo dal Lucerna, non gli ha staccato gli occhi di dosso nell’annata di transizione a Nottingham: la cessione in direzione Premier League era arrivata qualche mese dopo l’approdo del dirigente al Bologna. E così, non appena ha avuto modo di riportarlo in Italia, non ha perso tempo, contropartita parziale ideale nella trattativa che ha portato in Inghilterra Nico Dominguez. In una squadra che sa anche cambiare uomini e spartito, Freuler è l’equilibratore, la figura che si mantiene costante: attorno gli ruotano Aebischer, Moro e Fabbian, lui sta sempre lì, a dare sostanza e fosforo alla rivelazione più piacevole del nostro campionato, ideale braccio armato di Thiago Motta, un altro che, non a caso, ha passato la vita a dannarsi in mezzo a un campo e che oggi, forse, in Freuler si rivede un po’.

Quello con la Roma era uno scontro diretto che profumava di zona Champions, traguardo impensabile per i rossoblù a inizio anno, e Freuler l’ha interpretato con la solita padronanza: ha cucito il gioco, schermato diversi tentativi di imbucata dei giallorossi, messo lo zampino nel gol del vantaggio di Moro. Lo scambio stretto con Beukema, l’attacco senza palla alle spalle di Cristante, la verticalizzazione perfetta per il backdoor di stampo cestistico di Ndoye su Ndicka: un’azione splendida e lineare nella quale tutto il Bologna pare aver assorbito non solo le idee calcistiche di Motta, ma anche quelle di Freuler. Lui che con de Roon aveva formato una delle coppie di mediana più solide del calcio italiano e ora, inevitabilmente, viene preso per la giacchetta chiedendo possibili paragoni tra quella favola e questa, tra Gasperini e Motta, tra due parabole che iniziano ad assumere contorni indubbiamente simili, anche se la strada da percorrere è ancora lunga.

Dice che il suo modello è Iniesta e l’imbucata per Ndoye ha effettivamente richiami dell’Illusionista blaugrana, anche se il suo calcio sembra più ispirato all’intelligenza sterminata di Busquets, granitico come il perno catalano, uomo di letture più che di improvvisazioni anche se da ragazzino faceva l’attaccante. In un Bologna infarcito di giovani che sogna l’Europa a suon di risultati, Freuler è il metronomo, il centrocampista che detta i tempi e dà una mano alla difesa, aiutando anche i ragazzini a rimanere con la testa sulle spalle e a evitare che l’illusione diventi delusione. A Bologna ha ritrovato il sorriso che aveva perso nell’ultima parte della stagione a Nottingham: gli era bastata una chiamata di Sartori per capire che il peggio era alle spalle e l’Italia era pronta ad abbracciarlo di nuovo.

Per ora predica calma, fa il collante, chiede a tutti di non esaltarsi e di ricontrollare la classifica più avanti, magari a ridosso della primavera: solo a quel punto si potrà scoprire l’effetto che fa questo Bologna che vola sulle fasce e che centralmente non trema. Beukema-Calafiori coppia centrale, Zirkzee lì davanti, Ferguson alle sue spalle. E in mezzo, ovviamente, Freuler, che si adatta alla lotta e al governo in base a quello che la partita richiede: il concetto di spina dorsale di una squadra, all’ombra delle due torri, da tempo non trasmetteva così tanta sicurezza.

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