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qualificazioni a Euro 2024

L'Italia di Spalletti e lo spirito procrastinatore del paese

Giovanni Battistuzzi

La Nazionale di calcio si gioca la qualificazione all'Europeo 2024 contro l'Ucraina all'ultima giornata del girone. Una squadra che rappresenta perfettamente “il paese che ha reso naturale la procrastinazione", come scriveva l'economista Federico Caffé

L'ultima occasione per la Nazionale italiana di calcio di accedere agli Europei del 2024 senza passare per gli spareggi è la partita di questa sera alla BayArena di Leverkusen contro l'Ucraina. Tre anni fa, dopo la vittoria degli Azzurri a Wembley contro l'Inghilterra agli Europei 2020 – diventati Euro 2021 – fu scritto, da molti, che quella Nazionale rappresentava l'anima del paese: un paese che nelle difficoltà trova la forza per superarle. Va così ogni volta che l'Italia vince. Viene preso per buono sempre questo concetto. O così va almeno dalla vittoria dei Mondiali del 1982. Eppure se proprio dobbiamo sforzarci di trovare lo spirito del paese nel calcio – e possiamo benissimo evitarlo –, questo fantomatico spirito del paese lo si può rinvenire in questa Nazionale che si ritrova all'ultima giornata ancora incerta se riuscirà o meno a qualificarsi alla fase finale dell'Europeo che si giocherà in Germania la prossima estate.

L'Italia avrebbe potuto andare alla BayArena di Leverkusen con tranquillità per una qualificazione già conquistata in anticipo. Il gruppo C delle qualificazioni a Euro 2024 era tutt'altro che difficile, composto com'era da una squadra molto forte, l'Inghilterra, una squadra molto debole, Malta, e due nazionali di medio talento come Ucraina e Macedonia del Nord. La prima tra l'altro con addosso il peso di una guerra dentro i suoi confini e formata da un gruppo di giocatori che, nonostante il giovane Mychajlo Mudryk e Oleksandr Zinchenko, “è probabilmente il meno talentuoso degli ultimi vent'anni”, disse nel 2022 l'ex commissario tecnico della Nazionale ucraina Jurij Mykolajovyč Kalytvyncev.

La Nazionale che fu di Roberto Mancini e ora è di Luciano Spalletti si è ridotta all'ultima partita utile per l'ottenimento della qualificazione agli Europei 2024. Non è la prima volta che accade nel calcio. E va così spesso anche in molte altri settori, ben più importanti del calcio. Dall'economia alla politica, dalla gestione delle piccole e grandi cose, personali o pubbliche, l'Italia è “il paese che ha reso naturale la procrastinazione, che ha istituzionalizzato la decisione all'ultimo minuto utile”, scrisse sul Messaggero l'economista Federico Caffé, polemizzando contro i tentennamenti del governo Andreotti III nell'introdurre alcune norme che avrebbero potuto abbassare il costo del lavoro in Italia. Per Caffé è come se “nel paese ci fosse una sorta di piacere nel dover arrivare a prendere decisioni in stato di emergenza. Come se solo nell'emergenza si possa giungere al superamento reale dei problemi”. Un'Italia che sembra dover vivere per forza in una costante zona Cesarini per riuscire a essere paese.

C'è molto dell'Italia raccontata da Federico Caffé nell'Italia del calcio.

C'è nella gestione federale di quello che accade nel nostro calcio che vive in un costante stato di emergenza e di crisi da prima della vittoria dei Mondiali 2006 e che continua sino a oggi senza che nulla sia cambiato davvero.

C'è nella gestione della Serie A da parte della Lega, nella quale si fa un continuo discutere di grandi progetti di riforma senza che poi nessuna riforma arrivi a compimento.

C'è nella gestione di giovani e Nazionali, che sembra un corpo estraneo rispetto a tutto il movimento, mentre invece dovrebbe essere l'espressione ultima del movimento.

C'è anche in queste qualificazioni agli Europei 2024, che potrebbe arrivare all'ultima partita utile, nella speranza che non si procrastinata anche questa oltre il “naturale” tempo limite del girone, in quegli spareggi che già due volte, per di più consecutive, sono costati l'approdo alla fase finale del Mondiale.

Se c'è davvero un fantomatico spirito del paese questa Nazionale lo rappresenta perfettamente. O forse non del tutto visto che oramai, in Europa, i ritardi sul Mes hanno dimostrato che si può andare anche ben oltre l'“ultimo minuto utile”.