Foto Ap, via LaPresse

in Spagna

Il metodo Girona sta cambiando le gerarchie della Liga spagnola

Francesco Gottardi

Alla quarta apparizione di sempre, il club catalano è in testa alla classifica dopo dieci giornate. Qualcosa di inimmaginabile a inizio stagione. Dietro il progetto ci sono i fratelli Guardiola e il Manchester City

Al primo sguardo sembrano le maglie dell’Atletico Madrid. Poi li guardi giocare: impossibile. Tocchi rapidi, filtranti in serie, perenne voglia di far gol anche a costo di prenderlo. È l’antitesi del cholismo. È l’ascesa del Girona. Fino a cinque stagioni fa mai stato in Liga, l’anno scorso a quest’ora in zona retrocessione, oggi capolista a braccetto col Real Madrid. Dopo 10 giornate, 25 punti e 24 reti. Con l’occasione di tentare l’allungo, perché questo weekend si gioca il Clásico. Sembra un’eresia del pallone. Eppure in Spagna nessuno grida all’intruso, al miracolo. Semmai si applaude il metodo. E allora: questa ex squadretta della Catalogna come c’è finita lassù?

L’uomo del salto di qualità si chiama Michel: giovane allenatore, specialista in promozioni – già tre dalla Segunda alla Primera división –, ultimogenito del calcio champagne di maifrediana memoria o guardiolesca evoluzione. Per la gioia di un pubblico incredulo, che assuefatto a una storia di stenti ora si stropiccia gli occhi davanti al tabellone degli stadi. 4-2, 5-3, 5-2. Per il Girona. Nel nome di Dovbyk, Savio, Tsygankov. E di Christian Stuani, remoto ex della Reggina, il collante di questi sei anni in cui è successo di tutto – e nemmeno i suoi 118 gol in biancorosso bastano per tenere insieme i pezzi.

Dietro lo spettacolo sul campo c’è infatti una lunga rincorsa dirigenziale. Nell’estate 2017 il Girona è promosso in Liga per la prima volta e Pep Guardiola ha appena concluso la sua prima stagione alla guida del Manchester City. Il nesso tra due mondi all’apparenza inconciliabili è che il City Football Group, la holding che controlla i Citizens e le sue succursali globali, decide di comprare il 44,3 per cento delle azioni del Girona. Un altro 44,3 per cento viene rilevato da Pere Guardiola, fratello minore di Pep – oggi, dopo l’ingresso in società del magnate di T-Mobile Marcelo Claure, le quote sono state rimodulate al 47 e al 16 per cento, ma sempre di maggioranza combinata si parla. È la svolta che fa uscire il Girona dall’anonimato. Arriva subito un decimo posto in Liga, a cui tuttavia segue la retrocessione. Per programmare calcio ai massimi livelli servono anni. Almeno tre o quattro. E infatti il decimo posto bissato l’anno scorso ha tutt’altro sapore: non è un fuoco di paglia, ma la rampa di lancio per qualcosa di più grande.

Perché il Girona ormai cammina da solo. Con 59 milioni di euro, sottolinea Marca, deve fare i conti con uno dei budget più bassi della Liga. Eppure se li fa bastare. In questo lustro ha comprato bene e venduto meglio: si pensi al ‘Taty’ Castellanos, appena fruttato 15 milioni. Il nuovo attaccante della Lazio è un caso esemplare. A 18 anni fu ingaggiato dagli uruguaiani del Torque, per poi passare al New York City e infine al Girona: appartengono tutti al City Football Group, che in questo modo internalizza i costi del calciomercato agendo capillarmente in giro per il mondo. Oggi conta 13 club in quattro continenti. Dal Brasile alla Cina, dall’India all’Australia – nel 2022 vi ha aderito anche il rinato Palermo, che non a caso promette un gran bene in Serie B. Le squadre affiliate sono chiamate a condividere metodologia e filosofia di calcio – Michel, Guardiola: s’è già detto –, con il vantaggio di accedere a un gigantesco database comune di giocatori. E alle strutture regine: quelle di Manchester, dove Stuani e compagni hanno svolto l’ultima preparazione estiva. Lassù, qualche gene dei campioni d’Europa devono averlo assorbito. Quel tanto che basta per giocare la prossima Champions League, forse. O per farsi ammirare dalla Spagna, di sicuro.

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