Foto Ap, via LaPresse

calcio tedesco

È iniziata una nuova epoca per la Bundesliga?

Francesco Gottardi

È da dieci anni che il Bayern Monaco vince ininterrottamente il campionato tedesco. Qualcosa però sta cambiando

Finora è stato l’eterno ritorno dell’uguale. O del Bayern Monaco, ininterrottamente campione di Germania da un decennio a questa parte. Oggi però la classifica della Bundesliga spinge verso una parola dimenticata: curiosità. Com’è che il Leverkusen è finito davanti a tutti? Chi è Serhou Guirassy, l’attaccante dello Stoccarda che segna (10 gol in 6 giornate) come il Ronaldo dei tempi d’oro? E soprattutto: reggerà il format delle sette sorelle, ora addensate in testa nell’arco di soli quattro punti? È ancora presto per dirlo, ma dato il piattume cronico che ha colpito il calcio tedesco tutto ciò sa di fuochi d’artificio. O ancora meglio, di reset.

Le avvisaglie c’erano già dall’anno scorso. La ‘Bayernliga’, come la ribattezzano i tifosi disillusi, si era riconfermata tale ma per il rotto della cuffia: soltanto l’harakiri multiplo del Borussia Dortmund aveva permesso a Müller e compagni di rinnovare l’egemonia. Eppure, anche in un contesto potenzialmente coinvolgente – lo scudetto risolto all’ultimo minuto dell’ultima giornata – ha prevalso la percezione farsesca della corsa a perdere, anziché l’emozione del testa a testa. Tale ormai è l’effetto Bayern sulla Germania. Nel 2013 i ‘Roten’ iniziavano il loro ciclo d’oro conquistando ogni torneo disputato, tra cui la Champions League contro un’altra tedesca in finale – facile indovinare quale. Un anno più tardi, la Nazionale si sarebbe laureata campione del mondo. Altri dodici mesi e la Deutscher Fußball-Bund avrebbe festeggiato il secondo posto nel ranking Uefa. L’acme. Poi il congelamento.

Una sola squadra continua a vincere, spazzando via tutto il resto: gli ultimi dieci campionati hanno registrato uno scarto medio di 14 punti tra prima e seconda. Saltano le gerarchie, tra nuovi che avanzano – Hoffenheim, Augsburg, RB Lipsia, Union – e vecchi blasoni che retrocedono in Zweite Liga – Amburgo, Schalke, Werder Brema, Hertha, Stoccarda: è toccato un po’ a tutti. Così la Bundesliga si è trasformata in un caso modello di economia industriale, dove l’impresa monopolista (il Bayern) aumenta la propria capacità produttiva (per esempio, sul calciomercato) scoraggiando in questo modo l’entrata della concorrenza.

“Il nostro obiettivo”, ha dichiarato infatti Peer Naubert, direttore marketing della Bundesliga all’estero, “non è indebolire i campioni ma rafforzare le altre, creando le condizioni migliori per ripristinare la competitività interna”. In estate si era valutata anche la suggestione playoff, ma alla fine il format non si tocca. Si cerca di imparare dagli altri, magari: pure l’Italia, che nel frattempo ha scalzato la Germania al terzo posto nel ranking, ha avuto i suoi problemi di monotonia con annessi disastri mondiali. Ma terminato il filotto juventino, si sono riattivate rotte dimenticate: scudetti a tinte sempre diverse – Inter, Milan, Napoli – rilancio nelle coppe europee e Azzurri campioni d’Europa.

Anche quest’anno, il Bayern mica ha iniziato male. Eppure le altre sembrano tenere il passo. Ancora di più, si è creato un divario tra il gruppetto di testa e il resto della Bundesliga: tranne il Borussia Dortmund, le prime sette hanno perso punti soltanto quando si sono affrontate tra loro. Folate di aria nuova, forse. Negli altri länder viene quasi voglia di riaccendere la tv.

Di più su questi argomenti: