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Serie A

Nico Gonzalez e ciò che significa indossare la maglia numero 10 a Firenze

Andrea Trapani

Il numero che fu di Miguel Angel Montuori e Giancarlo Antognoni, di Roberto Baggio e Manuel Rui Costa ha ancora un peso allo stadio Franchi. La missione difficile dell'argentino

Indossare la maglia con il numero 10 della Fiorentina, ma non solo della Fiorentina, significa attraversare la storia del calcio italiano. "Ho avuto la fortuna di veder giocare Meazza e ho pensato a lui quando ho visto Baggio", disse Gianni Brera, nel 1989, quando le magie del giovane talento erano ancora in maglia viola. Facile cadere nell’operazione nostalgia nel calcio, in realtà non è così lontano quel tempo in cui si andava dall'1 all'11: si iniziava dal portiere, il 2 era il terzino destro, il 3 quello sinistro, e così via via fino alla fine, con il 7 per l'ala destra e il 9 per il centravanti. Il più prezioso, il 10, era quello del fantasista, il giocatore che faceva la differenza, come Pelé e Maradona.

Più che un numero una icona che ancora oggi rappresenta due epoche diverse: l’avvento del ‘calcio moderno’ con i numeri a scelta libera non ha cambiato la storia, la Dieci è la maglia pregiata per antonomasia.

 

Cosa significa la maglia numero 10 a Firenze

Dove il tifo è una scelta identitaria, il 10 rappresenta anche qualcosa di se stessi. Lo sanno bene a Roma con Totti, non sono da meno a Firenze dove la bandiera per eccellenza, Giancarlo Antognoni, lo ha portato sulle proprie spalle per ben quindici anni. La storia viola, quella dei trofei vinti, non a caso parte da un altro 10, quello di Miguel Angel Montuori, che nel 1955/1956 guidò la squadra al primo scudetto. Dopo di lui un’altra icona del calcio italiano, mai ricordata come merita, Giancarlo De Sisti, che ha portato il secondo scudetto affermando il ruolo del regista nel calcio di quegli anni. De Sisti era un trottolino perpetuo, il preludio al talento dei suoi eredi in riva all’Arno. Per oltre tre decenni, il Dieci a Firenze è stato sinonimo del calcio. Quella di Baggio è stata la storia di un amore fortissimo e interrotto sul più bello, che ha lasciato ferite indelebili su intere generazioni. Pensare che proprio Giancarlo Antognoni aveva passato il testimone di quella maglia nel 1987 quando, in un caldo pomeriggio di maggio, nella partita del primo scudetto del Napoli, davanti ai suoi occhi e a quelli di Maradona, si realizzò una delle più imponenti mescolanze di numeri 10, passati e futuri, del calcio mondiale. I tre erano titolari in quella festa e “quel giorno”, ha ricordato Antognoni, “Roberto segnò un gol straordinario, su punizione, beffando Garella.” Fu l’inizio di una grande storia, in gran parte lontano da Firenze.

Negli anni novanta Manuel Rui Costa ha lenito in parte quelle ferite, portando con sé i sogni e i trofei di una Fiorentina che voleva essere qualcosa di più di una delle sette sorelle. Dopo di lui cambiano i tempi: il 10 era già diventato uno dei numeri liberi disponibili per tutti e la magia finì. Fu indossato da tante meteore – da Domenico Morfeo a Riccardo Maspero, da Hidetoshi Nakata a Stefano Fiore – prima di tornare sulle spalle di un predestinato come Adrian Mutu che a Firenze tornò a essere quel giocatore che cambiava le partite. Poi il solito peregrinare senza degni rappresentanti; non ce ne vogliano “El Tanque” Silva e Oliveira, ma si deve attendere Alberto Aquilani per onorare nuovamente quella maglia. Chissà se anche lui aveva pensato di aver ceduto il testimone a un altro ‘prescelto’, ma Federico Bernardeschi non è stato quel che la tifoseria sognava. Così quella maglia torna a essere una delle tante - la indossano Eysseric, Pjaca e Boateng – e nessuno se ne cura più fino a Gaetano Castrovilli.

   

Il passaggio di testimone: l’addio al 10 di Castrovilli, la scommessa di Gonzalez

Il giovane di Canosa di Puglia sembra possedere tutte le potenzialità per un legame quasi eterno con Firenze, ma la gioia dell’Europeo 2021 dopo qualche mese si trasforma nelle lacrime di un brutto infortunio. Difficile tornare quelli di prima, il posto da titolare non è più sicuro e il rinnovo contrattuale diventa un’arma che mina il rapporto idilliaco con la tifoseria. Le strade si separano, ma dopo le visite mediche con il Bournemouth è costretto a un repentino ritorno in Italia. “Cari tifosi viola, è con un misto di tristezza e gratitudine che annuncio la mia decisione di lasciare la maglia numero 10”, scrive oggi Castrovilli sui social. “Indossarla è stato un onore assoluto, ma ho deciso di intraprendere una nuova sfida con un nuovo numero. Sarà emozionante poter ricominciare e dimostrare che la mia dedizione e il mio impegno rimarranno gli stessi, indipendentemente dal numero che porterò.” Sembra un addio e forse lo è. Ha scelto il 17, ma lo indosserà raramente in campo. Prima c’è il recupero dall’ultimo intervento e poi una storia agli sgoccioli con la società.

 

    

Quanto vale la maglia numero 10 a Firenze, l’ha ben capito invece Nico Gonzalez: nel calcio di una volta non sarebbe mai toccata all’argentino che fa tutt’altro ruolo in campo, forse l’avrebbe meritata Bonaventura. Oggi però saper comunicare vale quanto saper giocare: scegliere quel numero dimostra di saper resistere alle sirene della Premier per iscriversi nel ristretto ‘club di quelli forti’, del talento della squadra, insomma quel che vuole essere Gonzalez per la Fiorentina. È il calciatore più pagato della storia viola, molto più caro di icone come Batistuta, e lui vuole sdebitarsi regalando gioco e trofei che a Firenze attendono da tanto, troppo, tempo.

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