Onorevole, Picchio De Sisti

Mario Sechi
Scene da Oronzo Canà, botte, schemi e persino alleanze. Cronaca semiseria di una serata passata a rincorrere un manipolo di legislatori in mutandoni che inseguono palloni allenati da un campione. Martella, Lotti, Paniz, Saverio Romano, Tofalo, Baldelli e gli altri. Dal Pd a Forza Italia fino a Grillo. Con una chicca.

Piove. Entro in macchina nel complesso militare. Un soldato s’affaccia, chiede il mio nome. “Vada avanti, svolti a destra”. E’ buio, i fari brillano nell’oscurità. L’auto si ferma. Scendo. Un colonnello e un generale sono là fuori. Attendono che accada qualcosa. Sono le 20, l’aria è punzecchiata da una pioggia fine e distratta. Il colonnello Remo del Favero del reggimento degli Alpini mi dice: “Sono ancora tutti dentro”. Dante Zampa, generale, anch’egli penna nera, fa su e giù con la testa, conferma: “Sono quasi pronti”. Ho il taccuino in mano, non sono Bruce Chatwin, ma la domanda è: “Che ci faccio qui?”. Altri due militari s’affaccendano alla porta. Sembra preparino operazioni belliche. “Quando è cominciata questa storia?”. “Nel 1981”, rispondono in coro. Trentaquattro anni fa, il presidente del Consiglio era Arnaldo Forlani e il ministro della Difesa era Lelio Lagorio. Questo fino a giugno, perché poi a luglio arrivò un governo di Giovanni Spadolini, ma la Difesa rimase il socialista Lagorio. Trentaquattro anni dopo l’inizio di questa storia, a Palazzo Chigi c’è Matteo Renzi e alla Difesa c’è una donna, Roberta Pinotti. Che storia è?

 

Fin qui, potrebbe funzionare come una spy story, ma in realtà la storia ha il volto di un uomo che esce da una porta, seguito da altri uomini, è piccolo, ha un guizzo negli occhi, il capello nero-grigio, da centurione, il naso aquilino. Lo chiamano “Picchio”, era in campo per Italia-Germania 4-3, ha un pallone in mano, è Giancarlo De Sisti.

 

E lui, “Picchio”, che ci fa qui? Che domanda, De Sisti gioca a calcio. Siamo al centro sportivo olimpico della Cecchignola, la città militare di Roma, davanti a me c’è un perfetto campo di calcio. Il mai troppo compianto Sandro Ciotti avrebbe detto: “Terreno di gioco in ottime condizioni, ventilazione inaprezzabile. Passo la linea a Enrico Ameri”. Tutto il calcio minuto per minuto. Anni belli. Qui alla Cecchignola si allena la Nazionale dei parlamentari, De Sisti è la guida di questo manipolo di legislatori in mutandoni che inseguono un pallone.

 

 

“Il giovane Letta veniva agli allenamenti in motorino”, racconta il generale Zampa. In attesa della fine dell’esilio dell’Enrico a Parigi, gli altri corrono e tirano calci come ragazzini. Eccolo, Francesco Saverio Romano, nei panni del verdiano a tutto campo, ha qualche chilo di troppo (chi scrive ne ha molti di più), ma quando la palla gli schizza a tiro sembra un espresso. Come faccia, non si sa, ma lo fa. De Sisti nei panni del “mister” è uno spettacolo di battute, segue il gioco da bordo campo, fischia i falli, tiene d’occhio la truppa scalciante. Tra i suoi giocatori c’è anche Luca Lotti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, che stasera è assente. “Lotti è un playmaker, sa giocare a pallone”. Detto da “Picchio” è un complimento ingombrante da portare, ma da confermare sul campo. Stasera Lotti non c’è, fa parte del gruppo dei molti avviluppati dal lavoro politico. “Se venissero tutti, soprattutto quelli che giocano meglio degli altri, che si fanno vedere raramente, in teoria potrebbe essere una buona squadra. Noi ci troviamo in difficoltà quando incontriamo gli ex calciatori, che ancora si ricordano molto bene i tempi di gioco, e quelli più giovani che ci surclassano fisicamente. O nell’uno o nell’altro caso noi questi dovremmo evitarli e prendere qualche avversario più stagionato”. “Picchio” De Sisti sa che spremere di più dagli onorevoli non è semplice. “Ci vogliono capacità che io non ho”, dice ridendo, ma il suo ascendente qui è di certo superiore a quello dei presidenti delle Camere.

 


Andrea Martella con Massimo Cassano


 

Massimo Cassano, sottosegretario al Lavoro, uno che non vorresti mai incontrare in tackle scivolato sulla palla, al nome di De Sisti scocca due sole parole: “Un grande”. Andrea Martella, vicecapogruppo del Partito democratico alla Camera, lo venera: “Ha giocato la partita più bella della storia, non ha mai sbagliato un passaggio in vita sua, Picchio una leggenda”. Di passaggi sbagliati, svirgolate, e vai col liscio qui invece se ne vedono parecchi. Ma è questo il bello. Perché il calcio riesce a metterli tutti miracolosamente d’accordo. “E’ incredibile, si amano”, dice De Sisti. Probabilmente si fanno fraseggi, triangoli e cross anche sulle leggi da approvare, ma la parola “inciucio” qui non esiste, sono una squadra. Anche loro, i parlamentari-calciatori, fanno i conti con l’antipolitica, presentarsi a giocare in pubblico non è operazione indolore, anche se lo fanno per beneficenza, c’è chi fischia e ringhia, perché la casta è in campo e il grillismo è in tribuna a lanciare insulti. Che fare? Si gioca lo stesso. “E si viene all’allenamento con la propria Smart personale”, sottolinea il sottosegretario Cassano mentre fa riscaldamento. Confessa il saggio De Sisti: “Il clima non è facile, c’è gente che quando sa che li alleno mi dice: menaje! Ecche je meno, questi so’ bravi ragazzi”.

 

 

Sono lontani i bei tempi in cui si riempivano gli spalti, gli albori della Nazionale della Prima Repubblica, gli anni Ottanta, quelli del “fondatore” della squadra, Paolo Cirino Pomicino. Un fiume di ricordi democristiani, comunisti, missini, un florilegio di centrocampo e area di rigore e “rigore è quando arbitro fischia”, come diceva il grande Vujaidin Boskov. Cirino Pomicino è un fantastico album dei ricordi: “Erano i primi anni Ottanta, noi della commissione Bilancio eravamo in visita in Germania, al Parlamento, il Bundestag, e a un certo punto i parlamentari tedeschi ci fecero vedere un campo di calcio e ci raccontarono che facevano un campionato con altri Parlamenti”. Immaginate cosa poteva frullare in testa a quel vulcano di Pomicino trentacinque anni fa… “Caspita, mi dissi, dobbiamo farlo anche noi! All’arrivo a Roma, decidemmo rapidamente. Detto, fatto. Parlai con Carluccio Sangalli andreottiano, con Famiano Crucianelli del Partito comunista e poi, naturalmente, contattai i missini, Gianfranco Fini e Domenico Nania. Avevo in squadra due terzini missini, mentre portiere, centromediano, e libero erano comunisti. C’era anche un altro amico piemontese comunista, Sergio Soave”. Il calcio enciclopedico di Cirino Pomicino è inarrestabile e puntuale come un superveloce giapponese arriva l’aneddoto: “Il mediano era Francesco Rutelli. Non potrò mai dimenticare un incontro con la Nazionale cantanti a Perugia. Rutelli era sempre in ritardo, c’erano ventimila spettatori in tribuna – sia chiaro: per applaudire i cantanti, non noi – avevamo anche un collegamento con Pippo Baudo su Raiuno, e mancava all’appello proprio lui, Rutelli. Non arrivava più, allora avvertii la polizia stradale di scortarlo per farlo arrivare in tempo”. Socialisti da football? Pochi. “L’unico socialista in squadra era Paolo Cristoni”. Inutile sottolineare che anche qui, per Cirino Pomicino, la Balena Bianca era dominatrice. “Ma certo! Il regista era Carluccio Sangalli, c’era anche il fratello di Abete che giocava ala destra. I democristiani erano pochi, ma il migliore per visione di gioco era Sangalli”.

 

E’ fatta, ormai è un fuoco pirotecnico di flashback, un eterno ritorno al futuro: “La prima volta che giocammo a Roma ci sfidammo con la Nazionale austriaca e vincemmo uno a zero con un gol di un mediano comunista, ma la cosa allucinante era che organizzai anche il pubblico, non sapevo come ci avrebbero accolto, e allora chiamai i cadetti della Guardia di Finanza per applaudirci”. Pure la claque con le stellette. “Quella della Nazionale parlamentari è un’esperienza bella, che ha consentito un certo grado di umanizzazione della politica italiana” conclude da sociologo, Cirino Pomicino. Anzi no, non conclude. Drin! E’ in linea: “Sono Paolo… Mi sono ricordato un’altra cosa: giocavamo contro la Nazionale austriaca a Vienna – ricordo che al nostro seguito il Corriere della Sera inviò Vittorio Feltri – e gli austriaci giocavano come furetti, erano ovunque, non riuscivamo a controllarli. A un certo punto, da buon napoletano, mi viene un sospetto… e conto i giocatori: gli austriaci erano in dodici!”. Il diavolo è anche nel pallone. Poi sono arrivati i tempi della casta, del ringhio rabbioso, l’èra del rancore, e il genio della claque ha i suoi anni e i suoi colpi al cuore, sarebbe da mission impossible organizzare il pubblico. Ma anche il Movimento 5 stelle non può sottrarsi alla legge del gol. Altro che scie chimiche. A De Sisti piace il gioco di gambe del grillino Angelo Tofalo, ma il “ragazzo” non si presenta agli allenamenti: “Terzini destri, uno tra i più bravi, è Tofalo, però ha fatto solo un po’ di allenamenti, poi non è mai venuto a giocare. Quello è uno che potrebbe fare la sua figura a un buon livello, anche Fanucci come difensore, sono due che avrebbero potuto giocare benissimo in B o in C. Ma io non mi permetto di sollecitare chi non vuol venire”.  Tofalo, mister De Sisti ha parlato, torna in campo. Il “Picchio” non è un Grillo qualsiasi. E Fanucci? “E’ un terzino che attacca”, eccolo giostrare sulla fascia, il democratico Edoardo Fanucci, classe 1983, riccioluto, barba corta, longilineo, aria da tombeur de femme, velocissimo, sembra il Maldini di Montecitorio, meglio qui che durante le sedute della commissione Bilancio. Attrazione fatale, quella della maglia azzurra, visto che anche gli ex parlamentari continuano a venire qui a brucare l’erba e tirare calci di rigore con in testa la melodia di Francesco De Gregori. Vedere alla voce Luca Bellotti, fisico asciutto, testa rasata da Lothar del centrodestra, non ha più la casacca degli azzurri di Silvio, ma la maglia azzurra della Nazionale dei parlamentari, quella non gliela stacca nessuno di dosso: “Mi piace, qui siamo tutti amici, e poi si ride anche di quello che metteva nel conto dei gol realizzati anche quelli fatti in allenamento”. Perfidissimo Bellotti, risata generale.

 

“Picchio” mette il fischietto sulle labbra, tutti a centrocampo, divide i calciatori in due formazioni, blu e arancioni. Andiamo in panchina. De Sisti osserva, fa battute (“io fungo, fingo da allenatore qui”), squaderno il taccuino e prendo nota del 4-4-2 parlamentare, può tornare buono alla prossima votazione di fiducia da raccontare. “Non c’è equilibrio tra blu e arancioni”, commenta. Ma il ritmo mister, com’è il ritmo? “Un po’ brasiliano…”, cioè lento? “… diciamo un samba”. L’ironia di De Sisti è sottile, intrisa di passaggi sfilettati in romanesco, sono come i suoi passaggi e serpentine degli anni d’oro, un calcio diverso da quello di oggi, altra èra, altri campioni, altri uomini. “Difficilmente si può trovare in Parlamento una cosa più trasversale di questa”, commentano tutti. Ridono, perché qui l’autoironia è un ingrediente di vita: “Abbiamo giocato contro tutti, dializzati, trapiantati e naturalmente detenuti. Ci fanno giocare sempre con i carcerati”. Lato umano e qualche “difettuccio” emergono anche in campo: “Eravamo in Alta Badia, uno si scolò da solo 280 euro di vino. Pagammo alla romana”. Buon bicchiere, lo sconosciuto. Simone Baldelli (“è una seconda punta”, dice “Picchio”) con quel ciuffo un po’ così, passa dalla vicepresidenza della Camera con vignette incorporate ai parastinchi per schivare le pedate degli amici-avversari: “Ci faranno giocare al campo del parcheggio”. No, all’Olimpico, dài. Mentre Picchio fa le formazioni, Francesco Saverio Romano sfodera la battuta da navigato democristiano: “L’Olimpico? Faremo questo sacrificio. Come quando uno deve andare al governo e dice: va bene, farò questo sacrificio”. Sebastiano Barbanti giocava con il Movimento 5 stelle, poi Grillo ha alzato il cartellino rosso, ora in Parlamento ha il gagliardetto di Alternativa sociale, qui sul campo è un furetto (“uno dal rendimento continuo”, dice il mister), sa giocare a calcio e chissenefrega dei meetup pentastellati, ragazzi, palla! De Sisti fischia (“no, quello non era fallo”) fa cogitazioni, vedo lo schema della squadra brillargli negli occhi: “Lotti viene poco e anche altri in gamba… ma se potessi contare su un nucleo più stabile di giocatori… certo, Cassano gioca bene, fa il centravanti, la prima punta, anche Peretti è un calciatore valido; Maurizio Paniz ha grande passione, Mariano Rabino è un combattente, seconda punta, ma non riesco a convocarli tutti per allenarsi per bene, una volta alla settimana non basta. E così una volta mi sono ritrovato una squadra con sei punte. Nessuna squadra gioca con sei punte!”.

 


 

Picchio De Sisti con Mariano Rabino e Maurizio Paniz


 

Sembra di vederlo, lo schema di gioco in celluloide, il 5-5-5 del mister Oronzo Canà, personaggio mitico di Lino Banfi. Ecco il De Sisti stratega di gioco e movimento: “Non passano mai la palla, mannaggia, non hanno ancora capito che la corsa della palla è necessaria per non stancarsi e arrivare lucidi alla fase finale, sotto porta”. Disciplina, mica facile, dal tumulto in Aula, al disordine in campo. Martella corre, distribuisce palla, difende, ha la vocazione di quello che guida, fa il perno centrale del gioco, e in fondo è il vice del gruppo del Pd e qui in campo se ne vede la ragione, forse. “Sì, Martella è uno di quelli bravi”.

 

Rabino sbotta dal limite dell’area verso il mister: “C’è Saverio Romano che dice che non gli passo la palla!”. Confermo, dribblomane. E poi: “Cuomo che oggi non c’è è un buon centrocampista, e quello della Sudtiroler”. Certo, avere pure Lotti, sarebbe meglio là, a centrocampo. “Quello, ripeto, è bravo, il classico metodista. Ma si allena poco”. La parola “metodista” non la sentivo dal Novecento, sulle labbra di De Sisti diventa un’emozione da Città del Messico 1970. Brividi. “Abbiamo giocato contro i militari, avevano l’ordine di non accelerare troppo, poi a un certo punto uno ha percorso il campo, dribblato tutti e fatto gol”, racconta “Picchio” ridacchiando mentre un’idea pericolosa, folle, gli balena in testa: “Non mi piace perdere. Voglio pareggiare!”. Prometeico. E poi caro mister De Sisti, come dici tu, in giro c’è parecchia gente avvelenata che ti dice “menaje a quelli”, e invece no, caro “Picchio”, gli avvelenati non lo sanno, qui, sotto una pioggia fine, alla Cecchignola, stasera, voi avete già vinto, perché qui c’è la magia del calcio, il sogno a occhi aperti di Gesualdo Bufalino: “Ho segnato molti goal all’Inghilterra e al Brasile, prima di addormentarmi, dopo una fuga sulla sinistra”. Gol.

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