Foto Fabrizio Corradetti/LaPresse

all'olimpico

L'estate da alternativa poco credibile di Andrea Belotti

Marco Gaetani

Mentre la Roma è ancora alla ricerca di un centravanti, l'attacco della squadra di José Mourinho sarà guidato dall'attaccante azzurro al quale non sembra bastare un passato ricco di gol e una stagione di grande sacrificio per la squadra

A meno di cataclismi, e nel calcio di oggi non si può mai dire, domenica pomeriggio, in un Olimpico prossimo al tutto esaurito nonostante l’onda lunga del Ferragosto, al centro dell’attacco romanista ci sarà Andrea Belotti, il Gallo che ha smesso di cantare. Nella strana estate giallorossa, con un mercato bloccato tra mancanza di liquidità e paletti imposti dalla Uefa, alla ricerca disperata di plusvalenze per far quadrare il bilancio, l’inseguimento a un centravanti – addirittura due, secondo le indiscrezioni delle ultime settimane – è stato il ritornello di sottofondo, tra messaggi più o meno subliminali lanciati da Mourinho e un’esigenza obiettivamente resa impellente dall’infortunio patito da Tammy Abraham nell’ultimo match ufficiale della scorsa stagione, contro lo Spezia.

Mai, in questi mesi, Belotti è stato ritenuto da piazza e addetti ai lavori un’alternativa credibile. Questo nonostante un ruolino da 100 gol in sette stagioni con la maglia del Torino: troppo pesante quello “zero” alla voce reti realizzate nel suo primo campionato romanista, segnale di un’aspettativa tradita nonostante un minutaggio inferiore persino a quello dell’ultima stagione granata, funestata dagli infortuni. Eppure Belotti resta un centravanti di razza, che agli ordini di Mourinho ha accettato di sacrificare parte di sé per il bene della squadra, trovando spizzichi di felicità soltanto in Europa League e in Coppa Italia, e poco ci è mancato che non arrivasse il graffio decisivo nella infinita finale contro il Siviglia, murato soltanto da un monumentale Bounou. Ma se in altri ruoli la retorica del giocatore che si sacrifica ed esce “con la maglia sudata” non solo è ammesso ma è addirittura auspicato, quando un centravanti non vede la rete gonfiarsi non può certo accontentarsi delle pacche sulle spalle.

Sta di fatto che il mercato al rilento dei giallorossi, destinato all’impennata soltanto in coda grazie ai milioni piovuti dal cielo arabo per rilevare Ibañez, concede a Belotti almeno un’occasione, quella casalinga contro la Salernitana, in una partita che ha il sapore della trappola visto il forfait per squalifica di Pellegrini e Dybala: il peso dell’attacco sarà dunque tutto sulle sue spalle e su quelle di El Shaarawy, alla ricerca di un riscatto che fino a questo momento ha inseguito in silenzio. Nessuna polemica da parte sua, neanche in un’estate in cui ha sentito sulla pelle il graffio della fiducia che scivolava via. Soltanto una dichiarazione fugace al termine dell’improvvisato ritiro portoghese, per ricordare alla piazza e ai critici l’importanza del non aver svolto la preparazione con Mourinho un anno fa e dei problemi fisici che lo hanno frenato a novembre, sul più bello, quando avrebbe potuto provare a recuperare terreno durante l’inedita sosta mondiale.

A mettere ulteriore benzina sul fuoco della rinascita, le voci che vorrebbero la Roma su almeno due attaccanti, che sia Zapata, Marcos Leonardo, Muriel o chissà quale altro colpo dell’ultimo istante tenuto ancora segreto da Tiago Pinto. Un doppio intervento che avrebbe il sapore del definitivo declassamento nelle gerarchie di Mourinho, la certificazione che di questo Belotti non ci si può fidare. Ma prima c’è il campo, un avversario ostico, novanta minuti da vivere a mille all’ora davanti a uno stadio adorante, in un caldo incessante. Il Gallo sa di non poter sbagliare, solo così potrà tornare a cantare e alzare la cresta.

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