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la finale di Europa League

La nuova vita di Stephan El Shaarawy con Mourinho

Marco Gaetani

la seconda stagione di El Shaarawy al Milan, quando di anni ne aveva 19, era stata folgorante, una promessa di grandezza. Poi le cose sono andate diversamente. Ora però il ligure è cresciuto, ha capito l'importanza del sacrificio, è l'uomo più in forma nella Roma che si gioca l'Europa League

Quando aveva scelto l’auto (e il lauto, economicamente parlando) esilio in terra cinese, in drastico anticipo rispetto alla tabella di marcia che generalmente porta i giocatori europei in campionati lontani e poco gloriosi per mere ragioni economiche, sul conto di Stephan El Shaarawy era stata posta l’etichetta del calciatore poco ambizioso, pronto a rinunciare agli anni migliori in Europa, visto che in quel momento non era ancora ventisettenne, pur di fare cassa. Aveva detto di cercare la felicità, non gli aveva creduto nessuno. Quindi aveva capito di averlo già trovato, il luogo in cui essere felice, spingendo per tornarci. A due anni e mezzo da quella scelta, da quel ritorno a Roma dall’esilio, El Shaarawy non solo si è riscoperto giocatore fondamentale per una squadra che stanotte va a caccia dell’Europa League, ma è con ogni probabilità l’uomo più in forma a disposizione di José Mourinho.

Il problema dei talenti precoci è che finiamo per ricoprirli di aspettative che non sempre riescono a mantenere: la seconda stagione di El Shaarawy al Milan, quando di anni ne aveva 19, era stata folgorante, una promessa di grandezza e meraviglia che ci aveva riempito gli occhi e ci ha portato a calcolare una tara difettosa. Tutto ciò che è seguito è stato paragonato a quell’anno irripetibile, finendo per offuscare i risultati raggiunti da un giocatore che ora, alla soglia dei trent’anni, è manna dal cielo per qualsiasi allenatore. Mourinho ha abbracciato con entusiasmo un El Shaarawy duttile, predisposto al sacrificio, reimpostato tatticamente già dalla seconda parentesi romanista di Luciano Spalletti: non solo esterno d’attacco con licenza di colpire sotto porta e da fuori area, ma anche faticatore a tutta fascia. L’intuizione dell’allenatore toscano ha consegnato al portoghese, qualche anno dopo, un giocatore totale, che non ha perso la capacità di far male in zona gol e allo stesso tempo può farsi carico di impegni ben più gravosi: Mourinho aveva già trasmesso l’importanza del sacrificio a un finalizzatore feroce come Samuel Eto’o, farlo con questo El Shaarawy già “mentalizzato” da Spalletti è stato un passaggio tutto sommato semplice.

Il tutto senza dimenticare che il ligure sa perfettamente come rendersi pericoloso tra le linee e in area di rigore: non ha mai perso i movimenti da seconda punta, come testimonia il graffio decisivo nel ritorno contro il Feyenoord, e sa anche cucire il gioco tra il centravanti della Roma, figura spesso costretta all’isolamento, e il centrocampo. Si è preso la squadra sulle spalle nelle settimane in cui gli infortuni hanno fiaccato Dybala e Pellegrini e ha riscoperto la propria importanza soprattutto da gennaio: nel momento in cui la Roma ha perso Zaniolo, El Shaarawy è tornato Faraone. Il suo contratto è in scadenza ma non c’è tempo per pensare al futuro, nemmeno a un Milan che sembrerebbe aver bussato nuovamente alla sua porta. “O tutto o niente” ha scritto su Instagram due giorni fa, il resto non conta. A Budapest sogna un’altra notte da protagonista.