Foto Epa, via Ansa

ciclismo

Il buon tempo di Lorenzo Milesi

Giovanni Battistuzzi

L'italiano ha vinto la prova a cronometro degli under 23 ai Mondiali di ciclismo di Glasgow. Il suo sguardo felice e incredulo sul podio iridato e la preparazione che ci vuole nella gestione della gioia. Secondo il grande favorito Alec Segaert

È stato come un déjà vu. Non la gara, ce ne è mai una uguale all'altra, nemmeno quelle a cronometro. Dopo la gara, negli occhi del vincitore. C'è qualcosa quasi identico nello sguardo che aveva Lorenzo Milesi sul podio al termine della cronometro individuale maschile under 23 dei Mondiali di Glasgow e quello di Søren Wærenskjold poco meno di un anno a Wollongong, Australia, dopo la conclusione della stessa prova. Due occhi felici, non potrebbe essere altrimenti, soprattutto parecchio increduli, quelli di chi hanno capito di averla fatta grossa, di essere l'imprevisto in una narrazione che prevedeva per forza un altro finale.

Non dovevano essere loro a salire su quel gradino del podio. Non era previsto che fossero loro. Lo dicevano tutti e a forza di sentirlo dire da tutti veniva difficile pensare che potesse andare altrimenti. Quella maglia iridata doveva essere del belga Alec Segaert perché di corridori bravi come lui a cronometro ce ne sono pochi in giro, nessuno – a eccezione di Joshua Tarling, ma che correrà, a diciannove anni, la prova degli elite contro Filippo Ganna, Wout van Aert, Remco Evenepoel e compagnia – della sua età. Eppure oggi come poco meno di un anno fa Alec Segaert ha trovato qualcuno più veloce di lui nel giorno nel quale non ne avrebbe dovuto trovare. Era stato Søren Wærenskjold a Wollongong, è stato Lorenzo Milesi a Stirling.

Forte è sempre andato forte Lorenzo Milesi contro il tempo, ma quando qualcosa si pensa difficilmente realizzabile ci si sente quasi impreparati alla gioia. È totalitaria, a tal punto mettere in crisi le parole. C'è bisogno di preparazione anche nella gestione della contentezza.

“Ancora non ho realizzato, ho bisogno di qualche momento, è bello, incredibile”, ha detto l'italiano. “Sono stupito, ho bisogno di tempo per rendermi conto di quanto è successo, c'è da non crederci”, aveva ammesso il norvegese in Australia. Anche lui era sempre andato forte a cronometro. Anche lui si è sentito quasi fuori posto, del tutto impreparato.

Lorenzo Milesi questa primavera, in un'intervista a oasport.it e in altre occasioni, aveva detto di non sapere che corridore poteva diventare, che gli sembrava giusto prima di tutto mettersi al servizio della squadra – corre nel World Tour per il Team dsm-firmenich – e che ci sarebbe voluto un po' per capirlo. Se l'è cavata finora abbastanza bene, si è dato da fare, è caduto qualche volta, s'è preso qualche botta di troppo, va così a molti.

Ha tempo per trovare la sua dimensione Lorenzo Milesi. Ventun anni non sono niente, sebbene a ventun anni ormai si sale sul podio di grandi corse a tappe o si vincono classiche. Il ciclismo rimane uno sport dove la consapevolezza di ciò che si può fare e fino a dove ci si può spingere ha ancora un suo peso, nonostante un manipolo di ragazzotti con più talento che anni sembra dire il contrario.

E sembra sulla buona strada per capirlo Lorenzo Milesi. Ha scelto di andare all'estero, di prendere la via d'Olanda. È tutto più tranquillo lassù, le vittorie sono vittorie non dichiarazioni di domini futuri e gli errori li si possono fare senza trasforma tutto in tragedia. Il melodramma fortunatamente non ha attecchito ovunque.

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