Michelangelo Minieri nel 2006, mentre contende una palla a Zlatan Ibrahimovic con la maglia dell'Ascoli (foto Ansa)

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Alessandro Rimi

Minieri, oggi procuratore: “Il calcio deve regalare emozioni. Se non credo in un ragazzo non fingo”

Michelangelo Minieri quando giocava faceva già il procuratore. La testa di chi in campo vuole andare in alto, l’intuizione di chi sa costruirsi il futuro nel percorso. Ambizione e disciplina, le idee chiare da sempre. Ha imparato presto che le scelte possono risultare cruciali per raggiungere uno scopo. Nel 2002 la Fiorentina di Vierchowod, che riparte dalla catastrofe, lo mette al centro del progetto, accanto ad altri pezzi pregiati. Di Livio, Quagliarella, Riganò e un intero elenco di sostanza. 35 mila tifosi in C2. “Respiravi qualcosa di diverso - dice Minieri - Partimmo con due canottiere ciascuno e finimmo con uno sponsor da club internazionale. L’anno dopo, in Serie B, arrivarono molti giocatori di livello e io spinsi per andare via. Temevo di non trovare più spazio, ma oggi è un errore che non rifarei e che mi porto ancora dietro”. Scelte, appunto. Però è grazie al coraggio di farle che si ritrova a Trieste con Alberto Aquilani, poi in un Ascoli da Serie A.

 

Sogni inaspettati, la testa giusta per coronarli. “Non avevo particolari qualità atletiche - riconosce Minieri - ma ho saputo gestirmi bene, con la mentalità che serve per tagliare il traguardo che volevo. Ero un malato del mio lavoro e penso che i miei ex compagni lo ricordino. Ma quando capii che la fine stava ormai arrivando, smisi con un anno di anticipo per iniziare subito a concentrarmi sul nuovo percorso di agente”. Michelangelo disse basta a 31 anni appena compiuti, non senza un po’ di sofferenza. Ha a che fare con quello che gli ex calciatori chiamano distacco dal mondo. “Perché il calcio in fondo è un riflesso finto della vita reale - aggiunge l’ex difensore - scompare non appena cala il sipario. Oggi però rivivo ogni emozione negli occhi dei ragazzi che rappresento”. Fabbricare superstrade per la nuova generazione di calciatori, con la stessa dedizione che avrebbe offerto a se stesso. Era questa la nuova missione. “Osservavo molto il mio procuratore - racconta Minieri - parlavo con i direttori dei club dove giocavo, conoscevo gli agenti dei miei compagni di squadra che non a caso, oggi, non si stupiscono del percorso che sto facendo. Stavo già programmando la mia nuova vita”. Un ex calciatore che diventa agente, con tutta l’eredità degli anni passati in campo: principi forti, sacrifici che ti segnano, rapporti di una vita, piena conoscenza dello spogliatoio. “Spesso basta un messaggio o il tono della voce per leggere il morale del calciatore dopo una partita - conferma Minieri - Ho vissuto ogni sensazione prima di loro e certe dinamiche le conosco alla perfezione. Aver giocato al fianco di grandi calciatori, ascoltato le parole di allenatori di alto livello, mi aiuta a offrire ai miei ragazzi i consigli di cui hanno bisogno”. Dopo l’addio al calcio, per diversi anni Minieri lavora con un altro agente. Eppure da tempo avverte la necessità di sviluppare una creatura tutta sua, di controllare ogni dettaglio operativo. Così nasce una nuova agenzia, un nuovo mondo che porta le sue iniziali. MM Management ha iniziato a ballare nel mondo del calcio e della procura da circa un anno. In gestione talenti col pedigree.

Un po’ di nomi: Kouamé, Bonifazi, Orsolini, Cancellieri e Cambiaghi, ma la lista continua ed è lunga. Un modus operandi che ruota sempre attorno ai soliti, fondamentali, pilastri: passione, rapporti, testa. “Che ho sempre messo al centro del mio cammino in campo - precisa l’agente romano - e vorrei che fossero i perni anche della mia agenzia. Quando sento dire dei miei calciatori che hanno testa, per me è un vanto enorme. Tra me e loro c’è stima, rispetto e lealtà: se manca anche solo una di queste condizioni, meglio fermarsi subito”. Perché se è vero che l’unico a poter determinare la qualità di una carriera è il calciatore stesso, il grande agente è colui il quale riesce a proteggerlo e ad esaltarlo. C’è sempre. Un’ombra, una forza e una coscienza in più. “Il calciatore deve concentrarsi solo e soltanto sul campo perché basta un attimo per distrarsi - sottolinea Minieri - Io lo so e non posso permetterlo a nessuno di loro. È essenziale mangiare e dormire bene, lavorare sul fisico e sui difetti, settarsi al meglio sugli allenamenti e sulla partita. Il calcio è un treno che viaggia per 15 anni e in quel tempo bisogna spingere al massimo per raggiungere il top”.

 

Amen. Prendere tutto, non lasciare nulla, spingere al massimo, capitalizzare i privilegi. Quanto è facile cedere alle tentazioni, all’isola che non c’è. Ai soldi, prima del percorso e delle relazioni che contano. Per questo ci si sceglie in due, ci si riconosce nei valori. “Voglio essere per i miei calciatori ciò che io sognavo per me - continua Minieri - Compagno, tutela e fiducia incondizionata. Uno da cui imparare e grazie a cui poter crescere ogni giorno. In loro cerco sempre affinità, sincerità ed equilibrio. Ho visto agenti rappresentare fenomeni e poi smettere di lavorare dopo pochi anni, perciò nel momento di euforia non mi esalto e nella difficoltà non mi abbatto. Bisogna sempre restare sulla terra”. Per forza, in questo mondo di follie che è il football. Le persone e il rispetto contano molto più dei contratti milionari. Quando ti siedi al tavolo per trattare, il calciatore di Serie A vale quello di Lega Pro. “Sono una persona molto umile e non dimentico da dove sono partito - ricorda Minieri - Un incontro di mercato può aprire un varco decisivo per il percorso del calciatore, per questo occorre possedere una conoscenza totale di ogni singolo dettaglio. Credo che il bravo agente sia colui il quale riesce a pescare la chiave giusta sulla base del momento, del contesto, dei dirigenti che ha di fronte. E tutto per il solo interesse di chi rappresenta”. La credibilità di fronte ai più esperti dirigenti d’Italia Minieri se l’è costruita pezzo dopo pezzo. Con l’eredità naturale di chi sa vendere il proprio prodotto. “Sono cresciuto nella gioielleria dei miei genitori - conclude l’ex centrale - Entrambi credevano a ciò che stavano vendendo e questo faceva la differenza. Io se non credo in un calciatore, non so fingere. Ma se ci credo combatto per portarli oltre l’immaginazione. Ognuno di loro è come un figlio, non certo un business. Questa è la mia agenzia”. Di passione parlano tutti, ma la verità è che questa divampa negli occhi di pochi. Michelangelo Minieri parla dei suoi ragazzi come fossero gioielli: sono tutti lì, allo stesso livello. Un calciatore che s’è fatto da solo con pazienza, strategia e tanto lavoro. Ora da agente è lo stesso: non c’è posto per tutti, ma chi c’è di sicuro viaggia in prima classe. Extra-comfort.

(4 - fine. Le precedenti puntate dedicate a Cirillo, Branca e Marchisio)

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