Annemiek van Vleuten (foto tratta dal profilo Twitter del Team Movistar)

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Annemiek van Vleuten ha trovato le risposte

Giovanni Battistuzzi

Mancano ancora pochi mesi e la campionessa olandese si ritirerà dal ciclismo professionistico. C'è ancora un Tour de France Femmes però da vincere per ripetere, a un anno di distanza, un'altra tripletta nei grandi giri. Il Giro d'Italia l'ha appena vinto

Annemiek van Vleuten non era più abituata a passare una primavera con tante domande e pochissime risposte confortanti. Era dal 2015 che raggranellava e metteva da parte almeno un po' di soddisfazioni già a inizio stagione: qualche vittoria, qualche ottimo piazzamento nelle grandi corse, più di un successo in quelle gare che fanno sono il sono l’obbiettivo di tutti, ma che le vincono in poche, solo le più forti: Giro delle Fiandre, Liegi-Bastogne-Liegi, Valkenburg Hills Classic (che fino a quando è stata disputata era parecchio ambita), Omloop Het Nieuwsblad, Durango-Durango Emakumeen Saria, Strade Bianche.

Otto anni nel ciclismo sono molto, a volte una carriera intera. La sua è parecchio più lunga, è iniziata nel 2008, a ventisei anni, tardi ma lo si può capire: prima c’era il calcio, giocato a buon livello e soprattutto lo studio di Scienze animali all'Università di Wageningen.

Otto anni sono molti, soprattutto se si inanella un podio dietro l’altro, moltissime vittorie, mentre si ha a che fare sui pedali con campionesse come Marianne Vos e Anna van der Breggen, che negli anni migliori vinceva tanto, quasi tutto. E sono molti soprattutto se le primavere alle spalle sono quaranta e a ottobre gli anni diventeranno quarantuno. S’era chiesta se aveva ancora qualcosa da dare, se non aveva sbagliato a continuare ancora un anno, se non fosse stato meglio chiudere l’anno scorso, al termine di una stagione strepitosa conclusa con la maglia di campionessa del mondo indossata a Wollongong (con un gomito rotto). S’era risposta che solo il tempo l’avrebbe detto, che valeva la pena di aspettare un po’ prima di trarre conclusioni, affrontare il peso delle decisioni prese. D’altra parte di delusioni nelle corse in linea ne aveva già avute, perché le gambe sembravano girare bene nonostante i risultati inferiori alle attese (ma comunque niente male se non si indossasse la maglia di campionessa del mondo), perché il suo meglio l’aveva sempre dato nelle corse a tappe.

Negli ultimi due mesi la risposta è arrivata. Valeva davvero la pensa di aspettare. A maggio Annemiek van Vleuten ha vinto la Vuelta Femenina davanti a Demi Vollering – che aveva dominato in primavera nelle classiche, dalle Strade Bianche alla Liegi-Bastogne-Liegi – e Gaia Realini. Ieri ha concluso in maglia rosa il Giro d’Italia con tre vittorie di tappa e quasi quattro minuti di vantaggio su Juliette Labous e 4’23” su Gaia Realini. La seconda e la terza messe insieme hanno vissuto cinque anni in più di lei.

Terza Vuelta vinta di fila. Secondo Giro d’Italia vinto consecutivamente. Dal 23 al 30 luglio c’è la seconda edizione del Tour de France Femmes. La prima, un anno fa, l’aveva vinta lei. Dovesse ripetersi sarebbe la seconda tripletta di fila.

Valeva la pena aspettare. E vale la pena aspettare il Tour de France Femmes per vedere che succederà. Per vedere se Annemiek van Vleuten riuscirà ancora una volta a rendere magnetico e vincente il suo incedere in bicicletta.

Sono anni densi questi per il ciclismo. Una stratificazione velocissima e abbondante di ricordi di scatti, entusiasmi e gioie a pedali.

Va così nel ciclismo maschile, grazie a corse che più che all’antica si sono fatte postmoderne ed eccitanti. Grazie ai i duelli tra Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard, come anche a quest’ultimo Tour de France, tra Wout van Aert e Mathieu van der Poel, per Remco Evenepoel e Julien Alaphilippe, per Tom Pidcock ed Egan Bernal (sperando possa ritornare ad alti livelli dopo aver rischiato la morte)

Va così nel ciclismo femminile, grazie anche ad Annemiek van Vleuten. E ad avversarie capaci di impensierirla, infastidirla, poi di essere battute per esibizione di classe in bicicletta. Negli ultimi anni abbiamo assistito a corse entusiasmanti, a grandi dimostrazioni di forza, a dominii cannibaleschi e corse incerte sino all’ultimo. E questo grazie e a volte nonostante Annemiek van Vleuten.

Mancano pochi mesi ancora e l’èra Annemiek van Vleuten finirà. Mancano poche gare ancora per continuare quel romanzo incredibile di vittorie che l’ha resa una corridora che sarà impossibile dimenticare. C’è un Tour de France per rendere ancor più incredibile la sua carriera. C’è un altro Mondiale da vincere, altri pubblici da salutare, altri, molti, applausi da prendere. Perché ci sono sempre e solo applausi per lei, per lei che era battuta ed è diventata imbattibile. O forse no. Forse non imbattibile, forse solo difficile da battere. “Sono un essere umano, ho dei limiti, sbaglio, faccio pasticci. Poi però mi riprendo, mi rilancio. Per pedalare ci vuole soprattutto buona volontà. È questo la cosa che non deve mai mancare assieme alla passione”. Annemiek van Vleuten ne ha ancora a pacchi.

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