Foto tratta dal profilo Twitter dell'Uci 

Wollongong 2022

La catena della scalogna alla cronostaffetta mista a squadre

Giovanni Battistuzzi

La Svizzera vince l'oro nel Mixed Relay TTT, l'Italia è seconda per nemmeno tre secondi. Ai Paesi Bassi capita di tutto: catene che saltano, cadute, scontri con gabbiani

C’è niente che preveda la perfezione nel ciclismo come la cronostaffetta mista a squadre, per inglesismo Mixed Relay TTT. È questione di capacità di andare forte, ma assieme, di sincronismo e attenzione a quello che si ha nelle gambe e, soprattutto, a quello che le gambe degli altri, dei compagni, hanno da dare, possono dare. Si possono mica improvvisare le cronostaffette a squadra, allo stesso modo delle cronometro a squadre. Serve colpo d’occhio e colpo di pedale, limare al minimo le ruote, e a cinquanta all’ora di media, su biciclette che sono mica maneggevoli come le altre, quelle di tutti i giorni, approssimarsi a essere un meccanismo meccanico perfetto.

 

È un bel format la cronostaffetta mista a squadre ai Mondiali di ciclismo: un circuito (quest’anno di 14,1 chilometri), tre uomini e tre donne che pedalano assieme. Partono gli uomini, poi, dopo il cambio, tocca alle donne. Chi ci mette meno vince, come sempre nel ciclismo (è più pronto il ciclismo per i Malabrocca, i Pinarello, i Carollo, per la maglia nera).

 

È mica un calcolo esatto la cronostaffetta-cronosquadre. Si vince mica perché si schierano i più forti corridori a cronometro in una cronostaffetta o cronosquadre. Avere gente valida contro il tempo è questione necessaria, ma non sufficiente per primeggiare. Il perché lo spiegò nel 1981 Peter Post, allora direttore sportivo dell’olandese TI-Raleigh, all’Equipe: “Non ho in squadra i migliori cronoman al mondo. Ho corridori bravi a cronometro, ma non i migliori. Però nelle cronometro a squadre vinciamo noi, perché ho uomini che sanno andare in bicicletta assieme, sanno pedalare come fossero un’unico organismo, perché hanno la capacità di adeguarsi l’un l’altro”.

 

Era meraviglioso vedere correre le cronometro a squadre alla TI-Raleigh. Dieci corridori che erano un corpo unico. Dal 1978 al 1982 non persero una cronosquadre al Tour de France: sette successi di fila. Peter Post, aveva applicato alla strada i principi della pista (fu uno dei migliori seigiornisti della storia delle Sei giorni), costruì l’amalgama perfetto, certo aiutato dall’avere a disposizione corridori come Joop Zoetemelk, Gerrie Knetemann, Jan Raas, Johan van der Velde, Henk Lubberding, ossia campioni e gran interpreti dell’andare incontro al tempo.

 

L’amalgama migliore, quello d'oro, oggi era quello della Svizzera, che schierava un sestetto niente male, con tre locomotive come Marlen Reusser, Stefan Bissegger e Stefan Küng. L’Italia di Edoardo Affini, Elena Cecchini, Filippo Ganna, Vittoria Guazzini, Elisa Longo Borghini e Matteo Sobrero è arrivata seconda, con tre secondi di troppo, nonostante la rimonta del terzetto femminile. Bronzo all’Australia.

 

Un amalgama per essere perfetto ha però bisogno anche di altro: “L’importante è che la sfortuna non si metta di mezzo. E la sfortuna è sempre meccanica. Perché se cadi per errore è colpa tua, ma se fori o il cambio ha problemi ci si può fare niente. A meno che non dipenda da una cambiata fatta male. Quando succede mi adiro”, spiegò Post.

 

Oggi ai Paesi Bassi è capitato tutto questo. C’era, forse, niente di meglio di Mathieu van der Poel, Daan Hoole, Bauke Mollema, Ellen van Dijk, Riejanne Markus e Annemiek van Vleuten al via della cronostaffetta mista a squadre ai Mondiali di Wollongong oggi. Niente di meglio almeno per talento medio distribuito. È andata male, malissimo. A schifio.

 

C’hanno pensato prima gli uomini, poi c’hanno messo del loro anche le donne. A Bauke Mollema è scesa la catena, forse per un problema al cambio, forse per una cambiata sbagliata. Cambio di bici, prova compromessa dopo nemmeno tre minuti dal via. In due perdono quaranta secondi dai primi, gli svizzeri, venticinque dai terzi, i danesi. Rimonta non impossibile: van Dijk, Markus, van Vleuten sono fortissime, possono pure fare il colpaccio. La scalogna però se la prende ancora con i Paesi Bassi. La corsa di Annemiek van Vleuten dura pochi metri, ventidue pedalate. Cade subito, salto di catena, il ginocchio tocca il manubrio e patatrac (come ha confermato anche Cyclingnews).

 

Tutta colpa della sfortuna? Due indizi non fanno una prova, tre sì. Bauke Mollema, mentre era impegnato a concludere il suo giro di circuito è stato centrato da un gabbiano.

 

   

C’ha problemi coi volatili australi Mollema, deve aver qualcosa che li attira a quelle latitudini. Fosse la prima volta... è mica la prima volta che accade: in allenamento era stato urtato da una gazza.