Una foto di Valentino Mazzona (archivio Figc)

Il Foglio sportivo - Storie di storie

Il Grande Torino tra Valentino Mazzola e Zeus

Mauro Berruto

Il ricordo del 4 maggio 1949 e del tragico incidente aereo di Superga. Il dolore sconfinato di un paese e la letteratura granata nella storia immortale di una squadra

Ogni 4 maggio, da tifoso granata, devo onorare la memoria del Grande Torino, una squadra che grazie alla bellezza del suo gioco e alle sue vittorie, contribuì alla felicità di un paese che si stava risollevando dalle macerie della Seconda guerra mondiale. Quel 4 maggio 1949, il giorno del tragico incidente aereo di Superga, il paese si unì in un dolore sconfinato. Ora diventerà una data storica anche per i tanti tifosi del Napoli: il giorno del terzo Scudetto. Come in ogni aspetto della vita, gioia e dolore si intrecciano, si rincorrono, si muovono simmetricamente. Noi, tifosi del Toro, ogni 4 maggio ricordiamo le gesta di una squadra che non abbiamo mai visto giocare e trasmettiamo, ai nostri figli, una filastrocca da recitare tutta d’un fiato: BacigalupoBallarinMarosoGrezarRigamontiCastiglianoMentiLoikGabettoMazzolaOssola.

 

Siamo increduli di fronte al loro essere capaci, ogni 4 maggio, di farci accapponare la pelle quando a Superga il capitano del Toro (quest’anno l’onore è toccato ad Alessandro Buongiorno, ragazzo nato e cresciuto a Torino e che il giorno prima aveva segnato il suo primo gol in Serie A!) scandisce i loro nomi in mezzo a tifosi di ogni età con gli occhi lucidi. Quando quella lista arriva a Valentino Mazzola, c’è un’eccezione: “Il nostro Capitano”. Il nostro Capitano è stato meravigliosamente raccontato da Francesco Bramardo, Gino Strippoli, Valentino Mazzola. Morirò giovane… Lettere e segreti del Capitano del Grande Torino (Priuli & Verlucca, 2023). Un libro che si aggiunge all’ampia letteratura granata e si concentra sulla storia di un immortale del Toro. Nel 1951, due anni dopo la tragedia, la moglie in seconde nozze di Capitan Valentino sfoglia un libro dei ricordi, confidando i segreti di quel calciatore, uomo e marito. Consegna così alla storia lettere e scritti di Valentino custoditi gelosamente. Un libro diverso dal solito, a metà fra romanzo e saggio storico.

 

Un ritratto di uomo con fragilità, paure, non uno stinco di santo, ma un giocatore moderno sul campo e fuori, un sindacalista sportivo, capace di farsi fotografare con i partigiani: lui in pantaloncini, loro con i fucili in mano. Non c’è quella foto (ma ne garantisco personalmente l’esistenza) tra le tante, bellissime, che accompagnano il testo, ma Bramardo e Strippoli raccontano, citano, fanno parlare coloro che hanno conosciuto Valentino da figli (Sandro e Ferruccio) da avversari (Borel, Piola, Parola). Raccolgono aneddoti e statistiche di questo campione. Ne tratteggiano anche un testamento sportivo: “Si può vincere sempre nel calcio, l’importante è non rimanere ostili ai cambiamenti”. Un ritratto fatto di carne, tendini e sangue di un atleta diventato, in un tragico pomeriggio, immortale. L’unico abbinamento possibile è quello al saggio di Laura Pepe, I tendini di Zeus. Corpo, anima e immortalità nel mito greco (Solferino, 2023). “Attraverso il corpo, e attraverso le azioni che il corpo compie, gli uomini possono conquistarsi l’immortalità” c’è scritto in quarta di copertina. C’è qualche differenza fra Achille, Ettore o Valentino? Nessuna. Compresa la struggente sorte di morire giovani. È il destino di chi è kalòs kai agathós, “bello e buono” e destinato alla gloria immortale. Perché lo sport è epica e perché, come scriveva Menandro, muore giovane chi è caro agli dei.

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