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Dove può arrivare l'Italia del rugby femminile nel Sei Nazioni che rinizia. Parla il ct Nanni Raineri

Alessandro Ferri

Dopo le sconfitte contro Francia e Inghilterra, fuori portata per le azzurre, la Nazionale incontra Irlanda, Scozia e Galles. "È come se fossero due tornei diversi – dice il coach Nanni Raineri –, ma non dobbiamo cadere nel tranello di credere che allora possiamo giocare con sufficienza"

È come se la nazionale italiana di rugby femminile quest’anno stia giocando due Sei Nazioni in uno. Il primo è finito il 2 aprile e ha visto le Azzurre giocare contro due delle squadre più forti del mondo: la Francia e, soprattutto, l’Inghilterra, una formazione che fa paura per potenza fisica e risultati, capace di vincere le ultime 4 edizioni del torneo senza perdere nemmeno una partita e sconfitta in finale alla Coppa del Mondo 2022 dalla Nuova Zelanda, che ha fatto una mezza impresa, nonostante il valore della sua rosa. Il secondo invece inizierà il 15 aprile e sarà contro Irlanda, Scozia e Galles. Due gare in casa, la prima e l’ultima, contro tre squadre decisamente alla portata delle Azzurre, che si trovano al quinto posto nel ranking mondiale e che hanno le capacità e il talento per poter provare quantomeno a portare a casa tutte e tre le partite.

   

Coach Nanni Raineri è più cauto, fedele al ruolo che ricopre da solo qualche mese: "Sì, è come se fossero due tornei diversi – dice –, ma non dobbiamo cadere nel tranello di credere che allora possiamo giocare con sufficienza, perché troviamo tre avversarie che vogliono fare bene e provare a portare a casa punti importanti. L’Irlanda, per esempio, è cresciuta molto negli ultimi anni, ci aspettiamo una sfida fisica e difficile. Parlo di loro perché sono le nostre prossime avversarie, ma il discorso vale anche per Scozia e Galles".

 

L’Italia ha giocato una buona gara contro la Francia, tra le mura amiche dello stadio Lanfranchi di Parma e ha fatto quel che ha potuto con l’Inghilterra. Risultato: zero vittorie, qualche infortunio (su tutti quelli più seri di Turani, Busato e Sgorbini), ma anche qualche buona indicazione per Raineri.

 

"Con la Francia abbiamo avuto problemi con le fasi statiche, ma siamo riusciti a metterci in ordine già con l’Inghilterra. Uno vede il risultato – spiega il ct – e pensa che non ci sia niente di buono da salvare in una partita finita 68-5, invece ci sono state cose molto positive, a cominciare dall’atteggiamento delle ragazze, che si sono adattate subito al contesto internazionale nonostante al momento il campionato italiano, in cui giocano quasi tutte, non sia allo stesso livello di quello inglese".

  

Effettivamente c’è grande differenza tra Italia e Inghilterra, ma il movimento del rugby italiano sta crescendo moltissimo. In quindici anni sono aumentate le tesserate, sono nate nuove squadre e la federazione ha aumentato notevolmente l’impegno, dalla creazione della selezione under 20, fino alla contrattualizzazione di 25 giocatrici. Una scelta, quest’ultima, importante, che cerca di aiutare le atlete che vivono in un eterno limbo tra lavoro, studio, vita privata e vita di campo.

 

"Spesso – racconta Raineri – non abbiamo a disposizione tutte le giocatrici durante la settimana prepartita, perché magari hanno turni di lavoro, o stanno preparando un esame, o entrambe le cose. Per questo il loro talento mi stupisce ancora di più. Facendo un nome su tutti, penso alla capitana, Elisa Giordano, che lavora (è una terapista occupazionale, ndr.) e poi va ad allenarsi col club o con la nazionale. Un comportamento che deve essere un esempio, ma che la Federazione sta cercando di premiare".

   

La sfida con l’Inghilterra ha evidenziato un gap importante tra le squadre decisamente professionistiche e quelle che non lo sono. Un gap momentaneamente incolmabile: Inghilterra irraggiungibile da chiunque, poi la Francia, a seguire tutte le altre, con l’Italia che vuole il terzo posto in questa graduatoria.

 

E se nasce un dubbio sul rischio anche fisico di far giocare selezioni di livello diverso, Raineri non si nasconde, anzi tira fuori tutta la sua esperienza da ex Azzurro: "Lo sappiamo tutti – dice con sicurezza e tradendo il suo accento tipicamente romano –, il rugby è uno sport duro, a qualunque livello. Gli infortuni capitano e non ci si può nascondere dietro l’alibi del valore delle avversarie. Squadre come L’Inghilterra, il Canada, gli Stati Uniti, la Nuova Zelanda, la Francia sono molto fisiche, è vero, ma l’Italia è al quinto posto nel ranking perché vale molto e perché può far bene e crescere anche in questo senso. Iniziamo dall’Irlanda, poi prepareremo quella con la Scozia, solo a quel punto penseremo al Galles per concludere. Io sono qui da pochissimo e devo ancora capire bene alcune cose, ma sto cercando di portare le mie idee di gioco in un gruppo che è molto unito e rema all’unisono verso l’obiettivo".

   

Raineri è arrivato alla guida della nazionale femminile sostituendo Andrea Di Giandomenico, che è l’allenatore che ha il record mondiale di permanenza con una sola nazionale (13 anni, dal 2009 al 2022). Fare meglio di lui, che ha portato l’Italia per la prima volta nella storia ai quarti di finale di un mondiale (una cosa che neanche i colleghi uomini hanno mai fatto), è difficile, ma tentar non nuoce.

   

Prima però meglio pensare all’Irlanda, poi si vedrà.

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