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Il foglio sportivo

Adesso Ciao ha un papà: è nato Italiano. Boscardin e la mascotte di Italia 90

Furio Zara

"Ha sei facce complessive, sei personaggi e sei luoghi italiani. Rappresenta l'italianità, la storia, la cultura, l'arte in tutte le sue forme". La nuova idea del designer protagonista del Mondiale delle Notti Magiche

Questa è una storia di quotidiana genialità che ci racconta una nostalgia condivisa, di un’estate irripetibile, di notti che non hanno mai smesso di essere magiche e di come ogni Pinocchio altro non sia che la proiezione di Geppetto. Ciao ha passato i trent’anni, li porta con disinvolta baldanza, ha avuto un’infanzia molto felice e ogni tanto riappare, a risvegliarci ricordi belli. Invece IT⊥I (Italiano, con la T rovesciata, si legge ITTI), si definisce un uomo illuminato, ambasciatore del Made in Italy, è nato per scommessa e per orgoglio ed è figlio – più di ogni altra cosa – del suo tempo e di tutto il tempo che è passato.

Il padre di Ciao e Italiano si chiama Lucio Boscardin, designer, ottant’anni compiuti da poco, veneto di Enego, milanese d’adozione, creativo quando i creativi – all’abbrivio degli anni Ottanta – cominciarono a inventare un nuovo modo di fare comunicazione. Ciao – l’avete capito – è la mascotte di Italia 90, il Mondiale delle Notti Magiche. È un corpo astratto e asessuato, potrebbe essere l’evoluzione di E.T. di Spielberg: allo stesso modo porta in dote l’innocenza. “L’idea mi venne nel dicembre del 1985 davanti a un semaforo di Corso Buenos Aires, dalle parti di Piazzale Loreto. Da qualche anno avevo aperto la mia agenzia, quella mattina stavo andando a un appuntamento da un cliente, pioveva, si stava in fila, procedendo a rilento. Guardavo il semaforo. Rosso. Verde. Bianco. E ancora: rosso, verde, bianco. L’illuminazione: è la bandiera italiana”.

Così Boscardin immagina un burattino snodato formato da segmenti cubici di colore bianco, rosso e verde che – se scomposti – formano la parola Italia. Al posto della testa ci piazza un pallone, di quelli bianchi con i pentagoni neri. Boscardin manda il bozzetto al concorso indetto dal comitato organizzativo di Italia 90 diretto da Luca Cordero di Montezemolo. “Il mio progetto viene scelto tra 50 mila proposte, premiato da una commissione composta dai designer di fama internazionale Pininfarina e Zanuso, dall’allora ministro per il Turismo e lo Spettacolo Franco Carraro, dal pubblicitario Armando Testa e del critico d’arte Federico Zeri”.

Il nome immaginato da Boscardin è Bandierino. Ma è un nome equivoco. Così il comitato organizzativo fa scegliere gli italiani con un sondaggio legato alla schedina del Totocalcio. Viene proposta una lista di cinque nomi. Amico, Beniamino, Bimbo e Dribbly. E Ciao, ovviamente. Vince Ciao. A Boscardin vanno 60 milioni di lire – “Ma diventano 45 con la ritenuta d’acconto, comunque con parte di quei soldi, 30 milioni, mi sono comprato il primo Macintosh: una meraviglia” – i diritti di immagine vanno alla società Telemundo e gli italiani hanno finalmente la loro mascotte.

Lo sappiamo: l’Italia viene eliminata dall’Argentina eppure succede una cosa commovente. A distanza di una vita, continuiamo a celebrare un trionfo che non c’è stato, abbiamo nostalgia di un futuro che non abbiamo vissuto. Potenza del calcio. Passano gli anni: l’agenzia di Boscardin cresce, partecipa ad altri progetti prestigiosi. Ma ogni volta che ripensa a Ciao a Boscardin viene il groppo in gola. “Hanno snaturato la mia idea, e non potevo farci niente. I blocchi di Ciao dovevano formare la parola Italia, invece non è andata così”.

Però certe storie custodiscono finali imprevisti. “Avvertivo l’urgenza di chiudere i conti in sospeso. Così è nato Italiano – racconta Boscardin dal suo rifugio di Camparada, a due passi da Arcore, nel cuore della Brianza – Mi sono ispirato alle colonne romane stilizzandole nella loro struttura ottagonale. Ho tagliato la testa in posizioni diverse in modo da utilizzare tutto il cerchio, Italiano ha dunque sei facce complessive, sei personaggi e sei luoghi italiani. Rappresenta l'italianità, la storia, la cultura, l'arte in tutte le sue forme”. Di quel Mondiale di Italia 90 Boscardin non vide nemmeno una partita. Non è mai stato un grande appassionato di calcio. È andato allo stadio una sola volta, nel 1963 a San Siro, per un’amichevole tra Inter e Santos. Era col padre, che a un certo punto si stancò: aveva male ai piedi. Così uscirono all’intervallo, Boscardin andò a prendere la macchina a Piazzale Lotto, tornò a San Siro, fece salire il padre e insieme se ne andarono, dando le spalle a Pelé.

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