(foto LaPresse)

0-4

Il Milan che strapazza il Napoli scuote un po' le acque di questa stagione

Giuseppe Pastore

La squadra di Pioli sbanca il Maradona con una prestazione inaspettata. Non sappiamo se nell'arrendevolezza degli azzurri c'è pre-tattica in vista della Champions. Ma il risultato di ieri smuove gli equilibri in vista del derby in Europa

Nei tanti possibili multiversi immaginati attorno al primo atto della trilogia Napoli-Milan, nessuno si sarebbe aspettato una cosa del genere. Al massimo, negli infiniti giochetti psicologici in cui noi italiani siamo campioni olimpici, ci si poteva spingere a prevedere una vittoria di misura del Milan: ma per evitare di stuzzicare il can che sonnecchia beato, al Milan non sarebbe più convenuto un pareggio? E via a ruota libera in quella che Gianni Brera chiamava “masturbatio grillorum”, un'infinita e tediosa esposizione di scenari ipotetici e plausibili spazzati via, come sempre succede, dalla realtà.

 

La realtà ha detto Napoli-Milan 0-4, partita surreale dominata sotto ogni aspetto dalla squadra che aveva 23 punti in meno in classifica. È fin troppo ozioso ridurre il monologo rossonero al ritorno dell'acuminato 4-3-3 che aveva funzionato anche l'anno scorso, quando era stato Kessié ad annullare il faro Lobotka. Il calcio è prima di tutto una faccenda di uomini, di talenti persi e di colpo ritrovati senza un vero perché, di interruttori nascosti da scovare al buio il prima possibile. Già i primi cinque minuti di Rafa Leao erano stati sufficienti per eleggerlo a miglior Leao del 2023: un tacco volante a sguinzagliare Theo sulla fascia, soprattutto due recuperi difensivi per nulla banali per un monumento all'accidia come lui. I settanta minuti successivi non hanno fatto altro che ribadire il concetto. Siamo sempre dell'avviso che non si può spiegare l'eclissi psicologica di un grande talento solo con motivazioni tattiche, come se davvero venti metri più a destra o a sinistra bastassero a spegnere la fiammella. Anche perché il discorso non regge se lo spostiamo sugli altri giocatori: Tonali ha giocato una partita mostruosa, lui che nelle ultime partite pre-sosta sembrava da raccogliere col cucchiaino. Brahim Diaz ha giocato 45 minuti di qualità irreale, sconosciuta persino ai suoi più accesi sostenitori. Ma la vera cartina di tornasole è stata la mezz'ora finale di Saelemaekers, un soldato semplice e dinamico senza qualità tecniche degne di nota, che nel clima di esaltazione generale è sembrato un cosmonauta proveniente dall'Olanda del 1974. Non c'è una spiegazione razionale, o perlomeno non ce n'è solo una, in queste due ore di onnipotenza calcistica di una squadra che aveva iniziato la sua serata con la concreta prospettiva di essere quinta in classifica: in pratica, la risposta a chi sostiene che nel 2023 il calcio non possiede più nulla di volatile o misterioso, e che è tutto già scritto nei numeri, nelle analisi e negli algoritmi.

 

Se n'è accorto eccome il Napoli, che al 2 aprile per la prima volta ha conosciuto la sensazione di un intervallo in svantaggio, da cui è uscito più avvilito e nervoso che prima, finendo per perdere di goleada. Anche qui, non si può spiegare tutto con l'assenza del pur essenziale Osimhen: Simeone era partito bene, s'era costruito la miglior palla gol del Napoli nel primo tempo, poi il centrocampo si è inabissato fisicamente e tatticamente e Politano e Kvaratskhelia hanno iniziato a giocare ognuno per conto loro, regolarmente raddoppiati e triplicati da avversari indemoniati. Ed è saltato tutto per aria, nel frastornato immobilismo di un allenatore certamente geniale – e chi potrebbe negarlo? - che in questo inatteso bagno di sangue esasperato dal surreale clima di “tutti contro tutti” che si respirava sugli spalti ha avuto anche il tempo di pensare alla sua vita professionale, e al fatto che a 64 anni non ci si può illudere che una stagione intera possa filare liscia come l'olio da agosto a giugno. “Ecco che arriva il dolore!”, era la frase di svolta di un grande film di Brian De Palma, “Omicidio in diretta”, che girava intorno a un'ipotesi di omicidio e alle mille possibili chiavi interpretative di una singola scena. Il giorno di dolore del Napoli è arrivato, per fortuna non troppo lancinante dall'alto dei sedici punti di vantaggio sul secondo posto; il punto, adesso, è elaborare quel dolore nel modo migliore.

 

“Sarai un uomo se saprai trattare allo stesso modo quei due impostori che sono la vittoria e la sconfitta”, recita la celebre poesia di Kipling appesa all'ingresso del Centrale di Wimbledon. Il Milan, per definizione, “sa come si fa”: lo dimostra il basso profilo ostentato da Pioli e dai giocatori intervenuti nel post-partita, consapevoli che da qui fino al 12 aprile sarà soprattutto psicologia, come in tutti i derby che si rispettino. Che Napoli-Milan 0-4 possa anche essere stato un cavallo di Troia, alla maniera dei “giocatori di biliardo”, evocati a caldo da Fabio Caressa nel Club di Sky, denotando una conoscenza del biliardo che non gli riconoscevamo. E Luciano Spalletti può essere come Kevin Spacey in “Seven” che finge di consegnarsi inerme alla polizia per poi mettere in scena il suo piano più diabolico. Vedremo. Tutto può essere. La stagione ne esce felicemente terremotata.

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