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Nba

I Los Angeles Lakers provano ad attivare la playoff mode

Andrea Lamperti

Il mercato ha stravolto, e migliorato, i gialloviola. E ora LeBron James e compagnia hanno 23 partite per cambiare il volto della stagione (senza Westbrook)

Con l’Nba giunta alla consueta pausa di metà febbraio, per le squadre è finalmente il momento di tirare il fiato per qualche giorno e prepararsi alla volata finale. Da qui ad aprile, sono in arrivo due mesi fondamentali per le contender, in cui ultimare il rodaggio prima dei playoff, e soprattutto per quelle squadre attardate in classifica, che un pass per la post-season devono ancora strapparlo.

  

Chi appartiene a entrambe le categorie sono i Los Angeles Lakers. I gialloviola si trovano al 13esimo posto a Ovest, a due vittorie di distanza dalla zona play-in e quattro dall’ingresso diretto nei playoff; e se LeBron James ha definito le 23 partite rimanenti “tra le più importanti della sua carriera” - qualcosa di inusuale per chi ha giocato dieci finali Nba - è perché i Lakers sentono di avere delle concrete chances nei playoff, nel caso in cui riescano ad accedervi. Una sensazione che ha diritto di cittadinanza, dopo la recente rivoluzione sul mercato. O meglio, la masterclass di Rob Pelinka.

    

Il general manager si è presentato all’ultima settimana di trade season con l’urgente necessità di apportare dei cambiamenti, con enormi pressioni (interne ed esterne) e, soprattutto, con pochi asset da utilizzare. Muovendosi in un contesto pieno di problemi, tanto sul campo quanto a livello salariale. Alla fine, però, è riuscito nel gioco di prestigio, stravolgendo il roster e colmando tutte le carenze strutturali messe in mostra nelle 32 sconfitte (su 59 partite) maturate fin qui.

    

La prima disfunzionalità a cui mettere mano era la presenza di Westbrook, il cui arrivo nel 2021 si è dimostrato una scelta sbagliata e difficilmente reversibile, a causa del suo ingombrante contratto. La soluzione è stata trovata in un creativo scambio a tre squadre con Jazz e Timberwolves, che ha portato a Los Angeles una guardia più adatta al contesto tecnico come D’Angelo Russell, e due affidabili gregari quali Vanderbilt e Beasley, che rispondono esattamente alle necessità dei Lakers in termini, rispettivamente, di versatilità difensiva e doti perimetrali. Il tutto, cedendo soltanto il contratto di Westbrook e una futura scelta al primo giro (peraltro con forti protezioni, che potrebbero renderla una second-round pick).

   

Sommando gli arrivi, anch’essi a buon prezzo, di Hachimura e Bamba, la sensazione è che Pelinka abbia enormemente migliorato il materiale umano a disposizione di coach Ham, e allo stesso tempo le prospettive future della franchigia. I Lakers, infatti, si presentano ora più giovani, con maggiore flessibilità salariale e addirittura con libri paga alleggeriti. La risposta, a questo punto, deve arrivare sul campo.

    

Saranno fondamentali, innanzitutto, le condizioni fisiche delle due stelle: Davis, che a febbraio è tornato dopo un mese di assenza, ma la cui integrità è sempre motivo di preoccupazione; e James, che ha pur sempre 38 anni, e tra l’altro ha subito un lieve infortunio durante l’All-Star Game. Problemi del genere, in ogni caso, sembrano impensierire maggiormente alcune concorrenti, come Warriors e Wolves.

   

Per il resto, il calendario concede spazio all’ottimismo. I Lakers potranno giocare sul proprio campo diversi scontri diretti - Golden State, Utah, Minnesota, Oklahoma City - e in generale sono, secondo Tankathon, tra le squadre con il percorso sulla carta più agevole.

  

Come diceva LeBron in un’infelice intervista del 2019, per i gialloviola è il momento di attivare la playoff mode. Se ci riusciranno, la corsa allo scettro della Western Conference si arricchirebbe con una credibile candidata.

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