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Gran calma #23

Forse la Serie A non è appassionante, ma ha lanciato una gran quantità di talenti

Enrico Veronese

Questo campionato resterà alla memoria per averci fatto scoprire giocatori che faranno grandi cose nei prossimi anni. Prima magari di prendere il volo per altri lidi

I risultati della 23esima giornata della Serie A

Torino-Cremonese 2-2 41′ rig. Sanabria, 54′ Tsadjout (C), 75′ Valeri (C), 79′ Singo

Sassuolo-Napoli 0-2 12′ Kvaratskhelia, 33′ Osimhen
Sampdoria-Bologna 1-2 27′ Soriano, 68′ rig. Sabiri (S), 90′ Orsolini
Monza-Milan 0-1 31′ Messias
Inter-Udinese 3-1 20′ rig. Lukaku, 43′ Lovrić (U), 73′ Mkhitaryan, 89′ Lautaro Martínez
Atalanta-Lecce 1-2 4′ Ceesay, 74′ Blin, 87′ Højlund (A)
Fiorentina-Empoli 1-1 29′ Cambiaghi (E), 85′ Cabral
Salernitana-Lazio 0-2 60′, 69′ rig. Immobile
Spezia-Juventus 0-2 32′ Kean, 66′ Di María
Roma-Verona 1-0 45′ Solbakken

   

La classifica della Serie A dopo 23 giornate

Napoli 62; Inter 47; Roma e Milan 44; Lazio 42; Atalanta 41; Juventus (-15) e Bologna 32; Torino 31; Udinese 30; Monza 29; Empoli 28; Lecce 27; Fiorentina 25; Sassuolo 24; Salernitana 21; Spezia 19; Verona 17; Sampdoria 11; Cremonese 9.

    

Perché i tanti talenti esplosi inopinatamente consentono di gioire di un campionato così

I mesi passano, i bimbi crescono, le mamme imbiancano. Il Napoli già organizza i festeggiamenti per il terzo scudetto e si proietta alle velleità di Champions League, quasi metà classifica ha poco da chiedere al torneo, due squadre hanno perso le speranze di rimanere in Serie A, le altre si giocano Europa e salvezza. Da qui al primo weekend di giugno, conclusione extralarge di un campionato anomalo tra i Mondiali e le venti squadre, ce ne sarebbe abbastanza per annoiarsi. Invece gran calma, questa Serie A 2022-2023 passerà alla storia per i tanti talenti che inopinatamente sono esplosi negli stessi mesi: ve n’è abbastanza per costituire una selezione in grado di piazzarsi ai piani alti. In porta Vicario - che era già bravo - e Falcone, in difesa Baschirotto, Schuurs, Posch, Bijol, volendo Thiaw e Hien; lungo le fasce Doig, Carlos Augusto, Sernicola, Valeri. A centrocampo il lotto è più risicato, ma il sontuoso Hjulmand, l’altro scozzese Ferguson e anche Lovrić danno garanzie, magari arretrando Baldanzi che mostra anche tigna oltre alla classe. E Ciurria dove lo metti sta, specie se all’ala giostrano anche Cambiaghi e Iling jr. Davanti, l’imbarazzo della scelta tra Højlund, Lookman, Laurienté, Colombo, Ngonge e soprattutto Kvaratskhelia, probabilmente il migliore del lotto. Riletto così, e con occhio al futuro, anche questo campionato resterà alla memoria per le emozioni che questi signori hanno fatto provare. Prima magari di prendere il volo per altri lidi, godiamoci una decade di decadenza.

    

Perché il Milan, con il cambio di modulo, è tornato… quello di Allegri

Dopo la sbornia di goal subiti a gennaio, ben 18 in sette partite, a Stefano Pioli non rimaneva altro che rivoltare il Milan come un calzino, dotandolo della difesa a tre che non si vedeva dai tempi di Alberto Zaccheroni (a proposito, auguri di pronta guarigione) e ripensando al modo di schierare l’attacco con Brahim Diaz e Rafael Leão in posizioni differenti dal passato. Morale? Tre vittorie per uno a zero, di corto muso direbbe Massimiliano Allegri, correndo pochi rischi da un momento all’altro. È passata la nuttata? Gran calma, la situazione è ancora fluida e soprattutto dipenderà dal surplus di adrenalina e “dna europeo” che gli undici sapranno infondere nel nuovo White Hart Lane di Londra il prossimo 8 marzo. Perché non vi è dubbio che alla radice del cambio di passo, tuttora in via di consolidamento, non c’è solo la radicale e coraggiosa alternativa tattica dell’allenatore, ma anche il recupero di una mentalità che storicamente il Milan ha sempre sfoggiato più negli stadi del continente rispetto a quelli di provincia: dove pure il team stellare di Arrigo Sacchi e Fabio Capello perdeva non di rado.

   

Perché a decretare un destino concorre una stagione, ma tutto si riassume in una sola partita

“Sliding doors”, il film, ha ormai venticinque anni alle spalle. Ma il concetto resta insuperato quando si vuole descrivere la fatalità che, da un momento all’altro, cambia senza appello il corso di una vicenda: nel calcio, e segnatamente nel campionato italiano di quest’anno, niente è più pregnante delle porte scorrevoli nella metropolitana di Londra per descrivere, ad esempio, cosa è accaduto durante Sampdoria-Bologna. Roberto Soriano che segna ai rossoblu da fuori area nel 2015, lo stesso in maglia invertita che realizza alla sua ex squadra nello stesso modo otto anni dopo è “solo” un ricorso storico. Ma non lo sono gli uomini di Thiago Motta, senza punte nominali, che segnano al 90° dopo che Abdelhamid Sabiri ha sbagliato il secondo dei due - generosi? - rigori battuti in due minuti: con i tre punti la Sampdoria avrebbe respirato e trovato slancio per provare a salvarsi, così invece la discesa è praticamente certa, come probabile è l’effetto inverso dell’ascensore per il Genoa. Gran calma, e se Sabiri avesse segnato il 2-1, poi risultato finale? Si sarebbe aperto un paradosso nel continuum spazio-temporale (cit.) che avrebbe riportato Soriano a Marassi, e pure Siniša Mihajlović che quel giorno lo allenava. E magari Gianluca Vialli, tutelare sempre atteso da tutte e tutti quei “noi”, a vegliare da sopra come l’angelo Clarence Oddbody… visioni a parte, quanto fa male la retrocessione di Sampdoria e Cremonese proprio quest’anno? (L’eventuale accompagnamento coattivo da parte della Juventus, post squalifica, aggiungerebbe ulteriore e lisergico sale al paranormale).

   

Perché il derby tra giochisti e risultatisti non finirà mai, e come sta andando adesso

Proprio i grigiorossi padani, questa settimana, sono il simbolo dell’ormai eterna vertenza che dilania la passione per il calcio tra chi antepone i punti a tutto, e chi cerca di ottenerli attraverso un sistema di gioco e una mentalità riconoscibile. Detto che la dicotomia non ha poi tutto questo senso, anche tra le tifoserie (chi non vuole fa punti? Chi è contento di ottenerli per caso?), a Cremona sono passati in poche settimane dal giocare bene, anche benissimo con Massimiliano Alvini in panchina, a un certo qual grigiore da rassegnazione sotto l’egida di Davide Ballardini. Nel primo caso gli esiti deficitari inchiodavano il mister fino all’esonero del 15 gennaio: la gran calma della dirigenza aveva raggiunto il suo acme. Nel secondo invece sono arrivati due successi esterni in Coppa Italia - e quali successi, Napoli e Roma - con il visto per una semifinale non impossibile contro la Fiorentina, e due punti altrettanto esterni contro squadre in salute come Bologna e Torino. Il giochista dice: almeno ridatemi il gioco, già che retrocedo. Il risultatista gli risponde: scommetto che strappando punti continuerò a retrocedere, ma almeno esulterai come Emanuele Valeri aggrappato alla balaustra dello stadio Olimpico di Torino!

  

Perché la successione delle giornate prova che Gran calma è il giusto piglio per affrontarle

Piccolo momento autocelebrativo. Prendendo in esame solo gli incontri disputati nel 2023, sono almeno quattro gli argomenti che hanno già dato ragione al chill out rispetto a previsioni troppo facili e legate alla realtà del momento: dopo la sconfitta di San Siro a inizio anno, dicevamo che niente si sarebbe rimesso in gioco per il Napoli. E avevamo ragione. Trascorsa l’Epifania, il fuorigioco semiautomatico avrebbe cominciato a mietere le prime vittime inconsapevoli: ampiamente previsto. A metà gennaio la bomba-plusvalenze cade sopra la Juve, ma - si scriveva - non così tanto da impedirle di poter riacciuffare in extremis almeno la Conference League (ora sono 9 punti da recuperare all’Atalanta, in 15 partite). Con il ritorno della Champions League, Inter e Milan hanno trovato nuovi stimoli per rintuzzare la pressione delle romane e di Gianpiero Gasperini: anche questo nero su bianco, quando il momentum pareva inverso. Staremo a vedere se gli input lanciati nella settimana del Festival di Sanremo e in quella grassa di Carnevale troveranno presto conferma, o invece - gran calma - puntuale smentita: anche quest’ultima, ovviamente, fa parte delle regole del gioco.

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