Foto Ap, via LaPresse

Il Foglio sportivo - that win the best

Quanto è triste il calcio che abbiamo visto in Arabia

Jack O'Malley

Non siamo messi bene se il futuro sono partite come quella di Cr7 e i palloni dei gol in una teca 

Mi sanguinano ancora gli occhi e le emorroidi che mi sono venute a stare davanti alla tv per l’orrenda amichevole tra Paris Saint-Germain e una squadra di scappati di casa sauditi con dentro Cristiano Ronaldo. Azioni da partitella del mercoledì, maglie comprate al discount, stadio da provincia triste italiana con spalti lontani e pieni di gente che esultava per chiunque segnasse, post Instagram di CR7 contento di avere rivisto “some old friends”, cioè Messi. Se questo è il calcio che ci aspetta, passatemi subito la bottiglia, piuttosto fuggo ai Caraibi a leggere Borges.

 

Pensavo che le amichevoli estive della Premier League in America e Asia fossero già l’abisso dello sputtanamento pallonaro, poi ho visto il derby di Supercoppa italiana giocato in uno stadio semivuoto di Riad davanti a tifosi figuranti che di quello che succedeva in campo capivano meno di niente e ho pensato, tra esultanze forzate e fuorigioco semiautomatico, che il prossimo passo è fare sfidare le due squadre alla PlayStation, e assegnare così la coppa. L’apoteosi della farsa, oltre alle poltrone da caricatura pacchiana del pappone arabo su cui sedevano i dirigenti in tribuna, è stato l’arbitro che dopo il gol di Dimarco ha preso il pallone e lo ha fatto mettere sotto a una teca affinché venisse venduto in un’asta online immediata, manco fosse l’alluce imbalsamato di Pelé.

  

Sono un vecchio stronzo reazionario, ma il fatto che il calcio assomigli sempre più a un mix tra il wrestling e il cda di una multinazionale che investe in ESG mi fa venire voglia di andare a vedere le partite di League Two, e già che ci sono di brindare all’ex manager del Crawley Town FC, John Yems. Accusato di razzismo per avere storpiato i nomi di alcuni giocatori neri del club che allenava così da prenderli in giro per la loro origine etnica, Yems è stato in parte scagionato da un panel indipendente che lo ha definito “razzista inconsapevole”, dunque non colpevole. Non sto a dirvi le rotture di palle partite da Football Association e compagnia moraleggiante, intanto Yems è stato squalificato fino al 2024, ha ovviamente chiesto scusa e dovrà seguire corsi di rieducazione antirazzista.

  

Consiglio invece un corso di inglese ai giornalisti della Gazzetta che hanno tradotto a caso le parole di Bruno Fernandes sul Manchester United finalmente unito a differenza di quando c’era Ronaldo. “La prossima volta chiamate qualcuno che capisca bene l’inglese. Nell’intervista ho detto che siamo cambiati dalla partita con il Liverpool e se non sbaglio Cristiano era ancora con noi. Fate bene il vostro lavoro e non giusto quello che vi viene in mente”, ha scritto su Instagram il portoghese sotto a un post della Rosea. Cheers a lui. Chi invece dovrà andare dallo psicologo è Antonio Conte, temo. L’allenatore del Tottenham non ne azzecca più una nemmeno per sbaglio: giovedì sera, in vantaggio per 2-0 a fine primo tempo contro il Manchester City, è stato recuperato, superato e umiliato 4-2: zona Champions più lontana, e rischio di una seconda stagione di fila senza trofei per il manager italiano drogato di vittorie. Gli Spurs però possono sorridere: tra un po’ ricomincia la Champions League, e per battere questo Milan basterà mettere in campo la squadra delle riserve.

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