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Qatar 2022

La fretta di seppellire il vecchio Cristiano Ronaldo

Jack O'Malley

A sentire in giro, sembra che il portoghese sia solo un ex fastidioso. Santos lo conosce più di chiunque altro, ha capito meglio di tutti se, come e quando utilizzarlo. Ora serve che lo capisca anche lui, liberandosi del costume di supereroe che risolve i problemi

Ve lo ricordate Cristiano Ronaldo? No, perché a sentire certi commenti dopo Portogallo-Svizzera viene il sospetto che CR7 sia diventato Lele Adani, un ex giocatore rumoroso e fastidioso e basta. (Lo so, avevo detto che avrei preso un giorno di riposo, ma come non so stare lontano dalla mia pinta di bionda non posso non dire la mia inutile opinione sul caso del giorno). Ho letto giudizi definitivi scritti da gente che non sarebbe degna nemmeno di slacciare gli scarpini a uno dei calciatori più vincenti della storia, uno senza il quale probabilmente il Portogallo non sarebbe oggi qualificato ai quarti di finale del Mondiale contro la squadra più allegriana del momento, il Marocco. Ronaldo sarà anche antipatico, e ha certamente sbagliato i tempi della sua intervista-confessione a Piers Morgan come neppure il più scarso dei difensori quando deve marcare Mbappé, e questo fatto dei 200 milioni all’anno che prenderebbe in Arabia per giocare in un campionato irrilevante fa girare le palle, ma trattarlo alla stregua del nonno rincoglionito che rovina la cena della vigilia di Natale perché scoreggia a tavola mi pare come minimo ingeneroso.

 

Nella fretta di seppellire i vecchi idoli stiamo buttando il fenomeno con l’acqua sporca del nostro risentimento. E’ vero, il portoghese ex United, Real e Juve ha atteggiamenti spesso insopportabili e in campo non è più quello che da solo prende palla e vince la partita. E allora? Davvero basta questo per godere del fatto che viene messo in panchina in Nazionale per la prima volta dal 2008 e il suo sostituto segna tre gol? Da dove arriva tutto questo odio? Lo avete sentito il suo nome invocato da tutto lo stadio, martedì sera? Visto i fotografi che durante l’inno cercavano lui in panchina? E’ forse questo che dà fastidio a chi la sa lunga, oltre al continuo paragone con Messi, che ha dalla sua il vantaggio di una retorica popolare bolsa, la storia dello sfigato baciato dalla grazia del talento in un paese dove per un dribbling riuscito campano dieci anni. Il calcio è lo sport nostalgico per eccellenza, eppure divora il proprio passato appena il presente non ne è più all’altezza, chi parla di calcio non ha il senso della misura e del contesto, in certi casi ha già deciso che Gonçalo Ramos è più decisivo di CR7. Calma.

 

Fernando Santos, l’allenatore portoghese, ha azzardato e avuto ragione a lasciare Ronaldo in panca, il 6-1 alla Svizzera è stato un capolavoro (se lo avesse fatto il Brasile ieri i giornali sarebbero stati croccanti, Adani si sarebbe collegato nudo al Circolo dei Mondiali, e la frase “i brasiliani sono forti perché giocano divertendosi” avrebbe toccato il record mondiale dei luoghi comuni più ripetuti di sempre), ha dimostrato che il Portogallo non è più solo CR7 (lo è mai stato, a parte nelle sciatte analisi dei giornalisti? Rispondo io: no). Santos lo conosce più di chiunque altro, ha capito meglio di tutti se, come e quando utilizzarlo. Ora serve che lo capisca anche lui, liberandosi del costume di supereroe che risolve i problemi. Stare pronto. Santos sa anche che la prossima partita sarà più difficile per Ramos: quando all’esordio segni tre gol e fai un assist tutti si aspettano che replichi la prestazione. Ronaldo saprà stare al suo posto, la possibilità che il Portogallo arrivi dove non è mai arrivato prima è troppo succosa per lui, il suo ego se ne farà una ragione. Però, perché però questa fretta di chiudere un’èra? Trovatelo, un altro come lui.  E se per caso ai quarti di finale farà gol e il Portogallo passerà il turno, risparmiateci gli articoli di elogio sul campione che non muore mai, almeno.