Qatar 2022
Ai Mondiali le certezze latitano e tutto (o quasi) è ancora possibile
Dopo le prime due partite dei gironi tanto è ancora da scrivere e tutto sembra poter essere ribaltato. È un complesso gioco dell’oca dove i dadi obbligano a tornare alla partenza
È il Mondiale della marmotta. Il secondo round nei gironi eliminatori smentisce in considerevole parte quanto era accaduto solo pochi giorni prima: chi aveva vinto, non di rado si ritrova sconfitto. E viceversa: tradite dal momentum, le nazionali entrate nella bocca di tutti disfano la tela di Penelope che con fatica o scaltrezza avevano costruito, in un complesso gioco dell’oca dove i dadi obbligano a tornare alla partenza. A soli novanta minuti dalle decisioni irrevocabili, bazinga! L’ Arabia Saudita rivelazione cede alla Polonia già scialba anziché continuare la propria onda, e il Giappone che aveva fatto l’impresa cede a Costa Rica, a sua volta reduce da un 7-0. Sono solo i casi più eclatanti: l’Inghilterra prima a forza 6 poi allo zero termico, l’Iran prevale non certo da favorito contro il fisico e grintoso Galles, la Tunisia che aveva imbrigliato la Danimarca si fa sorprendere dalla modesta Australia tutta corsa. Nel ribaltamento di sorte, l’Argentina data per morta risorge – pur giocando peggio che contro i sauditi – e il Ghana ferisce di 3-2 dopo essere perito di analogo punteggio (la Corea in due partite meritava ben di più). Come per ogni eccezione, c’è sempre una regola: l’Ecuador non era un fuoco di paglia, il Belgio già miracolato dall’arbitro contro il Canada mostra tutti i propri limiti strutturali, da invecchiamento e cambio di stagione ancora in corso. Se i Diavoli a fine ciclo sono seriamente indiziati di uscita precoce, gran parte del merito va al Marocco di Regragui, forse la più bella realtà di questo torneo: da anni si attendeva l’esplosione simultanea di tanti suoi talenti, in tutti i reparti, dotati di genio pari all’indolenza. Il boom è arrivato in Qatar, ovvero in condizioni “ambientali” favorevoli (il tifo sugli spalti ricordava il derby di Casablanca) e all’età opportuna per determinare: non solo Hakimi, Ziyech, Amrabat ma anche la ferrea coppia centrale Aguerd-Saïss che non ha fatto passare manco uno spiffero. E un gioco, vivaddio, sfrontato e allegro come una rivoluzione araba di dieci anni fa. Per controintuizione, merita di essere citato anche il 4-4-2 ignorante del palestrato Canada, pure interessante in prospettiva.
Se tutte le scuole calcistiche ormai sanno come mettersi in campo, chi salta più l’uomo? Son Heung-min ci prova, i maghrebini Ezzalzouli e Boufal ci vivono e per qualche minuto, negli infiniti recuperi, rievocano l’Ahmed Bahja di Usa '94. Pochi, tuttavia, cercano di guadagnarsi un calcio di rigore non appena entrano in area: sanno che il fiscalissimo fuorigioco “semiautomatico” (oddio) e l’ormai immancabile Var sono pronti a ritorcersi contro ad ogni singola azione, producendo più ingiustizie nei risultati rispetto all’andamento vero del match. È questo calcio condensato e poco fluido, quello che vogliamo? Volevamo il sole di novembre, e l’abbiamo visto solo per metà campo, ad al-Wakrah, durante Camerun-Serbia; volevamo la resa dei conti finale nella partita a scacchi tra Cristiano Ronaldo e Messi per il migliore nel decennio precedente, e per ora (dopo tanti patemi, non è ancora finita) il parziale sorride all’argentino, più uomo-squadra rispetto all’egomane di Madeira.
Negli stadi-container a forma di tenda beduina o di rete da pesca, intanto, si sviluppa il mondiale dei figli e dei fratelli: dopo il goal di Tim Weah e le sostituzioni tra gli Hernandez francesi, in campo contemporaneamente Eden e Thorgan Hazard, mentre chissà se Nico e Iñaki Williams si affronteranno in un eventuale, prossimo Spagna-Ghana. Thuram jr. potrà forse tornare utile alla Francia, non più il portiere qatariota Barsham, fratello dell’altista olimpionico Barshim in singolare parallelo con il croato Vlašić. Vezzi da telecronaca, si direbbe: Adani è decisamente un no, ma Stramaccioni a sorpresa è sì.
Altre rivelazioni? La divisa psichedelica della Corea, e chi è poco avvezzo all’Eredivisie o ai gironi di Champions League sarà caduto dalla Luna nel constatare il giovane ghanese Kudus, con grandi prospettive davanti. Mordono il freno invece, a un solo punto, Danimarca e Uruguay: i primi, reduci da un brillante terzo posto a Euro 2020, non hanno ancora sprigionato il proprio notevole potenziale. Ma ora la campana suona proprio per loro, chiamati obbligatoriamente a battere l’Australia per rilanciarsi. E nel tutto o niente, dentro o fuori, la Celeste in faccia al Ghana (bellissima la sua curva colorata) vive l’ennesimo ricorso leggendario: classicismo contro confusione, Giorgio Morandi o Jackson Pollock per un posto al sole. Luis Suárez c’è ancora, dodici anni dopo: anche dai suoi piedi passa il treno della storia, sarà chiaro solo venerdì se quel binario porta al passato oppure al futuro.
Veneziano per scelta
La vita lagunare di un doge calcistico. Intervista a Joel Pohjanpalo
Olive #34