Foto Ap, via LaPresse

Qatar 2022

Argentina-Arabia Saudita 1-2, ossia il cortocircuito della Schadenfreude

Giovanni Battistuzzi

I sauditi battono gli argentini contro ogni pronostico. Di solito quando accade questo gli appassionati "neutrali" provano quel “piacere provocato dalla sfortuna (altrui)”. Ma non in un Mondiale pieno di recriminazioni e lotte per diritti altrui

Poteva, doveva, andare diversamente. E stava andando diversamente. Poi in cinque minuti tutto è cambiato, tutto si è capovolto e ciò che doveva essere non è stato. Il volto di Lionel Scaloni, il commissario tecnico dell’Argentina, era tranquillo, sorridente, sereno, lo è stato a lungo, per oltre quarantacinque minuti. I suoi uomini vincevano per uno a zero, avevano segnato altri tre gol, ma tutti in fuorigioco, e le condizioni per una partita con un risultato finale di tanto a poco (come era accaduto all’Inghilterra contro l’Iran) c’erano tutte. Il volto di Scaloni poi si è progressivamente scurito, il suo sorriso si è trasformato in un ghigno a metà tra delusione e disgusto. In cinque minuti due oscuri figuri del calcio mondiale, l’attaccante numero 11 Saleh Al-Shehri e l’ala sinistra numero 10 Salem Al-Dawsari, hanno fatto ciò che nessuno s’aspettava: gol, due gol. Argentina-Arabia Saudita 1-2 (prima partita del gruppo C di Qatar 2022). Non ci credeva Lionel Scaloni, non ci credeva quasi nessuno tra campo e spalti. Anche perché sul terreno di gioco l'Arabia Saudita ha giocato bene, si è difesa in modo ordinato e attento, ha applicato una perfetta tattica del fuorigioco a oltranza, è ripartita in modo quasi sempre impeccabile e a tratti reso impossibile ai più tecnici avversari di giocare come sanno. E questo vuol dire saper stare in campo, essere squadra.

   

Argentina-Arabia Saudita 1-2 sarebbe uno di quei risultati che farebbero un gran piacere a qualsiasi calciofilo, perché quando quelli che si ritengono scarsi battono quelli che si ritengono forti è sempre un gran giorno per lo sport e anche e soprattutto per il calcio. Perché la Schadenfreude è il termine che tiene in sé il concetto di “piacere provocato dalla sfortuna (altrui)”, è un sentimento diffuso e distribuito ad ampie manate in tutti gli amanti del calcio in tutto il mondo. Se il forte scivola si prova sempre un sottile e intenso piacere, a patto che il forte che scivola non sia il proprio forte preferito.

  

Mica sempre però.

  

Perché in un Mondiale del genere, che l’Arabia Saudita batta l’Argentina non è così bello e appagante. Non in un calcio del genere, imbocconato di lotte per diritti altrui che hanno poco o nulla a che fare con uno degli sport ormai più chiusi ed elitari per volere di club e federazioni – gli stadi sono sempre più dei grandi teatri ed essendo grandi teatri sono sempre meno popolari, sempre meno aperti a tutti. Di certo non come se una qualsiasi altra Nazionale minore avesse battuto qualche altra Nazionale che invece ha fatto la storia del calcio. Gli echi di autoritarismi, di diritti negati, altre questioni geopolitiche.

  

L’Arabia non è quel piccolo e sghembo che piace, non è Calimero a tal punto che tutto si capovolge e Calimero diventa Lionel Scaloni che da bordo campo guarda stupito e sconvolto i suoi campioni sbattere contro una Nazionale chiusa dietro come una provinciale italiana di parecchi decenni fa, quando il calcio aveva ancora un diktat chiaro: se sei meno forte, pensa prima a difenderti, chiudi tutti gli accessi alla porta, poi spera che tutto vada bene. All’Arabia Saudita è andata bene, in quei cinque minuti ha dato un senso a un Mondiale che non sembrava avere alcun senso.