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Gran calma #13

Una Serie A tornata bellissima da vedere

Enrico Veronese

Il Napoli guida un campionato, almeno in questa settimana, diventato spettacolare. Intanto si assiste alla battaglia campale dei “senatori” pronti al rinnovo di contratto disposti a tutto pur di non cedere il campo a coloro che vorrebbero il loro posto

I risultati della 13esima giornata di Serie A

Udinese-Lecce 1-1 (33° Colombo, 68° Beto)

Empoli-Sassuolo 1-0 (64° Baldanzi)
Salernitana-Cremonese 2-2 (3° Piatek, 12° Okereke, 38° Coulibaly, 89° Ciofani)
Atalanta-Napoli 1-2 (19° Lookman, 23° Osimhen, 35° Elmas)
Milan-Spezia 2-1 (21° Hernandez, 59° Maldini, 89° Giroud)
Bologna-Torino 2-1 (26° Lukic, 64° Orsolini, 73° Posch)
Sampdoria-Fiorentina 0-2 (4° Bonaventura, 58° Milenkovic)
Monza-Verona 2-0 (68° Carlos Augusto, 90° Colpani)
Roma-Lazio 0-1 (29° Felipe Anderson)
Juventus-Inter 2-0 (52° Rabiot, 84° Fagioli)

La classifica della Serie A dopo la 13esima giornata

Napoli 35; Milan 29; Lazio e Atalanta 27; Juventus e Roma 25; Inter 24; Udinese 23; Salernitana e Torino 17; Fiorentina e Bologna 16; Sassuolo 15; Empoli 14; Monza 13; Lecce e Spezia 9; Cremonese e Sampdoria 6; Hellas Verona 5

 

Perché il calcio giocato e il calcio percepito sono fondamentalmente due cose diverse

Come nei mesi estivi, quando nei media regna il concetto di caldo percepito (“sai, l’umidità”), nella narrazione della Serie A 2022-2023 vige il calcio percepito. Un esempio? Il ruolo di Miretti nelle ultime due partite, con gli estensori delle probabili formazioni che lo situano da solo a ridosso di Milik - a significare che la Juve si presenta al cospetto dell’Inter con il solo polacco di punta - mentre poi, all’atto pratico, il talento piemontese non è altro che un ingranaggio dello stuolo di mediani chiamati a vagare per il campo in tutto il primo tempo in cerca d’ispirazione. Un altro esempio? Giroud a cui tutti vogliono bene per lo sportivo che è, fino al momento liberatorio in cui si toglie la maglia dopo un gol decisivo all’ultimo minuto, e il sentiment diventa di colpo negativo anche tra i beneficiati (e i fanta-beneficiati) dalla sua rete. Là dove la gran calma è un concetto obsoleto nel calcio liofilizzato, qui e ora stiamo con chi ancora non è, ma presto (o tardi) potrebbe essere, magari passando per le sconfitte. Stiamo con la Cremonese che gioca sempre e trascina tutti a giocarsela contro di lei, fino ai 2-2. Stiamo con i Montevago cui viene data una chance e coi Trimboli che devono ancora aspettare. Col sarrismo, ma anche col sarrismo che esce da se stesso per vincere il derby. Con gli eterni incompiuti come El Shaarawy e con i Felipe Anderson che avrebbero potuto avere molto di più, vogliamo gli slanci e gli affondi di Kouamé riemerso dall’oblio, Vicario tra i pali e non in uscita, e tutte le altre storie di un campionato tornato bellissimo da vedere.

    

Perché il Napoli non fa notizia per il vero motivo dei suoi successi, fondati un anno fa

In tante e tanti aspettavano il Napoli al varco di Bergamo, di fronte all’avversaria fin qui più continua, e privo del genio sfregato dalla lampada georgiana. Con qualche difficoltà, ma non senza merito (ah, il merito), Spalletti sfanga anche questa e sposta ancora più in là i limiti di un complesso che oggi appaiono infiniti. C’è chi si lamenta che di questa squadra straordinaria si stia parlando troppo poco: semmai succede per i motivi più evidenti - la strapotenza offensiva di Osimhen, i subentranti che non fanno rimpiangere i titolari iniziali, Zielinski ai sui livelli, Mario Rui in overperformance - e non per quella che, giorno dopo giorno, risulta la pietra angolare del progetto post Mertens e Insigne. Ovvero l’attività di scouting che ha consentito, ben prima di altre eventuali concorrenti e senza che i prezzi lievitassero, di scovare Kim Min-Jae nel campionato turco e appunto Kvicha Kvaratskhelia nel marasma della stagione russa. Un coreano e un caucasico, provenienti da scuole calcistiche e campionati di seconda-terza fascia, entrambi alla prima esperienza assoluta in Serie A, assieme agli altri (ma eccellendo nel proprio specifico contesto) dettano le regole a un intero campionato. Il Napoli del ds Giuntoli azzecca i campioni mentre lo stanno diventando: né troppo presto, quando potrebbero riservare precoci bruciature, né troppo tardi quando gli emiri del Psg o del City possono mettere sopra il piatto cifre inarrivabili. Che sia nei mesi di appostamento, modello Hemingway in laguna, la gran calma che fa vincere lo scudetto?

   

Perché è la gente che fa la storia, quando si tratta di scegliere e di andare

Il calcio viaggia con le gambe degli uomini. Il gol di Daniel Maldini a San Siro contro il Milan del padre leggenda (dirigente in tribuna) e del nonno capitano di coppa era scritto nel grande libro della Storia. Arnautović trascina i suoi acciacchi fino al 96° minuto, fisicamente e mentalmente in palla con corse e rabone nonostante il vantaggio lo esimesse. Roberto Pereyra spostato a sinistra è molto più pericoloso, rientrando al tiro, Ehizibue che scoperta, l’inedito tridente udinese in goal alla prima occasione (“eu estou aqui” in eredità lusitana). Lookman si è già preso tutta l’Atalanta, rigori compresi, Sernicola sulle tracce di Hakimi e Dumfries da attaccante mascherato, le olive di Krunić e Carlos Augusto maturate al momento opportuno. E poi c’è il povero Ibanez, nuovo Paolo Negro dalla parte opposta dei meme appiccicati per la vita. Adesso l’ipercompressa giornata infrasettimanale (al via già martedì) e il turnover si incaricheranno di smentire protagonisti e ribaltare le gerarchie, in perfetta logica gran calma, come quando Guardiola, Nagelsmann, la pallanuoto e l’hockey ghiaccio mandano avanti le retrovie mentre rientrano le avanguardie.

   

Perché il bel calcio di questa settimana è frutto di approssimazioni successive

Tante belle partite, si diceva, finalmente. Questa è la settimana dell’amore per il campionato, che sta per eclissarsi due lunghi mesi (ma all’eccezionale nessuno vorrebbe mai derogare): anche Monza-Verona, nel primo tempo scialba come la maglia giallina degli ospiti, nella ripresa si è aperta e riscattata. C’è voglia di giocare, di sfidarsi tatticamente, di portare fuori il braccetto e raddoppiare sul quinto: il 3-5-2 ridisegna la nomenclatura del calcio, come il metodo e il WM lanciarono il centr’half e il quadrilatero. Gli allenatori sono consapevoli che mai come quest’anno i risultati possono arrivare per prove approssimative, cadendo e rialzandosi, rivedendo le proprie stesse convinzioni in base alla rosa e alle sliding doors: chi mantiene gran calma aspetta e risolve, chi improvvisa -per quanto disperato e tentato dal ribaltare tutto - è rimandato al prossimo trimestre. Sperando che porti con sé lo stop alla solitudine del centravanti, pare solo a quella decantata del portiere (“della festa anch’io son parte”, conviene Saba): quanto più facile è arrivare in porta se due attaccanti giocano vicini tra loro, si cercano e scambiano la palla anche dentro l’area?

    

Perché dalla lotta campale tra Generazione Z e “senatori” si capirà il futuro del calcio italiano

I due incontri al vertice della domenica hanno fissato i loro responsi. La Roma non è ancora pronta, sviluppa ma non sfonda, e la Lazio si gode una serata epica senza Sergej Milinković-Savić e Immobile, legittimando la vittoria con una prova di notevole concentrazione e tecnica franca. La Juve ha subìto nel primo tempo le scudisciate dell’Inter, rattrappendosi dentro le maglie a fotocopia interrotta, ma l’Inter si è sfilacciata nella ripresa, palesando limiti nelle fasce e nei cambi, al di là degli episodi. Durante il Mondiale impazzerà il mercato toccasana, intanto tiene banco il tema dei debuttanti: da Volpato a Iling Junior, da Baldanzi a Colombo, questa settimana torna sugli scudi la nidiata bianconera. Che sconta la battaglia campale con i “senatori” pronti al rinnovo di contratto, disposti a tutto pur di non cedere il campo a coloro che non vogliono finire da expat. O almeno, non sùbito. Il discorso è suggestivo, perché dice molto della capacità del calcio italiano di rigenerarsi, dare fiducia, attribuire responsabilità come accade all’estero; o invece perpetuare tradizioni, vivacchiare di rendita, far pesare la seniority dei baroni. Sorteggi europei alla mano, passa da questi argomenti la capacità di far mangiare ancora pasta e Fagioli alle avversarie continentali, per non finire col diventare il gerontocomio di lusso dei Fàbregas a fine carriera.

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