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gran calma #12

La Serie A vivacchia aspettando Qatar 2022

Enrico Veronese

Il primo Mondiale autunnale è sempre più incombente e determina l’esistenza di un Campionato Breve: quello dei club, sopra i quali pende la spada degli infortunati veri, presunti o immaginari, timorosi di perdere l'appuntamento con la Nazionale

I risultati della 12esima giornata di Serie A

Napoli-Sassuolo 4-0 (4′, 19′, 77′ Osimhen, 36′ Kvaratskhelia)
Lecce-Juventus 0-1 (73′ Fagioli)
Inter-Sampdoria 3-0 (21′ De Vrij, 44′ Barella, 73′ Correa)

Empoli-Atalanta 0-2 (32′ Hateboer, 59′ Lookman)
Cremonese-Udinese 0-0
Spezia-Fiorentina 1-2 (14′ Milenkovic, 35′ Nzola, 90′ Cabral)
Lazio-Salernitana 1-3 (40′ Zaccagni, 50′ Candreva, 68′ Fazio, 77′ Dia)
Torino-Milan 2-0 (35′ Djidji, 37′ Miranchuk, 67′ Messias)

Verona-Roma 1-3 (26′ Dawidowicz, 45’+1 Zaniolo, 88′ Volpato, 90’+1′ El Shaarawy)
Monza-Bologna 1-2 (57′ Petagna rig., 60′ Ferguson, 73′ Orsolini)

 

 

La classifica della Serie A dopo 12 giornate

Napoli 29; Atalanta 27; Milan 26; Roma 25; Lazio e Inter 24; Juventus e Udinese 22; Torino 17; Salernitana 16; Sassuolo 15; Bologna e Fiorentina 13; Empoli e Spezia 11; Monza 10; Lecce 8; Sampdoria 6; Verona 5; Cremonese 4.

    

Perché l’attesa del 2023 sancisce il Campionato Breve, e come sfangarla fino al Mondiale

Ormai non si contano più le volte in cui, a proposito di calciatori infortunati anche lievemente, si legge “tornerà nel 2023”, “anno solare chiuso”, “saluta fino a dopo il Mondiale”. Già, il primo campionato del mondo autunnale è sempre più incombente e, nella narrazione quotidiana più che nella realtà ininterrotta dei fatti, determina l’esistenza di un Campionato Breve (ci perdoni Hobsbawm): quello dei club, sopra i quali pende la spada degli infortunati veri, presunti o immaginari, timorosi di perdere l’appuntamento con la storia o, purtroppo, sfortunati dell’ultimo minuto. Tutto è in funzione del Qatar, anche per gli sportivi italiani che magari avrebbero preferito prolungare l’ormai secondaria vicenda della Serie A, invece di scegliere quale nazionale tifare per simpatia. Il 2023 del calcio, visto dall’oggi, è come l’approdo mitologico di ogni pratica, scadenza, progetto che fino all’anno scorso si soleva rinviare a dopo le feste: “È quasi Natale, dai”, sgattaiolavano le capoliste di turno per fare il pieno di foraggio a fari spenti. Quando il gioco di società dovrebbe essere: chi ci rimetterà, da questo rinvio della resa dei conti? Ancora presto, ma oggi solo il Napoli ha da perderci la forma.

  

Perché cinque gesti tecnici (e uno atletico) valgono sempre il prezzo del biglietto

Si diceva di una Serie A ormai gregaria ai maggiori campionati europei, dove imperversano sceicchi ed emiri, o le grandi società per azionariato diffuso. La primazia degli anni Ottanta-Novanta forse non tornerà più, e nel mare di mediocrità (ogni settimana almeno un’ipotetica big ci rimette punti) urge aggrapparsi alla bellezza non estemporanea: in questa giornata, più che mai in stagione, alcune prodezze individuali paiono fatte apposta per la revisione in loop, la sezione da ogni reverse angle, l’eternità in video da 14 secondi per 24 ore. Lo stop e il morbido pallonetto di Candreva, lo slalom di Buonaiuto e quello di Correa - divergente solo l’esito - come il lob alla cieca di Fagioli, il rigore parato col piede da Vicario sono gemme dove il singolo risolve a suo modo, o almeno ci prova, forte di un bagaglio riconosciuto e quindi non casuali. Chi ancora frequenta gli stadi conservi il ricordo di averli visti coi propri occhi, assieme all’ennesima dimostrazione di forza e padronanza da parte di Nicolò Barella, ancora una volta il miglior calciatore italiano della sua generazione: aiuta a non starci troppo male, quando si cambia canale per ammirare de Bruyne o il Bayern. E chissà mai se un ipotetico Ministero della Sovranità Sportiva potrebbe contribuire all’inversione di rotta: gran calma, non può desertificare per sempre.

   

Perché le partite si vincono con i cambi, ma al testuale Pioli non riesce come a Mourinho

Fine del primo tempo allo stadio Olimpico di Torino, i granata stanno vincendo 2-0 contro il Milan. Pioli manda in campo contemporaneamente Dest, de Ketelaere e Rebić, sostituendo in un sol colpo Kalulu (ammonito), Brahin Diaz e addirittura Rafael Leão in serata no. Se tre cambi del genere al 46° non sono una bocciatura dell’impianto, poco ci manca: anche perché la rivoluzione, espansa poi con Giroud e Bennacer, non cava un ragno dal buco che non sia il discusso gol di Messias, non sufficiente a raddrizzare il punteggio. Al Bentegodi di Verona, invece, la Roma affronta la seconda metà della partita in parità ma in vantaggio di un uomo, per l’espulsione di Dawidowicz (peraltro autore del gol gialloblu): Mourinho si gira e vede Belotti, el Shaarawy, Matić, il giovane Volpato e pure Shomurodov. Tutti costoro entreranno in campo alla spicciolata e ribalteranno l’esito dell’incontro, quasi in extremis, ma senza che a uscire siano Abraham né Pellegrini: solo Zaniolo, altro match winner toccato duro, a un certo punto viene estratto dalla sagra del gioco offensivo, fin lì utile solo a marcare il predominio territoriale. La morale? È sempre quella: per ottenere qualcosa di diverso non basta avvicendare gli uomini, bensì provare a pensare schemi, accorgimenti, moduli differenti. Anche a costo di rischiare, come il Faraone a tutta fascia e i neomaggiorenni destinati a salvare la Juve. La gran calma, in questi casi, nulla stringe.

 

Perché il calcio cammina con le gambe degli atleti, e un’ammonizione pesa più di una sconfitta

Maurizio Sarri, uno che ne capisce, sta sicuramente rivedendo con la mente l’ultima parte di Lazio-Salernitana, quando la sua squadra (già sotto nel punteggio) si affanna per rimettere in piedi l’incontro, e non scivolare dalle zone alte. Inizialmente aveva deciso di non schierare Sergej Milinković-Savić, tre gol e almeno il doppio di assist fin qui: il serbo era diffidato e un’ammonizione lo avrebbe estromesso dal derby del prossimo turno. Ma, forse per la prima volta in stagione, i biancoazzurri sono in difficoltà: pertanto Sarri perde anche le ultime remore, manda in campo il totem della provvidenza, e questi incappa nella quasi inevitabile ammonizione da fretta. Gelo in curva nord, perdere il Sergente nell’incontro più importante dell’anno è peggio che lasciare i tre punti all’ex consociata di Lotito: quando un uomo “fa” la squadra, è quel che succede. Ora la Roma è lanciata e diventa favorita: gran calma? Ditelo nei paraggi di Monza, dove la recente solidità dei locali era fondata anche sopra l’autorevolezza difensiva di Pablo Marì, messo fuori uso da un pazzo omicida mentre faceva la spesa al supermercato: due o tre mesi di assenza, fortuna che c’è il tempo di un Mondiale, e un senso di vuoto esistenziale al quale nessun rinvio avrebbe giovato. Ne approfitta intanto il Bologna, ma il contraccolpo morale potrebbe essere più lungo.

 

Perché le alchimie tattiche fanno il giro e ripartono dal libero. Almeno in Serie B

Escursione nei bassifondi della Serie B, e forse fuori dal tempo. Sabato pomeriggio, bella giornata di sole allo stadio Penzo, dove l’Ascoli espugna Venezia a ritmi da gran calma e schierando Eric Botteghin da libero. Sì, il 35enne brasiliano, già al Feyenoord, stava isolato e a una certa distanza dai due marcatori centrali della sua difesa: davanti aveva il niente dell’attacco arancioneroverde, d’accordo, ciò non toglie che ha fatto una certa impressione vedere plasticamente una tale espressione del ruolo, così scomparso dai radar anche dopo la reinterpretazione di Sebastião Lazaroni nel Brasile ’90. Botteghin, antenati provenienti da poco distante, prendeva proprio in seconda battuta coloro che - assai raramente - sfuggivano al primo controllo, infondendo sicurezza al portiere Guarna, al resto della difesa, all’allenatore e alla tifoseria. Stai a vedere che, esperite tutte le varianti del calcio proattivo, delle sovrapposizioni e dell’assenza di riferimenti offensivi, la vera novità sta nel rinverdire le teorie di Gipo Viani, datate ottant’anni fa?

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