Roman Abramovich (Ansa)

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Nessuno ha sconvolto il calcio quanto Abramovich

Jack O'Malley

L’oligarca russo è quello che, con il Chelsea, ha sfondato il muro, attirando sceicchi, fondi e miliardari

Mentre il mondo buono e giusto pensa di fermare una guerra impedendo a un gruppo di disabili russi di partecipare alle Paralimpiadi invernali manco fossero loro ad assediare Kyiv, provo a pensare a cose più frivole per non sbronzarmi più del dovuto. Che poi, frivole: da quando il calcio è diventato strumento politico anche i ventidue uomini in mutande che inseguono un pallone – e alla fine vince una squadra inglese – ha perso gran parte della sua drammatica leggerezza. Mi spiego. Prendete i tifosi interisti: si erano avviati a vivere con serenità il finale di stagione da primi in classifica, addirittura sognare il colpo di culo contro il Liverpool in Champions, provare a vincere la Coppa Italia e festeggiare la seconda stella.

 

Nel giro di un mese la leggerezza è diventata dramma: là davanti non segnano più, la difesa sembra quella di una squadra di Ligue 1, ogni volta che Milan e Napoli rallentano, l’Inter fa peggio, ma soprattutto si sta materializzando l’incubo peggiore, il recupero di una delle Juventus più brutte degli ultimi dieci anni. I bianconeri sono nella classica situazione in cui possono permettersi di dire “ma figurati se vinco il campionato”, e nel frattempo vincerlo ed essere ricordati come degli eroi dai propri tifosi. Non so se succederà, e in fondo non me ne frega niente, però la scusa è buona per alzare il boccale e brindare allo psicodramma che sta per investire i nerazzurri. 

 

Peggio di loro stanno i tifosi del Chelsea, questo è indubbio. Dopo avere fatto loro vincere letteralmente tutto, il proprietario Roman Abramovich ha deciso di vendere il club acquistato quasi vent’anni fa. La guerra, i suoi rapporti con Putin, le sanzioni e l’odio del Parlamento inglese nei suoi confronti gli hanno consigliato una resa onorevole (gli utili della vendita andranno alle vittime della guerra in Ucraina). Abramovich non è stato uno qualunque, però. Ha preso il Chelsea quando era quarto in campionato e lo lascia da terzo. In mezzo però ha vinto cinque Premier, due Champions League, due Europa League, cinque FA Cup e tre Coppe di Lega, spendendo un miliardo e mezzo di sterline. Abramovich ha sfondato un muro, e attraverso la sua crepa molti miliardari, sciecchi e fondi stranieri si sono gettati sul calcio inglese prima, ed europeo poi, seguendone l’esempio. 

 

L’oligarca russo è forse l’uomo che più di tutti ha sconvolto il calcio del Ventunesimo secolo, il problema è che ora lascia un Chelsea paradossalmente in difficoltà – lo scriveva Jonathan Wilson sul Guardian – che difficilmente troverà un altro Abramovich disposto a coprire buchi e mancanze con valanghe di soldi e non troppa strategia. C’è un tempo per tutto. E ci sarebbe anche un tempismo per tutto. Poiché nel caos si arricchiscono sempre i più scaltri, Andrea Agnelli è tornato all’attacco dell’Uefa con l’idea della Super Lega, affatto abbandonata e pronta a tornare riveduta e corretta. Roba da fare già rimpiangere il capo dei sopravvalutati Marcelo Bielsa, appena cacciato dal Leeds, che dopo avere riportato in Premier aveva trasformato in una Salernitana inglese. Ma brindo a lui lo stesso, of course.

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