Jannik Sinner (foto LaPresse)

il foglio sportivo - il ritratto di bonanza

Sinner, è arrivato il futuro

Alessandro Bonan

È già bravo adesso. Ma la cosa che ci rende davvero euforici è sapere che il tennista altoatesino domani sicuramente sarà un grande campione

Ora che ce l’abbiamo, possiamo guardare oltre, verso il futuro. È più di un giocatore di tennis, è un figlio riconosciuto da grande e di cui ci è sfuggita l’infanzia. Chissà com’era Jannik da bambino. Sappiamo che gli piaceva sciare, che portava lunghi capelli rossi che contrastavano con la pelle  bianco latte. Poco di più. E vorremmo sapere che cosa ci siamo persi di lui sin qui, per scoprire ancora meglio il suo segreto. Da un paio d’anni, dopo il successo a Milano alla Next Gen, ci siamo ritrovati in famiglia questo ragazzo alto, dinoccolato, lievemente piegato in avanti come un fiore sospinto dal vento. Lo abbiamo intravisto lontano, giocare in giro per il mondo, vincere, quando tutti stavamo perdendo qualcosa con questo maledetto Covid-19. Ci ha lentamente restituito un’idea smarrita di futuro.   

 

Perché Jannik è già bravo adesso ma domani sarà sicuramente un grande campione. È questa certezza che ci rende euforici. Non eravamo abituati ad un “figlio” così. A Torino, in questa settimana, la famiglia si è allargata. Il tennis infatti è uno sport individuale dove però è possibile riconoscersi in maniera collettiva. Tutti per Berrettini, tutti per Sinner. Sono stati loro la nostra famiglia. Berrettini si è dimostrato prima un giocatore vero e poi un uomo. Non era semplice, nei suoi panni. La rinuncia è spesso malintesa, scambiata per debolezza. Nel suo caso abbiamo assistito a una vera e propria prova di coraggio. La maniera in cui Matteo ha scambiato il testimone con Jannik, è stata così misurata e leggera, da farci inevitabilmente confrontare il mondo del tennis con quello del calcio dove le relazioni non sono così educate. 

Sinner è sceso in campo accompagnato dalla mano gentile di Berrettini, si è accomodato sopra il sintetico, inizialmente con pudore, timidezza, e progressivamente con la convinzione di chi sa di dover recitare il ruolo di protagonista per sé, per il pubblico e nel rispetto dello stesso Berrettini. Era apparso stanco nelle ultime uscite, svuotato, ancora segnato dalla sconfitta subita al circo contro Tiafoe. A Torino è resuscitato, sospinto dall’entusiasmo del popolo e dall’energia dei suoi vent’anni. Ha messo ordine alle proprie idee, perché la disciplina, l’ordine appunto, gli appartengono. Ha perfino provato a uscire dal suo cliché, fatto di compattezza e serietà, sollevando il braccio verso la folla. Si è lievemente fatto trasportare dalle emozioni quando, con gli occhi lucidi, ha reso omaggio al compagno Matteo. E infine ha trovato la forza di reagire agli schiaffi ripetuti di Medvdev, il giocatore dal tennis maligno come il suo sorriso. In pochi giorni ci ha fatto sognare e guardare oltre, verso il futuro. Che bello avere un figlio così!

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