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La Roma, eterno ritorno dell'uguale

Andrea Romano

Da Fonseca a Mourinho: nuovo anno, nuovi calciatori, stesso esasperante copione con tanto di figuraccia europea. Come direbbe Flaiano: "La situazione è grave ma non è seria"

La sovrapposizione è quasi totale. Ed è proprio questa la parte peggiore della storia. Perché la Roma sembra essere finita in un cronosisma. Gli steccati che delimitano le annate sono saltati per aria uno dopo l’altro. Così adesso distinguere quello che è da quello che è stato diventa praticamente impossibile. La sensazione di déjà vu si è fatta permanente. Ma anche disturbante. La Roma di Mourinho come la Roma di Fonseca. In opere e omissioni. Eppure non nella classifica. Dopo 12 giornate la squadra dello Special One ha raccolto addirittura 5 punti in meno rispetto a quella del suo predecessore. Un record al contrario che semina imbarazzo. Sopratutto perché sfugge ai tentativi di razionalizzazione.

 

Già lo scorso aprile, dopo l’ennesimo disastro il club aveva deciso di cambiare tutto. Nuovi dirigenti. Nuovo allenatore. Nuovi calciatori. Solo che i problemi sono rimasti uguali. In appena qualche mese la Roma si è trasformata in un Ebenezer Scrooge che continua a ricevere sempre e solo la visita del fantasma del Natale passato. La partita contro il Venezia ha assunto contorni sconcertanti. Non tanto per il risultato, quanto per i contenuti. La discontinuità è dissolta. Si va avanti copincollando gli errori precedenti, riabbracciando quelle situazioni di cui ci si voleva sbarazzare. Dopo un anno la Roma continua ad andare in cortocircuito su ogni verticalizzazione degli avversari. E chi pensava che Mourinho avrebbe dato vita a una squadra corta, con linee in grado di compattarsi per poi espandersi nuovamente nelle ripartenze è rimasto deluso. I terzini sono ancora un problema, Karsdorp non ha un sostituto all’altezza e Bruno Peres si è trasformato addirittura in un rimpianto di Mourinho. Smalling continua a essere indisponibile, Kumbulla è un enigma che non è ancora stato risolto.

 

La squadra ha ripreso a giocare con la difesa a tre. Più per necessità che per convinzione. Cristante, il miglior centrocampista giallorosso al momento, è stato nuovamente schierato al centro della retroguardia. Un ruolo che gli aveva affidato Fonseca. E nel quale non aveva mai convinto. L’azzurro fa quel che può. Aiutando in costruzione, soffrendo in marcatura. Proprio come Mancini, bravo nell’anticipo, nella costruzione, ma che ogni volta che viene puntato finisce per andare in difficoltà. Questo 2021 della Roma assomiglia drammaticamente al 2020 della Roma. Con Carles Perez impalpabile, con un centravanti che segna poco (Abraham, però, sembra quasi un calciatore sovradimensionato rispetto all’attuale livello della squadra e i gol arriveranno), con El Shaarawy che funziona a corrente alternata.

 

Anche la tradizionale imbarcata europea è già arrivata. L’anno scorso Fonseca ne prese 6 in Europa League. Dal Manchester United. E quest’anno Mourinho ne ha presi 6 in Conference League. Ma dal Bodø Glimt, 138° nel ranking Uefa. "La situazione è grave ma non è seria", direbbe Ennio Flaiano. E forse sarebbe anche vero. Perché in fondo questa Roma ha del potenziale inespresso, dei punti interrogativi che possono diventare esclamativi in una frazione di secondo. La presenza di Mourinho è una garanzia. Più per il mercato che verrà che per il gioco che la squadra sarà chiamata a esprimere. Ma d’altra parte era chiaro fin da subito: senza una rosa di livello neanche uno che in carriera è diventato santone e santino, uno che ha dichiarato di venire subito dopo Dio può realizzare il miracolo di uscire da questo cortocircuito temporale.

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