José Mourinho e Antonio Conte (Ansa)

Il foglio sportivo - That win the best

Conte specializzato nel sedersi sulla panchina di Mou

Jack O'Malley

Lo Special One che ha già ricominciato a usare il suo solito armamentario rischia l’implosione

Ve lo giuro sulla pinta che sto sorseggiando in questo momento: pensavo che José Mourinho ci avrebbe messo di più, prima di aggrapparsi come un disperato al Grande Alibi del complotto arbitrale. Il nostro, sempre sia lodato soprattutto per ciò che ha fatto in Premier League, ha intrapreso già da qualche stagione una china discendente, per certi versi analoga a quella che imboccò il suo maestro, Louis Van Gaal, genio vincente a livello internazionale negli anni Novanta e poi buon allenatore di squadre che non potevano non vincere qualcosa a livello nazionale. Il fatto è che Mou allena una squadra, la Roma, che ha una rosa neppure lontanamente paragonabile a quelle delle ultime tre squadre in cui è stato e dalle quali è stato esonerato: Chelsea, Manchester United e Tottenham. Ha puntato subito sul suo carisma, usato alla perfezione i social network per spingere sull’appartenenza ai colori giallorossi dei tifosi (facile, è come spingere sulla birra con me), agitato il pugno verso gli spalti ed è corso sotto alla Curva Sud.

 

Poi però i limiti della squadra sono venuti fuori, e lo Special One ha ritirato fuori l’armamentario che ai tempi dell’Inter aveva funzionato alla perfezione: il rumore dei nemici, i torti arbitrali, le assunzioni di colpa per i fallimenti della squadra, il rispetto per i tifosi. All’Inter però aveva una squadra di fenomeni e una società con un peso, poteva fare il gesto delle manette in favore di telecamera ma al contempo fare sarcasmo sugli zeru tituli delle avversarie. Adesso che ne prende sei dal Bodo Glimt e non tira in porta contro il Milan in undici è difficile restare credibile dando la colpa di ogni fallimento sul campo agli arbitri. Mou è furbo e conosce bene gli italiani, sa che più che grandi amatori sono grandi moviolisti, e a Roma ha trovato il terreno più fertile possibile. Ai romanisti non sembra vero di avere un allenatore con un altissimo profilo internazionale confermare quello che pensano da sempre, e cioè che c’è qualcuno nel palazzo che non vuole fare vincere i giallorossi.

 

Quanto durerà? Gli auguro quanto una seduta di tantra, ma se continua così il rischio è l’implosione. Io, intanto, seduto sulla sponda giusta della Manica mi gusto il ritorno in Premier di Antonio Conte, ormai specializzato nel sedersi sulle panchine prima occupate da Mourinho. Questa volta fare meglio del portoghese non è un’impresa impossibile: il Tottenham non vince nulla dai tempi in cui io ero sobrio, e la vera sfida è alla storia di un club da sempre primo nella classifica del Vorrei-ma-non-posso fino a essersi specializzato anche nel Potrei-ma-non-voglio. L’esordio in Europa League è stato da infarto, quasi quanto le ultime due partite del Manchester United. Una settimana fa scrivevo che Solskjaer deve essere cacciato (e chissenefrega), tanti dicevano che proprio Conte era pronto a prenderne il posto. Lui invece è andato a battere proprio il Tottenham, che ha quindi esonerato Espirito Santo e preso l’ex manager dell’Inter. Adesso i Red Devils possono ricominciare a perdere. Come la Juve in Serie A, con Allegri che da anticalcio sopravvalutato è subito tornato a essere un genio dopo la vittoria sullo Zenit in Champions. Fino alla prossima sconfitta.

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