ANSA/ALESSANDRO DI MARCO 

Il foglio sportivo

Mou, la grande occasione per tornare Special One

Giuseppe Pastore

Lo Juventus Stadium lo accoglierà con una selva di fischi. Per ora ha solo graffiato. Avrà ancora gli artigli?

C’è un magnifico film del 2005, regia di David Cronenberg, che forse definisce il momento attuale di José Mourinho. Si chiama A History of Violence ed è la storia di Tom Stall, un padre di famiglia esemplare (Viggo Mortensen) che vive in una piccola città dell’Indiana ed è proprietario di una tavola calda. Un giorno due rapinatori gli entrano nel ristorante e minacciano di fare una strage: l’uomo si difende uccidendoli, diventa un eroe locale, ma l’episodio fa riemergere la sua vera natura, sopita a lungo e nascosta ai suoi familiari per quieto vivere. Confidiamo che il vecchio Mou, ingrigito ma sempre vigile, apprezzerà la metafora: allo stato attuale sembra uno di quegli agenti segreti “dormienti” ma pronti a risvegliarsi e tornare in servizio per la ragion di stato. Ovvero, la sua.

Dopo una settimana trascorsa a ragionare più di fischi che di pallone, la Serie A torna con una portata principale che sarà sicuramente accompagnata da una colonna sonora a cento decibel. Che Mourinho venga fischiato allo Juventus Stadium non è una possibilità, ma una certezza: l’ultima volta che ci aveva messo piede, il 7 novembre 2018 in Champions League, era finita a schifìo con i Red Devils immeritatamente corsari a Torino, alla fine di una delle poche partite ben giocate dalla Juve di Allegri&Ronaldo. Dileggiato per tutta la partita, Mou aveva rivendicato l’ultima parola dopo il fischio finale e aveva teso la mano destra all’orecchio, ricevendo naturalmente una razione quadrupla di rabbiose contumelie. Questo Juve-Roma sembra arrivare apposta per ricelebrare tutto questo, se non fosse che Mourinho proclama d’esser cambiato.

Lo proclama da parecchio, e non c'è motivo di dubitarne; ma nelle pieghe dell’unico scontro diretto fin qui disputato dalla Roma, il derby perso 3-2 e avvelenato dalle polemiche sull’arbitraggio, Mourinho si è di nuovo fatto serpentesco, affabulatore, orientando il dibattito sul signor Guida e non sugli errori dei suoi, perciò raccogliendo il plauso del romanismo da web-stampa-radio. Siamo di quelli che pensano che la Roma abbia armi e qualità per fare la partita a Torino e anche bella, anche se contemporaneamente Allegri avrà riguardato Lazio-Roma fino allo sfinimento e avrà già mentalmente sovrapposto Chiesa, Cuadrado e Bernardeschi a Immobile, Pedro e Felipe Anderson che fecero a fette la sovraesposta difesa romanista a suon di ripartenze. Però da che mondo è mondo Juve-Roma è anche uno scontro di cervelli, di parole e di provocazioni che a volte si ritorcono contro i provocatori.


Chi sono oggi Mourinho e Allegri? Due boomer, due allenatori fuori tempo sorpassati a destra e a sinistra, o due sleeper agents in attesa di tornare in azione? Spiace che non sia mai stata una grandissima rivalità da finale di Champions, là in alto dove l’ossigeno inizia a mancare e c'è meno spazio per il pensiero lucido. Meno ossessionato e quindi meno esposto dell’arci-nemico Guardiola, Allegri sarebbe stato un avversario durissimo anche per il miglior Mourinho di sempre, il Manipolatore Sommo che s’è un po’ perso da quando ha lasciato il Real Madrid, uscendone segnato anch’egli. In tutti e due alberga ormai il sentimento del fatalismo, un autunno non solo anagrafico ma professionale: Allegri ha preso da tempo a sminuire i meriti della sua categoria e di conseguenza anche i propri, che invece sono evidenti almeno quando costringe i campioni d’Europa a 90 minuti di petting senza mai poter affondare il colpo. Mourinho, costretto dalle caratteristiche della Roma a spostare in avanti il baricentro (niente più “autobus davanti alla porta”, per sua e nostra fortuna), si sta barcamenando alla ricerca della quadra. Nel frattempo tenta ancora la via del graffio, ma gli artigli sembrano forbici dalla punta arrotondata anche perché l’ambiente è meno adorante di un decennio fa, meno disposto ad assecondarlo: “Il calcio italiano è migliorato tanto, dopo una partita così volete parlare di calcio e non di arbitri”, aveva detto a DAZN nel post-derby con sottile gusto del paradosso, ma anche singolare amarezza.


Allegri e Mourinho sono oggi a capo di due eserciti popolari di diverso umore. Abbacchiato il popolo juventino dopo il flop sportivo dell’operazione Cristiano Ronaldo, eppure intimamente contento di ritrovare in campo concetti familiari dopo due anni disorientanti; ansioso e febbricitante il popolo romanista, convinto che da solo Mourinho abbia alzato l’asticella, il cosiddetto standing di una società a secco di titoli dal 2008. A meno che non si risolva in un crepuscolare pareggino, Juve-Roma confermerà il declino dell’una e metterà le ali all’altra, e non solo per i benefici immediati di classifica. Darebbe fiducia alla Juve che c’è vita oltre CR7 anche per l’altissima classifica (l’anno scorso fu il portoghese a segnare tre dei quattro gol juventini contro la Roma – il quarto fu un autogol di Ibañez), così come alla Roma, che l’anno scorso uscì regolarmente maciullata nel corpo e nello spirito dalle “partite importanti” e quest’anno, al momento, ne ha persa una su una. Copione scontato, sul campo come sul palco: Allegri a ripartire e Mourinho a comandare, dacché ogni sua sfida con la Juve ha avuto la sua spruzzata di pepe, persino contro le versioni più disgraziate. Ora non è chiaro quali fuochi accenderà, quali pirotecnie escogiterà per mettere pressione, la specialità della casa, su un allenatore straordinariamente bravo nello scrollarsela dalle spalle, la pressione. O forse non farà nulla del genere, alimentando ulteriormente l’illusione che sia diventato buono, fino alla prossima clamorosa agnizione. Anche questo è spettacolo. Sapete come si dice: il più grande trucco del diavolo è far credere che non esiste.