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La pirateria è solo uno dei problemi di Dazn

Andrea Trapani

Gli errori della piattaforma che offre la Serie A in streaming nella gestione dell'affaire della condivisione dell'account. E aumentano i clienti insoddisfatti del servizio della piattaforma in streaming

Prima l’accelerata, poi la frenata. Gli ultimi giorni in casa DAZN sono stati frenetici. Complice una ‘soffiata’ del Sole 24 Ore, la tv in streaming è tornata a essere un argomento mainstream facendo arrabbiare perfino i suoi più grandi estimatori.

 

Un passo indietro

C’è chi ha parlato di “tradimento” come Matteo Flora, c’è chi è stato più pragmatico facendo notare che fosse impossibile che tutti gli abbonati fossero del tutto ignari rispetto al fatto che i due flussi previsti fossero destinati allo stesso utente o al massimo ai suoi familiari. Certo, DAZN ha le proprie colpe: si può facilmente trovare in rete come sua sponte, almeno fino allo scorso 12 ottobre, avesse scritto sul sito ufficiale che, dietro al suo abbonamento, non ci fosse “alcun vincolo, solo la passione per lo sport ad unire stanze, città, regioni e persone diverse. Tutto e tutti su DAZN: a 29,99 euro al mese, per due”.

Ecco. Per due. Furbetti o meno, questo passaggio rappresenta il momento di crisi nella discussione che si è sviluppata negli ultimi giorni. Non serve guardare il contratto, la questione è nota: quella che viene chiamata "concurrency" viene infatti definita al punto 8.3 delle condizioni generali di utilizzo (“L’abbonamento dà diritto all’utilizzo del Servizio DAZN su un massimo di due (2) dispositivi contemporaneamente. Ai sensi del precedente Articolo 8.1.2, l’utente accetta che i dati di login siano unici per lo stesso e non possano essere condivisi con altri”), come d’altro canto la legge prevede che per cambiare i contratti di questo tipo sia sufficiente dare un preavviso di almeno 30 giorni, entro i quali l’utente, se non comunica la disdetta del servizio, si ritrova col contratto modificato.

 

Clienti insoddisfatti? Il sondaggio

A volte tutto questa non conta. La percezione del cliente (e del potenziale nuovo abbonato) è più importante di un contratto. Proprio ieri un sondaggio di YouTrend, in collaborazione con Altroconsumo, ha fotografato una situazione di insoddisfazione generalizzata: ben il 77% degli utenti DAZN ha dichiarato di aver avuto almeno un disservizio da inizio campionato. Tanto che, se le cose non cambiano, meno della metà degli attuali abbonati si abbonerebbe nuovamente il prossimo anno. Un dato significativo, ricorda la società di analisi, che diventa peggiore se si prende in considerazione soprattutto chi ha in casa una connessione lenta.

Il calcio in streaming ha i suoi difetti, lo sappiamo. Ha anche importanti meriti, tra cui quello (apprezzatissimo) di poterlo seguire ovunque e con qualunque dispositivo. Tanto che DAZN ha fatto marcia indietro nella serata di ieri. Il ministro Giorgetti, con la sua convocazione, di sicuro ha fatto un’opera di moral suasion molto efficace. Di sicuro anche gli utenti hanno fatto sentire la loro voce.

 

La nota di DAZN

“Fin dall’inizio del campionato di calcio di Serie A abbiamo constatato un considerevole incremento di comportamenti non corretti che non può essere ignorato. Tuttavia, nel rispetto di coloro che usano in modo corretto la condivisione e con l’obiettivo di tutelare l’interesse dei nostri abbonati, nessun cambio verrà introdotto nella stagione in corso. Per concludere, auspichiamo che l’attenzione sollevata dalle indiscrezioni circolate, porti ad una riflessione seria e concreta sul tema degli abusi contrattuali e della pirateria, aspetti che riguardano tutto il mondo delle OTT e non solo DAZN”, ha scritto la società nel pomeriggio di ieri. Una scelta comprensibile che va vista nel suo complesso.

 

Pirateria e non solo, un problema di ricavi

La condivisione degli account – che non piace più neanche a Netflix - aumenta la pirateria? Forse sì, di sicuro fa diminuire i ricavi. Almeno quelli potenziali.

Non ce ne voglia DAZN ma il sospetto è che la pirateria sia solo una parte del problema. Anche perché rintracciare chi condivide lo schermo con i siti pirata lo si sta facendo già da anni: avete presente quel numero in caratteri bianchi che appare durante la partita? Tecnicamente è un watermark, un codice che serve a identificare rapidamente il titolare dell’abbonamento nel caso in cui si decida di riprodurre i contenuti di DAZN (o Sky) su altri siti. Insomma, per dirla in poche parole, se la partita viene ritrasmessa su piattaforme o siti illegali, la società non deve fare altro che disattivare l’abbonamento legato al codice. Questo non significa che la difesa dei propri diritti di trasmissione non sia un problema serio. Anzi. Per la pirateria ci sono molte considerazioni da fare: è indubbiamente un crimine e una (grande) fonte di guadagno per organizzazioni malavitose, ma nell’ambito della (benedetta) concorrenza la moltiplicazione dei servizi ha probabilmente generato tanto una dispersione dell’offerta quanto un aumento dei costi per gli abbonati.

DAZN in questo caso non ha colpe. La Lega di Serie A è stata protagonista di un (discusso) bando sui diritti televisivi e, al momento, quasi nessuno sembra esserne contento. Nemmeno chi ha vinto, per ora. Avere tre abbonamenti per seguire il campionato e le coppe europee, utilizzando a seconda della partita il satellite o lo streaming, potrà anche aver diminuito i costi totali, ma il telespettatore medio sembra essere più confuso che felice.

Se invece dà fastidio (o peggio ancora, se produce danni economici) il fatto che non siano genitori e figli a condividere lo stesso account in due case diverse, ma due sconosciuti senza conoscersi (e che sono connessi tra di loro tramite la miriade di messaggi su forum e siti di condivisione) non c’è scelta. Bisogna avere il coraggio di cambiare quell’articolo delle condizioni generali di contratto. Se non si vuole dare questa possibilità, va tolta. Magari in tempi migliori.

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