Il Foglio sportivo

Tennis, MotoGp e Formula Uno: va in scena una rivoluzione generazionale

Umberto Zapelloni

Da Quartaro a Verstappen, da Sinner agli arbitri: nello sport sta arrivando il momento dei giovani, che guardano all'orizzonte in piedi sulle spalle dei giganti. E provano a superarli 

Arriva un momento nello sport, come nella vita, in cui bisogna farsi da parte e lasciare spazio ai giovani che, come cantava un tempo Jovanotti, non hanno più i capelli lunghi e le basette come cespugli. Trasmettono piuttosto nuove sensazioni e giovani emozioni per dirla alla Lucio Battisti, un altro poeta tra le note. Il vento forte del cambio generazionale sta cominciando a soffiare e a un certo punto diventerà difficile fermarlo.

 

Fabio Quartararo che per le origini siciliane va pronunciato senza accento sulla “o” non ha battuto nessun record di precocità in uno sport dove si comincia a vivere (e purtroppo anche a morire) molto presto, ma è significativo che sia diventato campione del mondo un ragazzo del 1999 proprio nel giorno in cui Valentino Rossi, che in quell’anno aveva già vinto due titoli iridati, ha salutato il suo palcoscenico preferito, quello di giallo vestito, quello di Misano. Loris Capirossi era diventato campione a 17 anni e 165 giorni nel 1990, Marc Marquez lo è diventato a 19 anni e 254 giorni. Quartararo è lontano da quei record, ma è un simbolo di rinnovamento, l’uomo che riporta al Mondiale la moto che aveva stravinto con Vale. Si porta dietro una nuova pattuglia tricolore, da Bagnaia (24 anni) a Morbidelli (26) fino a Bastianini, Marini o Bezzecchi che hanno l’età, ma non il talento che aveva Vale quando era giovane come loro. C’è per tutti un giorno in cui arriva uno più giovane, più forte, più veloce, molto probabilmente anche decisamente più affamato. Valentino ha scavallato i quarant’anni e fosse stato per lui avrebbe continuato fino a cinquanta, ma a un certo punto devi fare i conti con un cronometro, un avversario, un cazzotto che ti fa più male di prima.


Jannik Sinner a 20 anni e due mesi è diventato il primo italiano a vincere quattro tornei in una stessa stagione, il più giovane ad averne vinti cinque in carriera da quando l’impresa nel 2007 riuscì a un certo Novak Djokovic. Anche lui è un uomo del futuro, uno di quelli che si stanno mettendo in coda per mandare in pensione i fab three del tennis, che sono avviati sul viale del tramonto e ormai sono rimasti in due, visto che sua maestà Federer ha festeggiato i 40 anni e non vince più un grande slam dall’Open d’Australia del 2018. Djokovic, Nadal e Federer ormai hanno più passato che futuro. Resteranno nella storia. Resteranno dei modelli. Ma non rimarranno a lungo nell’albo d’oro dei tornei principali da cui hanno già cominciato a scivolare fuori. Il cambio generazionale è iniziato e presto correrà ancora più veloce con Tsitsipas a guidarlo dal basso dei suoi 23 anni, ma dall’alto del suo numero 3 nel ranking. Passeremo anni a rimpiangere l’era dei magnifici tre che, senza i guai fisici di Murray, forse avrebbero potuto diventare anche i fab four, ma intanto tiferemo perché nascano o crescano i nuovi fenomeni: da Sinner a Berrettini. Il domani. Ma un po’ anche l’oggi, è di quella che una volta era la next generation.


Come sta accadendo in Formula 1 con Max Verstappen che corre più veloce di Lewis Hamilton, l’uomo dei record e dei sette titoli mondiali. Il campionato non è ancora finito, mancano cinque gran premi e tutto può succedere, ma Max, votato in un sondaggio mondiale come il pilota più popolare, sta vincendo la sua battaglia generazionale. Dopo esser diventato il più giovane vincitore di un Gran premio a 18 anni 7mesi e 15 giorni, non può più diventare il campione più giovane della storia, record detenuto da Vettel (23 anni 04 mesi e 11 giorni), ma il suo Mondiale sarebbe quello del cambio generazionale. Dal 36enne Hamilton si passerebbe al 24enne Max, apripista di una generazione che sta andando velocissima in pista: con  Leclerc, Russell, Norris e Carlos Sainz. C’è in arrivo una bella ventata di gioventù per uno sport che ha visto vincere anche dei quarantenni. Ma anche per i Raikkonen e gli Ibrahimovic arriva il momento di piegarsi all’evidenza, senza che bisogno che a dirglielo siano dei dodicenni come la giapponese Kokona Hiraki, la medaglia più giovane dei Giochi nello skateboard. Ma quello è uno sport da ragazzini. Conta poco. Pensate che nello street le tre sul podio (la tredicenne Momiji Nishiya, la coetanea brasiliana Rayssa Leal e la 16 enne giapponese Funa Nakayama), totalizzavano 42 anni in tre, quanti ne hanno appena compiuti Valentino e Kimi.


È la rivoluzione dei giovani, quelli che non piacciono a Gasperini quando arbitrano. Ma anche tra i fischietti sta andando in onda un indispensabile cambio generazionale. “È inaccettabile essere buttati fuori da questi ragazzini a cui neanche si può controbattere”, ha detto il Gasp di Livio Marinelli che però, a quasi 37 anni, al massimo può essere definito un ex ragazzino. Giovane sì, ma ragazzino proprio no.