Musetti, Sinner e il sogno dei quarti di finale al Roland Garros

Giuseppe Pastore

Il toscano giocherà contro Djokovic, l'altoatesino se la vedrà con Nadal, mentre Matteo Berrettini è già ai quarti dopo il forfait di Federer

Poteva essere ancora più bello. Potevano essere in tre, a Parigi per giunta: i nostri tre giovani spadaccini contro i tre più grandi tennisti dell'era moderna, uno dopo l'altro nello splendido scenario tennistico del Roland Garros che in ogni suo angolo celebra i veri Moschettieri del tennis francese, Jean Borotra, Jacques Brugnon, Henri Cochet e René Lacoste, raffigurati in quattro sculture che troneggiano nella piazza – Place des Mosquetaires, appunto – che nei pomeriggi di sole pullula di sdraio riservate a chi non ha i biglietti per guardare dal vivo i match più prestigiosi e deve accontentarsi del maxischermo. A proposito, mala tempora currunt per i nostri cugini, che per la prima volta nella storia del torneo non hanno portato nessun rappresentante al terzo turno: e le balle ancor gli girano. Com'è noto da ieri pomeriggio, purtroppo Roger Federer ha dato forfait e così Matteo Berrettini è già assiso comodamente ad altezza quarti di finale: così, in questo giorno appiccicoso di caucciù, a recitare la parte del Bartali di paolocontiana memoria restano due under 20 terribili e fortissimi, il 2001 Jannik Sinner e il 2002 Lorenzo Musetti.

 

Lorenzo Musetti vs Novak Djokovic – Campo Centrale, attorno alle 14

Nello spettacolare derby contro Marco Cecchinato vinto al quinto set, Musetti ha sciorinato un tennis brillantissimo che ha fatto spellare mani e luccicare occhi, con almeno due colpi da top 5 del torneo: la volée dietro la schiena con cui ha ottenuto il break in apertura di terzo set e un assurdo pallonetto schiena alla rete atterrato sulla riga laterale, un arcobaleno che ha incenerito lo sbigottito palermitano che sognava di concedere la rivincita a Djokovic dopo l'incredibile vittoria del 2018. Il gap di fisico e d'esperienza tra il numero 1 al mondo e il 19enne di Carrara è abissale (basti pensare che Musetti fino a due giorni fa non aveva mai giocato un quarto e un quinto set), eppure potrebbe essere ridotto da una variabile impazzita: l'entusiasmo invetriato che Lorenzo mette in ogni scambio, forte di una leggerezza che non trova riscontri negli under 21 dell'epoca contemporanea, tutti già molto più roboticamente impostati verso un solido gioco da fondo senza improvvisazioni. La farfalla Musetti ci ricorda invece le primissime versioni di Richard Gasquet – purtroppo, anche nell'attrazione fatale verso i teloni di fondo campo, da cui dovrà cercare di staccarsi per fare quei cinque-sei passi in avanti che lo porterebbero a dominare molti più scambi.

Il pronostico è oggettivamente chiuso a tripla mandata: fin qui Djokovic ha proceduto con il silenziatore, dando 3-0 a Sandgren, Cuevas e Berankis senza mai perdere più di quattro game per set (al terzo turno, addirittura, non ha concesso nemmeno una palla break, circostanza insolita per lui). Ma questo Djokovic-Musetti può avere qualcosina del Djokovic-Cecchinato di tre anni fa o, per salire ancora più in alto, della finale Djokovic-Wawrinka 2015. Ci viene in soccorso la curiosa statistica che – a parte l'arcinemico Nadal e il sorprendente austriaco Melzer nel 2010 – dal 2006 vuole Djokovic sempre battuto a Parigi da giocatori col rovescio a una mano: Thiem, Cecchinato, Wawrinka, Federer, Kohlschreiber. Non c'è cinque senza sei? Musetti avrà il vantaggio di un'estrema spensieratezza, ma chiaramente dovrà rasentare la perfezione non tanto tecnica quanto attitudinale, mantenendo costanti l'incoscienza e il desiderio di sporcare la partita, prendendosi tutti i rischi di cui è capace (e possiede un bagaglio tecnico all'altezza del compito), cercando di portare Djokovic lontano dai suoi consolidati schemi su terra battuta e magari facendolo anche uscire dai gangheri. Se la partita si rivelasse a sorpresa equilibrata, Lorenzo potrebbe anche portarsi dietro il pubblico parigino: nulla è più appassionante di una bella storia che ci cade senza preavviso tra capo e collo in un pigro lunedì pomeriggio che annuncia l'estate, “tra i francesi che s'incazzano, e i giornali che svolazzano”.

 

Jannik Sinner vs Rafael Nadal – Campo Centrale, non prima delle 16

Di Sinner sappiamo già moltissimo, forse troppo: in pochi mesi è già diventato sufficientemente mainstream per essere intervistato da Fazio, essere trasmesso in chiaro sulla Rai e diventare oggetto di un post d'incoraggiamento di Matteo Salvini (prima della finale di Miami: senza troppa sorpresa, non ha portato benissimo). Oggi ritrova Nadal per la terza volta in meno di un anno, sempre sulla terra battuta, dopo i precedenti di Parigi 2020 (3-0 Nadal) e Roma 2021 (2-0 Nadal). Visto il classico iter parigino del maiorchino che solitamente diventa ingiocabile a partire dalla seconda settimana, difficilmente andrà in modo diverso, e già vincere un set sarebbe un'impresa; un primo obiettivo potrebbe essere aggiudicarsi più degli undici game vinti lo scorso ottobre, in uno stranissimo quarto di finale giocato fuori stagione e per di più a notte fonda con temperatura sotto i 10 gradi, in cui Jannik arrivò anche a servire per il primo set e fu, per almeno due ore, all'altezza del più grande tennista di sempre sulla terra battuta. Lo scorso 12 maggio, al Foro Italico, la musica non è stata troppo diversa: Sinner ampiamente in partita, ma inferiore nei punti decisivi di entrambi i set, e perciò 7-5 6-4 e arrivederci al prossimo appello.

Se da un lato confidiamo in un Sinner ancora migliore, com'è normale che accada a un teen-ager che si sta portando a spasso senza apparente disagio le stimmate del predestinato, dobbiamo d'altra parte aspettarci che un Nadal oramai sempre più maestro di strategia conosca molto più profondamente l'acclamato rivale, con cui ha peraltro trascorso due intere settimane di quarantena a gennaio ad Adelaide prima degli Australian Open. Come accade ai giocatori attesi alla distanza, Sinner è andato in crescendo nei primi tre turni: sull'orlo del baratro nel primo turno contro Herbert (che ha anche fallito un match-point), discontinuo ma in controllo nel derby contro Mager due giorni dopo, l'altro ieri ha regolato 3-0 il sorprendente svedese Ymer, che ha venduto la pelle molto più cara di quanto ci si potesse aspettare. Certo, questi tre giocatori non valgono Nadal nemmeno sommati, e Jannik dovrà drasticamente abbassare il numero di errori gratuiti anche semplicemente per rimanere in partita. Di contro non s'è visto un Nadal incantevole né contro Popyrin al primo turno né contro l'antico Gasquet al secondo turno, mentre sabato ha liquidato l'inglese Norrie con un periodico 6-3 più aderente alla sua immagine di eterno Dorian Gray su terra rossa. Ci aspettiamo un match sulla falsariga dei due precedenti, almeno per due set su tre: furente battaglia da fondo e scambi lunghi o lunghissimi, esaltati dagli amplissimi spazi laterali del campo Chatrier, nella speranza che Jannik tenga botta quando Nadal entrerà nella modalità da belva ferita che a Parigi non fa prigionieri da oltre quindici anni.

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