Il Foglio sportivo - il ritratto di Bonanza

Dusan e il cuore di un robot

Alessandro Bonan

Dopo i gol belli e importanti della scorsa stagione, da un po' di tempo Vlahovic è caduto nel silenzio, come un robot senza la spina. Parabola di un invincibile centravanti che sembra aver rinunciato ai sentimenti

Perfino gli androidi hanno un cuore. Come quello del giovane Abel, un ragazzino-robot di tredici anni nato in Toscana dentro un centro di ricerca dell’Università di Pisa. Abel prova i sentimenti di ogni essere umano e li esprime senza vergogna. Sa essere comprensivo, oppure timido. Persino preoccuparsi di fronte alla sofferenza altrui. Abel ti scruta, analizza il tuo sguardo, il battito del tuo cuore e poi ti parla con l’espressione che ci vuole e le parole più giuste. A pochi chilometri da Pisa c’è un ragazzo, meno giovane di Abel, che invece non parla più e nemmeno si commuove. Non è un robot ma un calciatore, anche se ormai non si capisce dove sia la differenza. Il giovane calciatore si chiama Dusan e viene dalla Serbia. Fino all’anno passato era soltanto un giovanotto spaventato, impacciato, perfino goffo in alcune movenze. A San Siro, contro l’Inter, aveva sbagliato un gol già fatto, provocando la rimonta degli avversari. La Fiorentina voleva cederlo, mandarlo a giocare laddove, come un robot dai microchip fulminati, avesse trovato qualcuno in grado di aggiustarlo. 


Ma in breve tempo Dusan è cresciuto, tanto da diventare un invincibile centravanti. Firenze gli si è attaccata addosso, con l’abbraccio della gente. E lui, come il giovane Abel, ha ricambiato quell’affetto con sguardi riconoscenti e pieni d’amore. Con gol belli e importanti ha salvato la squadra e si è ripresentato alla nuova stagione con il piglio di chi ha tanto da dare e magari anche da dire. E invece, all’improvviso, è caduto nel silenzio, come un robot senza la spina. Che è successo?

Qualcuno della sua corte gli ha consigliato di smettere di amare, che quella è una pratica in disuso. Di farla finita con i sentimenti, che tanto ormai non li prova più nessuno. Di accettare la regola dell’avere, perché quella dell’essere, in un tempo così breve che è la vita, si consuma in fretta. E più si ha, meglio si vive. Sai quante case, cose, si possono comprare quando si ha? Dusan ha chinato la testa, imbarazzato e confuso. 


Il ragazzo ha un’indole buona, lo sanno tutti. Ma ha scelto di ascoltare la sua corte, invece di tapparsi le orecchie esattamente come fa dopo aver segnato un gol. Avrebbe potuto dire “non ci sto”, fatemi amare. Avrebbe potuto guardare negli occhi i suoi tifosi, avvicinarsi al cuore della gente e percepirne il battito, proprio come fa Abel, il giovane robot. Ma non sarebbe stato un uomo, e un uomo ormai, ai sentimenti, non pensa più.

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