L'allenatore della Juventus Massimiliano Allegri (foto Ansa)

il foglio sportivo - il ritratto di bonanza

Il tono e il contenuto di Max Allegri

Alessandro Bonan

È bastata la sua prima uscita pubblica per capire che questo Allegri non sembra affatto diverso dall’allenatore che fu

Se n’era andato, in una notte di primavera, senza sbattere la porta, convinto che un anno di vita vissuta fuori dal calcio gli avrebbe fatto bene. Ha visitato il mondo, si è fatto un’idea ancora più precisa dell’esistenza- questo scambio continuo di parole, di sguardi, di silenzi, di bugie, di verità (poche), di rancori, di malintesi, di amori e di contraddizioni- e poi è ritornato, con dodici mesi di ritardo, a causa di una pandemia che ha rallentato il tempo fino quasi a bloccarlo del tutto. Massimiliano Allegri si è ripresentato sulla porta come l’uomo a cui qualcuno, magari lo stesso Andrea Agnelli, doveva qualcosa, e con il piglio di chi accampa diritti ha immediatamente dettato le sue regole.

E’ sembrato, nell’eloquio, uno di quei mariti a cui la moglie ha fatto un torto: “Ora si fa come dico io, e tu moglie, zitta e muta”. Non ha proprio detto questo ma il tono si avvicinava a quello di una scena per fortuna d’altri tempi. Il nuovo padrone di casa Juventus ha fatto capire che Cristiano Ronaldo, del vecchio CR7, ha conservato tutto tranne i privilegi. Insomma percepirà gli stessi soldi e partirà titolare ma sul resto decideranno i risultati. La sensazione è quella che voglia chiedergli di fare il centravanti. L’ultima volta che una proposta simile giunse all'orecchio del portoghese, non se fece di nulla. Ci provò Sarri, con un viaggetto al suo cospetto. Fu respinto con perdite, soprattutto dell’autostima, visto che un allenatore che non si fa seguire è come un pescatore che torna a casa con il retino asciutto e senza pesci. Ma il nuovo padrone bianconero non accetterà risposte negative, al massimo qualche controproposta, da ascoltare solo se ne avrà voglia. Quella sulla fascia di Bonucci è stata una battuta calcolata, tanto che il difensore della Nazionale l’ha digerita prima ancora di mangiarla. Per dire che ne conosceva il contenuto, altrimenti Allegri non l’avrebbe spiattellata con tutta quella inutile franchezza. Ma il tono è tutto, diceva un espertone, supera perfino il contenuto. Infatti su questo Allegri non sembra affatto diverso dall’allenatore che fu. Identica è l’idea di un calcio affidato alla pancia, alla testa, all’istinto, all’esperienza, alla disarmonia. La sua Juventus fu squadra dritta e storta a seconda del momento e degli avversari. Quella del futuro gli assomiglierà per le contraddizioni: imprevedibile e scontata, coraggiosa e prudente, saggia e incosciente, impura come lo fu l’Allegri livornese, il calciatore, l’amante delle corse dei cavalli e il “corto muso”. Il resto lo faranno il mercato, con Locatelli e un altro valido nel mezzo, e la maniera in cui il padrone saprà ancora farsi rispettare. Perché non basta il tono per darsi il contenuto, cioè il successo. Cosa che Allegri sa benissimo. Checché ne dica l’espertone. 

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