Foto Alfredo Falcone - LaPresse

L'impresa senza tempo di Aldo Montano, argento a Tokyo 2020

Francesco Gottardi

A 43 anni non doveva nemmeno salire in pedana. Poi l'infortunio di Samele e uno storico secondo posto di squadra: è la 14esima medaglia olimpica della famiglia Montano, regina nella sciabola italiana

La Germania nazista e il Giappone nell’era Covid. L’oro olimpico dell’Italia di Pozzo e quello europeo dei ragazzi di Mancini. 1936 e 2021: minimo comun denominatore? Aldo Montano d’argento nella sciabola a squadre. Nessun inghippo, tranne l’omonimia nonno-nipote: quasi un secolo in una sola stoccata e una dinastia di formidabili schermidori. Il bello è che Aldo jr. ci era già riuscito nell’ormai lontano 2004. Ma oggi è l’ultimo reduce italiano dell’Olimpiade di Atene – anche l’oro individuale, all’epoca, quando Federica Pellegrini nuotava d'argento – a salire sul podio quattro edizioni più tardi. A un passo dai 43 anni. In un torneo dove partiva capitano, veterano ma riserva non giocante delle nuove leve. Se non è un puzzle perfetto, questo.

 

Il netto ko (26-45) in finale contro la Corea del sud non ridimensiona la portata dell’impresa. Iniziata in salita – i quarti con l’Iran vinti al fotofinish – e con Montano in panchina. Poi l’infortunio di Luigi Samele – il più atteso dei nostri, pochi giorni fa argento nell’individuale – ha cambiato tutto. Dentro Aldo, nel momento più difficile della semifinale con gli ungheresi. “L’adrenalina è ciò che mi mantiene ancora in pedana”, aveva raccontato lo schermidore al Corriere della Sera prima di partire per Tokyo. “E sono consapevole di perdere più spesso di una volta”. Non oggi: la manche contro Decsi finisce 7-5, è la scossa che dà il via alla rimonta azzurra, fino al 45-43 firmato da Luca Curatoli contro il campione triolimpico Szilagyi. Il check del video sull’ultima stoccata: poi è festa, abbracci tricolori, Montano che scatta come un ragazzino.

 

Da un estremo all'altro: il match winner napoletano è il più giovane della spedizione italiana. Quando nasceva nel 1994, Aldo tirava già di sciabola allo storico Circolo scherma Fides di Livorno. Lo stesso del nonno, di papà Mario Aldo e di suoi tre cugini. Un filone straordinario, quello dei Montano alle Olimpiadi: ora mette in bacheca la 14esima medaglia di famiglia, fra cui due ori. “Quasi quasi resto fino a Parigi 2024”, ha sorriso l’ultimo discendente dopo la conquista della finale. Ma poi con l’argento al collo corregge il tiro: “È una carriera infinita? È una carriera finita…” Il fisico chiama: una volta tornato da Tokyo, Montano si dovrà sottoporre a un impianto di anca in titanio per curare una necrosi. Il prezzo di una ventennale carriera. Da 5 podi olimpici, 11 europei, 12 mondiali. Più lo status symbol dell’italiano piacente e vincente, tra i primi oltre i calciatori ad accettare i compromessi del gossip di inizio anni 2000, tra assalti in pedana e paparazzate con Manuela Arcuri. Il tempo invece lascia intatta la sostanza: fatta di scherma e un ruolo paterno per la scuola italiana che continua.

 

Battute a parte, Aldo al domani ci ha già pensato bene. Lavora in un cantiere navale nella sua Livorno, ha una famiglia e due figli piccoli. Il maschio si chiama Mario, come l’oro olimpico a Monaco 1972: un altro Montano nella sciabola? “No”, dice il papà. “Non voglio che abbia sulle spalle il peso di tre generazioni”. Il nome basta e avanza.

 

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