La nuova grande sfida di Federica Pellegrini comincia ora

Roberto Perrone

La sua quinta finale olimpica si chiude con il settimo posto e una domanda: "E ora?". Raggiunto il traguardo del suo percorso sportivo, ora la Divina ha tutta la vita davanti: la commissione atleti al Cio, tv e libri. L'impresa eccezionale sarà essere normale

Sorridere nuotando una finale olimpica. "Non ve ne siete accorti?" ci chiede Federica Pellegrini dopo il settimo posto nei 200 stile libero, alla fine della sua quinta finale olimpica, al traguardo del suo percorso sportivo e con tutta la vita davanti. I nuotatori, laggiù nella solitudine di una corsia, domano i pensieri nei modi più svariati. Negli anni abbiamo ascoltato le storie di chi canta canzoni, di chi si esibisce in scioglilingua, di chi risolve teoremi matematici, perfino di chi, alla Woody Allen in "Manhattan", elenca le cose per cui vale la pena vivere. Si regge meglio la tensione, si affrontano quei demoni per cui Simone Biles ha abbandonato la pedana olimpica e non sa ancora se tornerà. "Vedrò giorno per giorno". Questo ha fatto anche Federica e forse ad accomunare la Divina della ginnastica e quella del nuoto, c'è la pesantezza di questo anno in più, della maledetta pandemia, del lockdown.  

 

In ogni caso, sarebbe cambiato poco, magari una posizione, due, ma "il reparto medaglie ha chiuso" aveva annunciato da tempo la Divina che, comunque, chiude in 1'55"91, scendendo sotto 1'56, il tempo che l'ha accompagnata tutto l'anno. Bene. Andare a inseguire la nuova dominatrice dell'acqua, l'australiana Ariarne Titmus e il suo 1'53"50 non era possibile. La vittoria è stata esserci ancora, per la quinta volta, a diciassette anni dalla prima. Nello sport, ma nel nuoto in particolare, in questo lasso di tempo, nascono legioni di nuove, giovani cannibali, com'era lei ad Atene 2004.

 

 

"Ho preso a pugni il mondo (anche me stessa a volte)". È stata grande, capricciosa, volubile, si è creata nemici che non esistevano, ma è un metodo che usano in tanti nella vita e nello sport. Si è sistemata in una ridotta con poche certezze, la famiglia, lo staff su cui spicca Matteo Giunta, l'allenatore che, dopo tanti tentativi seguiti alla prematura scomparsa di Alberto Castagnetti, le ha consentito di trovare la pace dei sensi. "Matteo è un grandissimo allenatore e un compagno di vita speciale e spero che lo sarà anche in futuro. La priorità era tenere l’immagine dell’allenatore e dell’atleta separati e siamo stati molto bravi in questo". Abbandonati i tempi della vita da Diva, di via Veneto 2011, il compleanno con arrivo da star hollywoodiana, tappeto rosso e storia d'amore (da Luca Marin, l'ultimo a sapere, a Filippo Magnini, il nuovo che avanza) che infiammò quell'estate italiana, Federica si è stabilizzata. "Se non ci fosse stato Matteo, avrei smesso da anni". Riservatezza, lavoro duro nella "sua" piscina di Verona, addio alle armi della polemica, le hanno allungato la carriera. Sette anni, dal secondo addio a Philippe Lucas, il tecnico francese che più si avvicinò a diventare un altro Castagnetti. Dal 2014 Matteo Giunta passa da preparatore (e cugino di Filippo Magnini) ad allenatore, quindi "compagno di vita", ma senza l'ufficializzazione, quella è arrivata solo adesso. Adesso che Federica dice "ho dato tutta la mia vita a questo sport", usando i verbi al passato.

 

"Un viaggio incredibile... bellissimo e difficile... sono fiera di me". Sì, deve esserlo. Per quello che ha fatto, per quello che ha preso, per quello che ci ha dato, in emozioni, non solo nuotando. Però, anche se l'abbiamo soprannominata la Divina, anche se è stata Diva e non solo atleta, il segreto di Federica, che l'ha portata alla quinta finale, in mezzo alle bambine cannibali, è stata la sua grande professionalità. Show, tv, red carpet, niente di tutto questo ha mai preso il posto del nuoto. L'abbiamo vista a Verona, nella sua cuccia calda da cui, ogni distacco è deragliato nella nostalgia, gareggiare alla pari con gli uomini, non voler mollare neanche con loro. Ha commesso errori, a Londra 2012 probabilmente è affondata per una cattiva gestione dell'anno olimpico e per una sequela di egoismi, ma quando è affondata non è mai successo perché si era data "alla bella vita". Federica ha sempre morso il cloro della corsia, ha sempre sfidato gli altri e se stessa. Ha riso, ha pianto, si è arrabbiata. Si è sempre mostrata per quello che era, in ogni momento della sua vita. E di questo, oltre che del resto, delle vittorie che ci hanno fatto vibrare, le saremo sempre grati. Non è mai stata finta.

 

"Quando ho toccato ho detto: bene. E quindi?". Anche nella domanda epocale si vede il suo modo di essere. Adesso farà la campagna elettorale al Villaggio per essere eletta come atleta nel Cio, poi la tv (Italia' Got Talent e altro), l'Isl (International Swimming League) a Napoli a fine settembre, libri, docu-film. La nuova grande sfida comincia ora. Dopo vent'anni, per cantarla con Lucio Dalla, l'impresa eccezionale, dammi retta, sarà essere normale.

 

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