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Oro inceppato

Il rilancio olimpico dell'Italia è partito in salita

Francesco Gottardi e Ruggiero Montenegro

Bottino azzurro a due volti dopo quattro giorni di gare: la quantità ritrovata, anche grazie a qualche bella sorpresa, e quell'uno alla voce ori che grida vendetta. E per ora ci affossa nel medagliere

Non c'è nemmeno lo spunto per scatenare l'eterna diatriba, tra chi guarda solo al metallo più prezioso e chi all'orgoglio del podio, fosse anche sullo scalino più basso. A tagliare corto ci aveva pensato il presidente del Coni Giovanni Malagò: "Il nostro obiettivo a Tokyo è vincere più di 8 medaglie d'oro", cioè superare lo score di Rio, Londra e Pechino. Ambizione giustificata: i 384 atleti - sarebbero stati due in più senza i forfait in extremis di Berrettini e Molinari - con cui il Team Italia si è presentato al villaggio olimpico giapponese rappresentano un record assoluto per lo sport azzurro. Poi sono iniziati i Giochi. E il primo spicchio di gare lascia con l'amaro in bocca.

 

Dopo quattro giorni e il 21 per cento di medaglie assegnate sulle 339 totali, il primo bilancio del percorso italiano è ricco di sfaccettature. Partiamo dall'istantanea: 1 oro, 5 argenti, 6 bronzi. Uno score stonato, a trazione terzo posto, da sottolineare nel bene e nel male. Gli azzurri non facevano così fatica a salire sul gradino più alto del podio in avvio di Olimpiade dai tempi di Seul 1988, quando avrebbero chiuso con 6 ori e il decimo posto complessivo. Allo stesso tempo, 12 medaglie sono tante: cinque anni fa in Brasile a quest'ora eravamo a quota 9, mentre a Londra sarebbero serviti addirittura il doppio dei giorni per toccare tale cifra. Bisogna risalire ai trionfali Giochi di Atlanta 1996 - bei tempi: 35 medaglie in totale con 13 ori - per trovare uno sprint tricolore altrettanto solido.

 

La sensazione è quella di un'Italia fin qui poliedrica ma che ha perso - o forse dava per scontato - qualche certezza. La previsione della società specializzata Nielsen Gracenote ci dava a 33 medaglie totali, tra cui appunto quei tanto agognati 8 ori. Ma dopo lo splendido avvio di Dell'Aquila nel taekwondo, non sono arrivate altre gioie. Ha tradito in parte la scherma, che pur nelle difficoltà ci ha dato due argenti e un bronzo. Ha retto il nuoto, perché tra magnifici exploit - la staffetta maschile 4x100, Martinenghi, Quadarella e Pellegrini in finale - e delusioni cocenti - Detti, la giovane promessa Benedetta Pilato - i piatti della bilancia sono tutto sommato in equilibrio.

 

 

Sorprese da applausi le due medaglie nel sollevamento pesi, nota di merito anche per il quarto posto nella ginnastica artistica. Male invece Basile nel judo, campione olimpico nel 2016, dove però oltre al bronzo di Maria Centracchio si mantiene sul podio Odette Giuffrida. Bravissime. Così come Longo Borghini nel ciclismo e Diana Bacosi nel tiro. Già, il tiro: questa finora è la grande differenza con Rio - e il confronto principe, parola di Malagò, è sempre quello con l'ultima Olimpiade. Manca ancora la nostra portabandiera Jessica Rossi, ma ripetere il clamoroso bottino brasiliano (4 ori e 3 argenti), avendo finora solo il secondo posto di Bacosi, sembra ormai impossibile. Anche perché non partecipano più due sicurezze come Campriani e Pellielo.

 

Tradizionalmente, l'Italia è sempre partita forte nel medagliere - gli sport più "amici" come la scherma si disputano nei primi giorni della manifestazione - e oggi si ritrova invece al 12esimo posto. Preceduta anche dal piccolo Kosovo. Avere un team competitivo come non mai su così tanti fronti - buone impressioni anche dagli sport di squadra, volley femminile in testa - lascia fiducia inalterata per il prosieguo dei Giochi. Forse però, dopo quelle dichiarazioni, in casa Coni ora c'è un po' meno sicumera e un po' più di tensione. È anche il bello delle Olimpiadi: imprevedibili.

 

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