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L'intervista

La calma olimpica di Stefano Tonut

Francesco Gottardi

L’Italbasket di nuovo ai Giochi dopo 17 anni, parla la guardia della Reyer: “Fame, umiltà e spirito di squadra. È la nostra occasione”

La voce è lontana. E non per problemi di ricezione sull’asse Roma-Tokyo: la nostra chiacchierata con Stefano Tonut è avvenuta qualche giorno prima della partenza degli Azzurri per il Giappone. Ma lui è come se fosse stato già lì, lungomare di Harumi: “Giornate piene, atmosfera a mille, non vediamo l’ora di scendere in campo”, inizia a raccontare l’Mvp dell’ultima Serie A, tra i magnifici 12 dell’Italbasket di ritorno alle Olimpiadi dopo 17 anni di digiuno. “Ci vorrà fame”, appunto, “concentrazione, umiltà. E mente sgombra”. L’enfasi sull’ultimo ingrediente. Facciamo subito una prova: la partita più bella dei tuoi sei anni a Venezia? “Abbiamo vinto tanto, difficile dirne una. O almeno, ora non riesco a ricordare”. Il momento clou a Belgrado, dove i ragazzi di Meo Sacchetti hanno strappato il ticket per i Giochi in casa della favoritissima Serbia? “Ci penso il giusto, adesso c’è Tokyo. Ma già allora, fino all’ultimo minuto dell’ultimo quarto eravamo in trance: talmente focalizzati sul match da non realizzare che l’impresa stava prendendo forma. E che ce l’avevamo fatta davvero”.

 

Score (95-102, per dovere di cronaca e piacere di ripeterlo). I Giochi si preparano così: “Dal primo giorno in cui si indossa la maglia della Nazionale. Con tanta intensità e la consapevolezza che per l’azzurro si dà sempre tutto con orgoglio. A prescindere dallo sport e dalla competizione”. Quella a cinque cerchi però è speciale. E il commento all’ultima foto postata sui social dal numero 7, dal villaggio olimpico, ne ricalca la forma: W-O-W. “Combattiamo per un sogno”, dice Stefano, “che è nato in punta di piedi al torneo di qualificazione e adesso continua con tanta energia”. 12 squadre in corsa, l’Italia nel gruppo B con Australia, Nigeria – entrambe hanno battuto gli Stati Uniti nell’ultima amichevole – e Germania – l’avversaria del match inaugurale, domenica a Saitama: volano ai quarti le prime due di ogni girone più le due migliori terze. Sarà dura ed è bello così. “Anche a Belgrado era quasi impossibile”, la guardia suona la carica. “Eravamo contro i vicecampioni olimpici e quel pubblico rovente”, sugli spalti anche due mostri sacri della palla a spicchi come Predrag Danilovic e Zeljko Obradovic. “Ma in realtà l’atmosfera ci ha gasato: abbiamo tanta qualità e mentalità, che ciascuno di noi ha maturato nel corso di lunghe esperienze in Italia e all’estero”.

 

Presentazioni. “Siamo tutti più o meno coetanei – le eccellenti eccezioni sono Mannion e Pajola, 20 e 21 anni – e le nostre carriere si sono intrecciate più volte. Ma non ci conoscevamo così bene sul campo: un preolimpico così, impostato nel giro di una settimana, ha fatto vedere ancora di più la nostra forza e la nostra attitudine al lavoro. È frutto di ragazzi semplici, orientati al collettivo”. E con tante storie di riscatto: Polonara e Fontecchio, trascinatori contro la Serbia, si sono consacrati tra Spagna, Germania ed Eurolega. Prima di loro Melli. Tonut invece non ha mai cambiato casa: “Le mie soddisfazioni le ho trovate a Venezia”, due scudetti, una Coppa Italia, la Europe Cup. E tre premi individuali nell’ultimo anno e mezzo. “Un tempo la gente pensava che io non avrei potuto fare la Serie B. E poi la stessa storia in A2, in A1: ho smentito gli scettici grazie al piacere di giocare”. Se il nome di papà Alberto – ala forte degli anni Ottanta e Novanta – oltre all’azzurro è rimasto legato a Trieste, quello di Stefano ormai viaggia da solo. “Non sento che sia scattato qualcosa di preciso dentro di me. Ho trovato un club, quello orogranata, che ha avuto la pazienza di aspettarmi attraverso un percorso di crescita graduale. Nonostante gli infortuni che talvolta mi hanno condizionato. Coach De Raffaele mi ha dato sempre più responsabilità: sentire fiducia fa emergere le proprie doti”.

 

Uno contro uno, attacco al ferro e dall’arco, atletismo in difesa e intelligenza tattica. Che tipo di giocatore è oggi Stefano Tonut? “Cerco di essere…”, pausa, ci pensa un po’, “…il più solido possibile. E soprattutto affidabile, in entrambe le fasi di gioco. Sto alzando la mia continuità di rendimento, ma non si finisce mai di migliorare sotto l’aspetto tecnico. Per esempio il palleggio, che mi porta a fare il mio ruolo. E anche il tiro. In questi anni ho sempre cercato di prendere qualcosa da Michael Bramos”, glaciale clutch player della Reyer: “Un esempio di maturità e dedizione, da seguire nel modo di allenarsi. Sono contento che il mio stia dando i suoi frutti. E questa storica qualificazione mi rende ancora più orgoglioso”.

 

Facciamo un salto dentro lo spogliatoio. “Siamo in una bolla, nella nostra testa come nel villaggio olimpico”, Tokyo e il Giappone in allerta perenne. “Dunque è fondamentale trovare il piacere di stare insieme, anche lontano dal parquet. Ma a noi non lo deve ricordare nessuno, statene certi: partite a carte, Playstation, pranzi e cene prolungati in chiacchiere o racconti di vita. Questa alchimia poi si traduce nel nostro stile di gioco: corale e capace di adattarsi per fare le scelte giuste nelle varie fasi di una partita. Senza protagonismi. E con un solo obiettivo in testa: abbiamo un’occasione unica. La carriera di un cestista”, Tonut ha quasi 28 anni, “non è lunghissima. Chissà quando ci ricapiterà”.

 

I 12 in rassegna: la voce da ascoltare? “Quella di Melli, capitano saggio”. Il compagno che fa gli scherzi? Ce n’è sempre uno... “Anche due. Polonara, Tessitori. Siamo fortunati ad avere un’intesa simile fra tutti noi: sembra una frase fatta ma è così”. Quanto meno già sentita: frulla in testa l’Europeo manciniano, riscossa azzurra del pallone. Lo stesso ct, a due giorni dalla semifinale, aveva applaudito l’Italbasket dopo il trionfo sulla Serbia. “E noi abbiamo tifato per loro”, ricambia Tonut. “Tutti e 12 in una stanza, lì a Belgrado. Analogie? Non devo essere io a dirlo, ma le persone che ci sono attorno hanno sottolineato il nostro spirito di squadra. E credo sia qualcosa di vicino a ciò che è servito per festeggiare a Wembley. Anche nel basket, il talento individuale è importante ma a questi livelli ce l’hanno tutti: la differenza la fa il gruppo. L’abbiamo dimostrato e vogliamo ripeterci a Tokyo”.

 

Rispetto ai ragazzi che hanno conquistato il preolimpico, ci sarà un unico grande ritocco: l’Nba Danilo Gallinari, di nuovo a disposizione dell’Italia dopo l’exploit ai playoff dei suoi Atlanta Hawks, fino alla finale di Eastern conference. “Dispiace tantissimo per Awudu Abass”, l’ala piccola che Sacchetti è stato costretto a tagliare per fare posto al Gallo: “Con Abi ho un bellissimo rapporto, siamo cresciuti insieme a partire dalla Nazionale U20 e oltre a un amico è un grande giocatore. Ma le scelte vanno accettate sempre. E ovviamente, dall’altra parte, ritrovare Danilo è un fattore importante. Sappiamo quanta qualità ci potrà dare: è un ragazzo tranquillo, disponibile e si è già adattato benissimo allo stile di gioco di Meo. Non ci saranno problemi a integrarlo nella maniera migliore”.

 

Il conto alla rovescia si avvicina. “Cosa ci vuole adesso? La stessa passione che abbiamo messo finora, anche nei singoli esercizi degli allenamenti. Cerchiamo di goderci il momento”, o di vivere l’epoca, parafrasando coach De Raffaele, “con tanta serenità e gioia per quello che ci siamo regalati”. Vuoi vedere che alla fine il grande saggio è Tonut? “L’Olimpiade rappresenta tutto per me. Nelle ultime settimane mi è stato chiesto più volte del mio futuro, una volta che sarò tornato a Venezia: la verità è che sono talmente concentrato su Tokyo che in questi giorni non riesco a pensare ad altro”. Mente sgombra, si diceva. “Già. Per rilassarmi di solito mi piace tornare a casa dalla mia famiglia, stare con gli amici. O andare a pesca”. A Tokyo non si può fare niente di tutto ciò. “Ma ve l’ho detto, ci bastiamo a vicenda. È così che siamo arrivati fin qui”. In volata grandiosa, come l’inchiodata del momentaneo +18 osata da Stefano nel tempio di Aza Nikolic: uno schiaffo agli dèi, la leggerezza degli uomini. Lo sport italiano ci ha preso gusto.

 

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