In difesa delle Olimpiadi. Marco Balich ci racconta da Tokyo il vero senso dei Giochi

Marco Balich

"Le Olimpiadi vanno fatte per gli atleti, che sono la parte migliore di noi", dice il manager, ideatore di grandi eventi e cerimonie olimpiche

Al direttore - Che la situazione a Tokyo sia complicatissima e difficile per tutti è innegabile, la mia personale esperienza ne è la prova. Ho diretto, sotto vari ruoli, le cerimonie di 12 Olimpiadi e mai avrei potuto ipotizzare di vivere una situazione del genere, che è al di là di ogni possibile immaginazione. Come ogni reporter, qui posso raccontare la semiprigionia a cui ci dobbiamo attenere: tutti chiusi in solitaria per 14 giorni nelle nostre stanze, nessun contatto possibile, ogni spostamento vietato.

 

Ma non è questo che vorrei raccontare. Perché le Olimpiadi non sono gli sponsor, non sono i media, non sono l’indotto. Le Olimpiadi sono gli atleti. E queste Olimpiadi sono forse le più importanti di tutte, perché nella loro assurdità sottolineano con forza perché vanno fatte. Le Olimpiadi vanno fatte per loro, per gli atleti, che sono la parte migliore di noi. Per un anno li abbiamo visti allenarsi nelle situazioni più improbabili; chiusi nelle loro stanze, nuotare senz’acqua, correre sul posto, saltare scatole di scarpe. Li abbiamo visti resistere, non cedere mai, non smettere. Ci hanno incoraggiato, stimolato, fatto sorridere dalle loro pagine social. E chiedere di gareggiare, sempre. Anche se lo faranno senza pubblico, senza supporter, senza famiglia, senza trionfo. Gareggeranno per la loro nazione, per il loro sport, per il loro sogno dentro il silenzio più assoluto. Circondati dagli spalti vuoti, in solitudine.

 

Gli atleti olimpici sono lontani mille miglia dai jet privati e dalle eurocoppe trionfali. Gli atleti olimpici arrivano in quel campo che oggi troveranno vuoto spinti solo dalla determinazione e dal sogno.

 

Tocca a noi difendere quel sogno, riempire quel silenzio e non farli sentire da soli. Tocca a noi ora riempire le pagine dei giornali parlando di sport e di prestazioni, e non di polemiche inutili sul business. E’ il loro momento, hanno sacrificato tutto in questo anno e mezzo per essere a Tokyo oggi e portare un segno di speranza, di futuro e di orgoglio, un segno per dire al mondo che ce la può fare.

 

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