Giro d'Italia. La redenzione di Andrea Vendrame

Giovanni Battistuzzi

Nella 12esima tappa del Giro il veneto della Ag2r si è tolto il peso del rinvio continuo del suo momento buono. Vincenzo Nibali invece si è riappropriato della discesa, della timore per il polso rotto

In quella forsennata ricerca della solitudine che l'ha spinto sino sotto lo striscione d'arrivo di Bagno di Romagna si nascondevano anni di ingiustificate e ingiustificabili tribolazioni. Sono esplose in braccia aperte e pugni chiusi sotto il cielo, in un urlo. Liberatorio, riappacificante. Andrea Vendrame ha visto la redenzione apparigli nel vuoto di schiene in bicicletta a precederlo sulla striscia bianca orizzontale che segnava il termine della dodicesima tappa del Giro d'Italia 2021. Solo una schiera di fotografi davanti a lui. Solo la speranza, questa di facile soddisfazione, che qualcuno di loro potesse scattare la foto giusta, quella da tenere, da guardare ogni tanto. Quella che raffigurava la pura gioia e chissà magari l'inizio di un nuovo capitolo ciclistico.

 

Foto LaPresse  
    

Il futuro può aspettare questa volta. Conta il giusto, poco o nulla, almeno oggi. Arriverà, sarà bellissimo scoprirlo. Anche perché Vendrame lo potrà attendere senza il peso del rinvio continuo del suo momento buono, del successo personale.

 

Andrea Vendrame in questi anni l'ha cercato spesso, ma la soddisfazione di conquistarlo l'ha quasi mai provata. Per un motivo o per un altro ha sempre trovato qualcosa che l'ha frenato, bloccato, fatto ripartire se non da zero, quantomeno da tre. Qualche cosa l'ha fatta di buono.

 

Andrea Vendrame sino a questa mattina ha visto la sua carriera ciclistica rispondere appieno al primo assioma della Legge di Murphy: Se qualcosa può andare storto, lo farà. Incidenti, infortuni, forature, problemi meccanici. Qualsiasi intoppo andava bene. Qualsiasi incaglio era quello buono. Molti piazzamenti, dimostrazioni di bravura, poi al momento buono qualcosa andava storto.

 

La sindrome di Calimero però non è genetica, ce la si coltiva, anche se molte volte inconsapevolmente. È il pensiero fisso che qualcosa può andare per il verso sbagliato che rallenta i corridori, ne appesantisce la pedalata. A volte basta soltanto evitare di pensare, fregarsene di tutto, provare a rivoltare ciò che è stato.

 

Andrea Vendrame oggi poteva mettersi a ruota dei primi e aspettare di arrivare sul rettifilo finale. Per uno capace di piazzarsi nelle volate di gruppo le possibilità di successo erano sicuramente superiori a quelle di insuccesso. Non l'ha fatto. Non ha aspettato. La rivolta non concepisce l'attesa, soprattutto quando riguarda se stessi.

 

Il corridore veneto ha deciso di prendersi i rischi necessari. Prima in salita, verso la cima del Passo del Carnaio. Un'esplorazione breve verso la solitudine, giusto per vedere l'effetto che faceva non avere nessuno al proprio fianco. Poi negli ultimi chilometri della corsa in quel falsopiano che conduceva all'arrivo. Chris Hamilton aveva provato a sorprendere tutti. Gianluca Brambilla e George Bennett ci sono caduti, Vendrame no. L'ha ripreso, si è messo a dare manforte per staccarli. Non si è affidato ai giochetti del tirare-non-tirare per sparagnare qualche briciolo di energia. Ha mai smesso di pedalare. Le ultime che ha fatto sono state quelle decisive. L'australiano è rimasto dietro, lui si è goduto quello che si era costruito.

 

Ci voleva. Per ringraziare il compagno di squadra Geoffrey Bouchard per come l'aveva aiutato nella fuga. Soprattutto per se stesso. Ci voleva “perché ne ho passate di tutti i colori”. Ci voleva perché sembrava impossibile per uno come lui, che va forte ovunque, finire sempre dietro.

 

Ci voleva. E non solo per Andrea Vendrame, ma pure per Vincenzo Nibali. Una discesa fatta a tutta, pochi secondi guadagnati che servono a poco o nulla per la classifica generale, ma che sono un segnale di ritorno a qualcosa che si avvicina alla normalità. La paura per il polso fratturato che si allontana giorno dopo giorno, il fastidio che diminuisce. Anche per lui il peso del futuro si fa più leggero.

 

Le foreste casentinesi sono luogo di redenzione, aveva sostenuto San Romualdo. Una redenzione che però va conquistata. Vale anche al Giro d'Italia.