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il foglio sportivo

Il calcio riparta dai palloni disinfettati

Jack O'Malley

Molta buona volontà nei protocolli per riaprire i campionati, ma alla fine ognuno fa come gli pare

Comunque ti muovi, c’è sempre qualcuno che resta scontento. In Francia hanno fermato il campionato e assegnato il titolo al Paris Saint-Germain, creando un interessantissimo precedente: dato il livello da torneo parrocchiale della Ligue 1, e la differenza che c’è tra il Psg e le altre, si potrebbe fare così ogni anno anche una volta finita l’emergenza, facendo risparmiare al mondo un sacco di tempo. Analogia perfetta di quella politica, l’Europa calcistica procede cercando una soluzione al caos, se mai arrivassero a trovarla, andando come a tentoni. Ho usato la citazione biblica per evitare di dire che ognuno si muove a cazzo di cane, ma il punto è quello. La Germania riparte ma forse no, la Premier League ricomincia ma chi lo sa, l’Olanda ha fermato tutto, l’indispensabile campionato delle Far Oer riprende il 9 maggio, l’Europa e la Champions League in teoria vanno finite, ma se anche fosse verranno giocate da squadre che riprenderanno ad allenarsi in periodi diversi, alcune con un campionato da completare e altre no. È tutto un fiorire di protocolli, manco fossero task force del governo italiano, che tentano di trasformare il gioco del calcio in un igienico saggio di danza: allenamenti individuali, palloni disinfettati, niente strette di mano e squadre che entrano in campo separate, divieto di sputare, obbligo di parcheggiare l’auto a tre posti di distanza dai compagni, niente saponette che cadono sotto le docce, orge manco a parlarne, vita monacale, obbligo di mascherine durante gli allenamenti, fatti comunque a piccolissimi gruppi in rare occasioni. Dalle mie parti Arsenal e Tottenham hanno ricominciato, mentre vedo che da voi un calciatore potrà andare a correre al parco incrociando inevitabilmente altre persone, ma guai a farlo sui campi protetti della propria squadra. Le premesse perché tutto vada in vacca ci sono, ma almeno qualcuno ci prova, mi auguro senza la pretesa di mettere in sicurezza totale il calcio, utopia più irrealizzabile di trovare due virologi che abbiano la stessa opinione sul coronavirus.

 

Non c’è solo il calcio, è vero, e così come sul menu del pub sono segnalate anche le bevande analcoliche è giusto che gli altri sport facciano sentire la loro voce. Chi può partire riparta o moriremo sommersi dai ricordi e dalle opinioni di tutti sulla riapertura. La crisi del Covid sta facendo danni non solo ai polmoni di chi attacca, ma a tutti quegli sport che galleggiavano sul pelo dell’acqua. Non parlo di surf ma di quelli che faticano a tenere in piedi società e pagare stipendi. Il calcio femminile, per cui non è che in questa rubrica si sia mai brindato, aveva appena cominciato a crescere, e secondo un report della Federazione internazionale dei calciatori professionisti ora rischia il fallimento. La soluzione, come sempre, è chiedere aiuti e un occhio di riguardo. Dopo mesi in cui ci hanno spiegato che le donne avrebbero salvato il calcio, l’unica speranza per tutti è che ricomincino a giocare gli uomini, altrimenti c’è poco da chiedere soldi a Fifa, Uefa, banche e governi. Se non ci si dà una mossa finiremo tutti come Paul Gascoigne, visto pochi giorni fa nel parcheggio di un supermercato a 300 miglia da casa mentre stringeva le mani e faceva selfie con i passanti. Certo, se l’alternativa è disinfettare i palloni dopo ogni contrasto ed essere espulsi se si sputa per terra giocando in uno stadio vuoto, lunga vita a Gazza.

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