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il foglio sportivo - il ritratto di Bonanza

Campionato, sì o no?

L’Italia ha bisogno di ricominciare altrimenti morirà di disperazione. E il calcio è un volano di soldi e di consolazioni

Quando eravamo piccoli, in cortile, gli scarsi si mettevano all’ala. Qualcosa del genere deve essere successo a quei politici che hanno sviluppato una velata avversione nei confronti del calcio: il traino di tutto lo sport italiano e di una parte cospicua dell’economia del nostro paese. Le ipotetiche difficoltà ancestrali di certi uomini chiamati a decidere sulla ripresa della Serie A, spiegano qualcosa ma non tutto. È chiaro quanto sia difficile prendersi una responsabilità così grande in un momento in cui molte convinzioni, comprese quelle di chi vi scrive, si fondino più sulla speranza che non sulla realtà dei fatti.

 

Il virus, dicono alcuni esperti, muta rapidamente, e da noi sarebbe persino più aggressivo che in altre parti del mondo. Per il vaccino ci vorranno due anni, la gente continua a morire, e solo la scoperta recente dell’efficacia di alcuni farmaci ci consente di respirare un po’ di più. Tutte notizie che trascinano un peso enorme sulle nostre spalle e nel cuore. Quando usciremo di casa non sapremo nemmeno esattamente come comportarci, perché ogni zona del paese farà a modo suo, e guarderemo gli altri, conoscenti e sconosciuti, come nemici. In questo contesto decidere la ripartenza di un gioco – ma gioco non è –, sembra addirittura farsesco. Eppure l’Italia ha bisogno di ricominciare altrimenti morirà di disperazione. Il calcio, lo abbiamo detto fino alla noia, è un volano di soldi e di consolazioni. La Serie A vale per tutto il resto, dalla B ai dilettanti, e questo è un discorso cinico ma indispensabile. Inutile continuare a pensare all’intero movimento, il quale non potrebbe permettersi di riprendere garantendo norme di sicurezza adeguate. Solo la serie A può farlo, con i suoi soldi e le sue strutture. Questo non significa che sia giusto forzare le barriere della resistenza scientifica, ma nemmeno assistere alla danza delle opinioni, ora di qua ora di là, come un valzer viennese. Per questo è apprezzabile la buona dose di intraprendenza, o chiamatela coraggio se volete, mostrata dal presidente federale Gravina, il quale ha disegnato un quadro chiarissimo della situazione e si è preso una bella fetta di responsabilità, seguendo un ragionamento etico, economico e sociale, in accordo con quanto sta succedendo nelle principali leghe calcistiche del mondo. Adesso tocca alla politica rispondergli. Che gli si dica no o si in maniera definitiva, mettendo all’ala, se possibile, quelli più inadatti a giocare questa difficile partita.

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