Foto tratta dal profilo Facebook della Juventus

L'intramontabile Buffon

Leo Lombardi

Contro l'Udinese il portiere bianconero ha raggiunto Alessandro Del Piero per numero di presenze con la Juventus. Ed è a una soltanto da quello assoluto di Paolo Maldini in Serie A

Le statistiche, nel calcio, non aiutano a vincere le partite. Sono però utili a definire i contorni di un giocatore. E quelle di Gigi Buffon disegnano il profilo di uno che lascerà un segno, quando (e se) vorrà smettere. Numeri monumentali, come quello ottenuto domenica contro l'Udinese, in campo al posto di Wojciech Szczesny, infortunato dell'ultima ora: 478 partite in serie A con la maglia della Juventus, con il record di Alessandro Del Piero raggiunto e pronto a essere battuto. Lo stesso capiterà a Paolo Maldini, primatista assoluto del campionato con 647 presenze. Il portiere bianconero è a quota 646, presenza consueta tra i tifosi italiani dal 19 novembre 1995, giorno dell'esordio - non ancora 18enne - contro il Milan. Da allora Buffon ha aperto l'elenco delle formazioni del Parma, prima, e della Juventus (raggiunta nel 2001) poi. Con una sola eccezione, la stagione 2018-19, in cui si è concesso una vacanza una Francia per vincere con il Paris Saint Germain un campionato e una Supercoppa. E per fallire, ancora una volta, l'assalto a quella Champions League diventata l'ossessione di una carriera.

  

 

È (anche) per questo motivo che Buffon è tornato in estate alla Juventus. Un riaffacciarsi improvviso, per molti versi inaspettato. Lui aveva voglia di ritrovare il mondo appena lasciato e mai realmente abbandonato, visto che rientrava a Torino non appena poteva: per gli affetti e per allenarsi quando il Psg, in occasione delle gare delle Nazionali, abbassava la saracinesca e lasciava liberi quelli che rimanevano, senza neppure organizzare una parvenza di lavoro (e poi uno si domanda perché non vincano in Europa). Soprattutto aveva voglia di recuperare rapporti storici, come quelli con Giorgio Chiellini, Leonardo Bonucci e Andrea Barzagli, entrato nello staff di Maurizio Sarri. Ovvero, i quattro di difesa con cui aveva costruito la storia recente della Juventus, quella degli scudetti di Antonio Conte e di Massimiliano Allegri.

 

Un ritorno che ha diviso, come spesso è successo a Buffon in carriera. Più facili le critiche che le prese di posizioni benevole. Come quelle di chi pensava a un ritorno strumentale, fatto per battere i primati di cui sopra. Certo, c'erano anche quelli: è umano volerlo. Basti pensare all'incazzatura dopo l'eliminazione con la Svezia nel playoff mondiale, in cui l'aspetto personale si univa a quella collettivo per la figuraccia collezionata. La partecipazione a Russia 2018 sarebbe stata la sesta, facendo del portiere il giocatore più presente a una fase finale e allungando la striscia di 176 partite con l'Italia (altro primato). Ma da parte di Buffon c'era il desiderio di sentirsi ancora utile e, in questo modo, vivo. Ha accettato senza problemi il ruolo di riserva di Szczesny, rifiutando il numero 1 che il polacco gli offriva e la fascia di capitano che Giorgio Chiellini voleva restituirgli: banalità apparenti, per chi non frequenta il mondo del calcio, me gesti significativi per chi è immerso nelle dinamiche di uno spogliatoio.

 

Dinamiche di cui è rimasto impressionato lo stesso Sarri quando la polmonite, a inizio stagione, gli impediva la presenza in panchina e il lavoro sul campo. In quei giorni il nuovo allenatore ha toccato con mano che cosa significhi avere un nucleo storico, come quello rappresentato da Buffon e dai compagni prima citati. Gente che ha fatto da tramite tra i giocatori e lo staff tecnico, aiutandolo a gestire nel migliore dei modi un periodo di passaggio. Si tratta di una lezione che la Juventus ha appreso dal Milan berlusconiano, che vinceva per la compattezza del gruppo innanzitutto. E che in bianconero ha posto le basi di otto scudetti consecutivi. Sul campo, poi, ci sono stati momenti critici come la rete incassata da Caputo contro il Sassuolo, ma altri in cui il portiere si è rivelato decisivo, quando chiamato in causa: con il Verona in campionato e con il Leverkusen in Europa.

 

E qui si si chiude il cerchio, con quella coppa inseguita da sempre. Se in Italia ha vinto tantissimo tra Juventus e Parma, se in Nazionale è salito sul tetto del mondo nel 2006, Buffon in Champions League può solo vantare tre finali perse. L'età sembrava aver scritto la parola fine dopo l'ultima stagione, ma il portiere (che compirà 42 anni il 28 gennaio) ha scelto di sottoscrivere un personale patto con il diavolo. E, in fondo, un po' se lo merita. Nel 2006 aveva scelto di restare quando tanti scappavano dopo la retrocessione in serie B della Juventus per Calciopoli. Ha contribuito alla rinascita della squadra, sollevare la Champions sarebbe il coronamento definito di una carriera. Al di là dei numeri.

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