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La terza vita (calcistica) di Gigi Buffon

Roberto Perrone

Una storia non raccontata. Il portiere avrebbe proseguito con la Juventus se gliel’avessero permesso. La scelta del Psg è stata emozione e progetto. Unita alla certezza di essere ancora competitivo

Da sabato 18 agosto, in edicola con Il Foglio del weekend, c'è Il Foglio Sportivo. Quattro pagine settimanali interamente dedicate allo sport. Di seguito uno degli articoli del primo numero. Il resto potete leggerlo qui

 


 

"Le choix parfait”. Gigì, con l’accento sulla seconda “i” come lo chiamano a Parigi, per ora se la cava meglio con il francese scritto, ma si sta applicando. In un sms testimonia il suo entusiasmo per la nuova avventura parigina. Il suo manager, Luca Casassa, lo prende in giro sostenendo che, più che il francese scritto, maneggia bene Google Translate. Pensa di aver fatto la scelta perfetta, Gianluigi Buffon, domiciliandosi al Paris Saint-Germain dopo 17 anni alla Juventus e 23 in Serie A, esperienza chiusa all’Allianz Stadium contro il Verona. La terza vita calcistica di Gianluigi Buffon da Carrara è cominciata ufficialmente una settimana fa, a 40 anni, sei mesi e quindici giorni. Sì, certo, c’era stata la Supercoppa di Francia, ma Shanghai (4-0 al Monaco) non dà le stesse sensazioni dell’esordio in casa, il 12 agosto.

 

Al Parco dei Principi, contro il Caen, zero gol subiti e una bella respinta d’istinto su improvvida deviazione di Thiago Silva. La terza vita calcistica di Gigì è dunque avviata ed è una “vita spericolata”, come lui canta in un video, molto cliccato in rete, ai suoi nuovi compagni, divertiti e schiamazzanti. La nostra è una società per vecchi, ma solo se arzilli. Se scivolano, nessuno li aiuta, anzi. Infatti nelle prime uscite estive, le sbavature di Gigì sono state subito ampiamente sottolineate.

  


Illustrazione di Andrea Bozzo


 

La scelta di Parigi è stata emozione e progetto. Non aveva ancora 18 anni, Buffon, quando Nevio Scala lo mandò in campo a difendere la porta del Parma contro il Milan il 19 novembre del 1995. Il titolare, Bucci, era acciaccato, il vice designato, Nista, giudicato non completamente affidabile. Forse ci rimase male, ma dopo è diventato uno dei migliori amici di Gigi che, infatti, lo ha portato anche alla Juve.

 

Dopo 23 anni di carriera, Buffon percorre una nuova strada. In realtà è ancora la stessa. Il distacco dalla Juventus è stato ben gestito a livello mediatico dal club e dal portiere. Migliore sicuramente di quello di Alex Del Piero che Andrea Agnelli avrebbe cacciato con un anno d’anticipo, infuriato per il famoso video “firmo il rinnovo in bianco”. E che licenziò a ottobre 2011 con il pronunciamento all’assemblea dei soci. Con Buffon conferenza stampa istituzionale, baci, abbracci e commozione.

 

A Torino non hanno sentimenti. Avevano stabilito con largo anticipo la successione e non sono tornati indietro

Buffon pensa anche al futuro: collaborazione con Qatar Sports Investments per i Mondiali del 2022

Però. Gigi Buffon, che in un primo momento pensava di chiudere con il calcio al Mondiale, aveva cambiato idea e avrebbe proseguito con la Juventus se gliel’avessero permesso. C’è una somiglianza con la stagione più difficile di Gigi, quella 2010-2011. Uscito dopo 45 minuti nella partita d’esordio del Mondiale sudafricano contro il Paraguay a giugno 2010, Gigi rientra a gennaio 2011, dopo una delicata operazione alla schiena. Il rapporto con il club è incrinato. L’allenatore in carica, Gigi Delneri, soddisfatto di Storari, annuncia pubblicamente che il posto di titolare di Buffon non è certificato dal diritto divino. In teoria è vero, ma la tempistica non piace a Gigi. L’azionista di maggioranza, John Elkann rincara: “Buffon? Non l’abbiamo più visto”. In società c’è anche chi gli rimprovera di essersi fatto vedere poco al centro tecnico di Vinovo nei lunghi mesi di convalescenza dopo l’operazione.

 

Gigi, che nel 2006, nel pieno della crisi bianconera dopo il caso telefoni bollenti e la retrocessione in B, era rimasto fedele alla causa malgrado le offerte dei più grandi club europei, si sente tradito. E’ deluso e arrabbiato. Durante i giorni più scuri dell’inverno, climatico e personale, in una conversazione privata dice: “Ho molto tempo per seguire il calcio. Se i miei concorrenti sono questi, io posso durare a lungo”. Ha deciso di andarsene, l’amico Totti lo ha chiamato alla Roma e la suggestione di una nuova avventura è forte. La Juventus non lo tratterrebbe. Ma si verifica uno strano incrocio. Lo stoppano il suo storico agente, Silvano Martina, e Antonio Conte, vecchio compagno d’arme, che si siede (veramente no, sta sempre in piedi) sulla panchina della Juventus. Conte non è stato la prima scelta del club, ma è la scelta che cambia la storia bianconera. Il nuovo tecnico, nel ritiro di Bardonecchia, chiede a Buffon e al nuovo arrivato Andrea Pirlo di aiutarlo a restituire alla Juventus la dignità perduta, prima che dal punto di vista tecnico, da quello identitario. I giocatori che arrivano a Torino, dal 2006, pensano e quindi si comportano come se la Juve fosse un club come gli altri. Buffon e Pirlo hanno l’esperienza e il carisma necessari. E poi sono amici: Gigi stima e apprezza l’ex milanista, uno dei pochi calciatori a essere invitato alla festa per il matrimonio con Alena Seredova, a Forte dei Marmi.

 

Il resto è storia. Pirlo, in parte, e Gigi, interamente, contribuiscono in modo determinante ai trionfi del settennato Conte-Allegri. Gigi programma di chiudere con Russia 2018, ma il Mondiale svanisce in una livida notte del novembre 2017 a San Siro contro la Svezia. E’ una grande delusione che, come spesso è accaduto nella sua vita, gli offre la spinta per un nuovo inizio. Quando il commissario tecnico pro-tempore Gigi Di Biagio lo convoca per le prime amichevoli dopo lo sprofondo azzurro, scattano le critiche. Buffon ci resta male, pensa di non meritarsi quel trattamento. “Non vengo per fare una passerella, ma perché penso di poter essere ancora utile”. La Federcalcio, come vediamo ogni giorno da quando il presidente del Coni Giovanni Malagò ha preteso la testa di Carlo Tavecchio e poi ha commissariato via Allegri, è allo sbando. La tiene in piedi, a livello organizzativo-strutturale, l’ottimo direttore generale Michele Uva, ma per il resto abbiamo davanti agli occhi uno sfacelo quotidiano. Gigi non si sente tutelato. Sbatte la porta e non si presenta neanche alla partita di addio all’azzurro, la passerella con l’Olanda, altra illustre eliminata di Russia 2018, il 4 giugno all’Allianz Stadium di Torino.

 

Buffon si è convinto di poter andare avanti. Come nel 2011, ha guardato gli altri portieri in circolazione (e il Mondiale lo dimostrerà) e si è reso conto di essere ancora competitivo. Ma la Juventus ha altri programmi, questa volta. La forza bianconera risiede in buona parte nella sua spietatezza. A Torino non hanno sentimenti. L’empatia è sconosciuta. Anzi, quando provano a essere simpatici è peggio. Con largo anticipo avevano stabilito la successione di Buffon e non tornano indietro.

 

Non ci sono neanche caselle dirigenziali da riempire, non fatevi ingannare, non c’è spazio per gli ex come Zanetti all’Inter, Totti alla Roma o Maldini al Milan. Non conta quanto sia illustre l’ex. La struttura è al completo e poi c’è già Pavel Nedved, amico di vecchia data di Andrea Agnelli, nel ruolo di consigliere del presidente. “Aspettiamo Gigi”; “Qui c’è sempre posto per lui”, sono frasi di circostanza. Al massimo potrà fare la “legend” nell’apposita tribuna o l’ospite a Juventus Channel (ora in streaming). L’addio, ben gestito quanto si vuole, è un addio. Ma Gigi Buffon non ha intenzione di fermarsi. E’ arrivata la proposta del Psg. Perfetta. Non vuole andare a raschiare il fondo della carriera negli Stati Uniti o in Australia. O protagonista o pensionato.

 

Per cui studia il francese e si tuffa nella sua nuova vita. A Parigi per ora vive in hotel, ma cerca casa tra l’VIII e il XVI arrondissement, zona ovest della città, in modo di essere comodo per il Camp de Loges a Saint-Germain-en-Laye, dove si allena il Psg, e per il Parco dei Principi. L’impatto con i nuovi compagni e con il club è stato come si aspettava. Nessun problema, anche perché Gigi, ora Gigì, è sempre stato una presenza aggregante. Le poche volte che ha sbottato, recentemente durante la grande crisi di inizio stagione nel 2015-2016 o dopo il Mondiale brasiliano o, più in là, durante la gestione Ranieri alla Juve quando abbandonò lo spogliatoio stanco per la fronda contro il tecnico, lo ha fatto per ricompattare il gruppo. Gigi ha commesso molti errori, ma li ha ammessi tutti e li ha scontati. Tra i suoi peccati non c’è l’ipocrisia. Quando il tecnico del Psg, Thomas Tuchel, sostiene che non c’è nessun titolare per diritto divino, Gigì concorda: “In 23 anni di carriera non ho mai chiesto o preteso di essere il numero uno d’ufficio, ma solo per merito. Continuo a giocare perché amo le sfide e questa era l'unica a intrigarmi. Volevo restare ad altissimo livello. Non c’era niente di meglio del Psg dopo 40 anni in Italia. Cambiare può solo farmi migliorare come persona, umanamente e professionalmente”.

 

A luglio, a ingaggio avvenuto (un anno a 4 milioni con opzione per il secondo), Ilaria D’Amico ha raccontato che per Gigi “la Champions non è un’ossessione”. Parentesi: salterà le prime tre partite per la squalifica dopo l’attacco all’arbitro Oliver a Madrid. La sua compagna ha aggiunto: “Aveva ancora forti stimoli e visto che alla Juventus non era più possibile stare, la proposta di Parigi era su misura per lui. È felice ed entusiasta come un bambino. Parigi è fantastica: scoprirla giorno dopo giorno abitandoci è qualcosa di meraviglioso”.

 

In realtà traslocherà solo lui. Gigi Buffon e Ilaria D’Amico si muoveranno a turno sulla tratta Milano-Parigi e viceversa. Le due famiglie di Buffon - ci sono anche Louis Thomas e David Lee i figli del primo matrimonio - resteranno in Italia. Parigi per Gigì ha rappresentato anche una riappropriazione della dimensione privata. Le prime uscite a pranzo o a cena, le prime passeggiate anche sugli affollati Champs-Élysées non sono state impedite da nugoli di fan. Le bellezze della città sono talmente tante che un calciatore famoso può serenamente passare in secondo piano. Sia Gigi che il suo entourage sanno, però, che Parigi non vale un fallimento. O numero 1 o anche la Ville Lumiere diventerà buia. Gigì pensa al presente ma anche a un futuro oltre il calcio con la collaborazione con Qatar Sports Investments per i Mondiali del 2022. Nel frattempo è in costruzione l’app Gianluigi Buffon #1: una volta alla settimana Gigì commenterà la Ligue 1, due volte al mese la serie A, inoltre racconterà se stesso nella rubrica “La mia vita a Parigi”. Gigi Buffon è sempre stato molte socievole, ora sarà anche molto social. Ma queste sono note a margine. Al centro della sua vita c’è ancora una porta. A sfidare gli avversari, ma soprattutto se stesso.

 


 

Roberto Perrone, giornalista e scrittore, ha seguito per quasi trent’anni tutti i più importanti avvenimenti sportivi per il Corriere della sera. Ora li segue ancora da freelance.

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