Tutti pazzi per il cricket, pure la Bce in versione spiritosa (e gli inglesi felici)

Giuseppe De Filippi

La vittoria ai Mondiali dell'Inghilterra contro la Nuova Zelanda, in una finale durata un giorno

Alle 17 e 45 arriva il tweet di congratulazioni della Bce al comitato del cricket inglese e gallese per la vittoria nella coppa del mondo. C’è un simpatico (anche se comporta il salto del Galles) gioco di parole perché l’augurio va da una Ecb (European central bank) a un altro Ecb (English cricket board). L’umorismo di una banca centrale raramente o meglio mai può andare oltre piccole spiritosaggini come questa, anche perché ci si rivolgeva a un paese esterno all’euro, con un’altra banca centrale, e forse prima o poi anche esterno all’Unione europea.

 

 

Comunque capiamo, da totalmente estranei al mondo del cricket, quanto sia importante questo che è davvero uno dei campionati mondiali con un seguito più sparpagliato per il mondo che si possa. La finale era un bel caso di massima distanza terrestre possibile, contrapponendo la Nuova Zelanda allo squadrone inglese e quindi passando sopra la testa dei tifosissimi indiani, pachistani, bengalesi, australiani, le cui squadre erano state battute nelle fasi preparatorie. Il cricket, come il golf e il baseball, è uno sport che si gioca con la pallina molto dura, molto compressa, e da questa durezza viene prodotto un suono secco (succede appunto anche con golf e baseball) che ha qualcosa di esaltante. E’ una fucilata, pacifica ovviamente, prodotta dal legno contro il rivestimento in pelle del nucleo duro della pallina. E da quel suono l’attenzione viene indirizzata in un millesimo di secondo verso il punto di arrivo possibile della pallina colpita dal giocatore con quella specie di paletta, che si chiama battitore, dopo che il lanciatore della squadra avversaria ha cercato di mettere in gioco la palla nel modo più efficace possibile. Subito dopo quell’inebriante schiocco parte la corsa dei fielder, che devono cercare di recuperare la pallina prima che raggiunga alcuni obiettivi.

 

La partite della coppa del mondo, dal 1971, sono state uniformate secondo alcune regole che stabiliscono il limite di un giorno alla durata del match, lo standard si chiama proprio One Day International e riesce a contrastare il rischio di partite senza un limite di tempo (in teoria poteva succedere anche nel tennis prima dell’introduzione dei tie-break). In questa finale, che appunto è durata un giorno, il tifo mondiale si era diretto tutto sugli spavaldi neozelandesi, coraggiosi sfidanti della squadra più accreditata del torneo e protagonisti di una salita verso la finale che ha avuto tratti epici. Si è giocato a Londra al Lord’s, lo stadio (forse) più antico del cricket e per chi arrivava da “down under”, come gli inglesi indicano l’altra parte del mondo, comprendendo Australia e Nuova Zelanda, il sogno di una vittoria in casa inglese era ancora più allettante.

  

Down under vale anche per gli orologi, e le cronache locali della Nuova Zelanda raccontano di un popolo che ieri è andato al lavoro con le occhiaie e le facce lunghe degli sconfitti. La partita si gioca su 50 overs, ovvero sui singoli incontri tra un gruppo di lanciatori e fielder con i quali si assegnano i punti. All’ultimo over i neozelandesi sembravano vicini a una possibile vittoria, ma proprio un giocatore inglese nato in Nuova Zelanda, Ben Stokes, è riuscito prima a trascinare la sua squadra verso un pareggio delle rispettive condizioni di punteggio e poi, nel suo ruolo di battitore, ha realizzato un’altra serie da 6 palle vincenti.

 

  

Un finale tra polemiche, perché proprio questa sfilza di punti avrebbe contraddetto alcuni principi del gioco tanto che un ex grande giocatore neozelandese, un all-rounder (cioè capace di giocare bene in più ruoli), ha twittato accusando l’organo mondiale che governa il cricket. Il tweet gentile, di congratulazioni, della Banca centrale europea sarebbe arrivato dopo, a rimettere le cose a posto quanto a sportività.

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